Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6618 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. I, 18/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – rel. Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29318/2007 proposto da:

V.B. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso l’avvocato TRALICCI Gina, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

31/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/01/2010 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – V.B., con ricorso alla corte d’appello di Perugia, ha proposto una domanda di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo.

La Corte d’appello ha rigettato la domanda.

Ha accertato che il giudizio presupposto, iniziato con il deposito del ricorso il 9.5.1997, si era concluso con il deposito della sentenza di cassazione, il 22.12.2005 e che perciò era durato circa 8 anni e 6 mesi.

Ha considerato che, nel suo complesso, durata ragionevole ne sarebbe stata quella di 6 anni e 6 mesi, 3 anni per il primo grado, 2 anni per il secondo ed 1 anno e 6 mesi per il terzo, essendo state trattate questioni giuridiche di non lieve difficoltà; che la durata residua di 2 anni era da considerare assorbita dal tempo frapposto dalla parte per attivare i gradi di impugnazione.

Ha condannato la parte alla metà delle spese del giudizio, liquidata in Euro 250,00.

2. – V.B. ha chiesto la cassazione del decreto.

Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene due motivi.

2. – La cassazione del decreto, col primo motivo, è chiesta per i vizio di violazione di norme di diritto e di difetto di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 6, n. 1, della CEDU).

Il motivo è concluso dal seguente quesito: – “..se il giudice nazionale, succintamente motivando, possa liberamente discostarsi dal termine ragionevole di durata di un procedimento civile indicato dalla consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, ponendosi altresì in contrasto con proprie precedenti decisioni già passate in giudicato adottate in casi del tutto analoghi ed implicanti le medesime valutazioni di diritto.

Il motivo deve essere considerato inammissibile.

Il quesito che lo conclude contrappone alla valutazione della complessità della causa, formulata dal giudice di merito, la propria valutazione d’essere stata succinta, ma non indica nè in che cosa è consistita nè perchè, anche se in ipotesi succinta, sia poi consistita in un ragionamento o in sè affatto inidoneo a sorreggere la valutazione o tale per non corrispondere il giudizio al caso concreto.

D’altro canto, lo scostamento dal parametro ordinario non è in sè viziato da violazione di legge ed autorizzato, se specifiche circostanze, quali quella, indicata dai giudici di merito, d’essersi nel giudizio presupposto affrontare questioni di diritto di non lieve entità.

3. – Il secondo motivo è rivolto a censurare il capo della condanna alle spese, denunzia un vizio di violazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione alla CEDU) ed è concluso con un quesito nel quale si pone appunto la questione se la soccombenza nel giudizio di equa riparazione consenta la condanna alle spese della parte attrice.

Il motivo non è fondato alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte Cass. 15 luglio 2009 n. 16452; 18 giugno 2007 n. 14053).

4. – Il ricorso è rigettato.

5. – Ritiene la Corte che la esigua importanza economica della controversia, che non attinge nel suo complesso il migliaio di Euro, in una materia quale quella dell’equa riparazione, giustifichi che la parte ricorrente resti esonerata dal carico delle spese processuali di questo grado.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

 

 

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