Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6618 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 15889 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

N.L., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Laura Castaldi

e Nicola L. de Renzis Sonnino per procura speciale a margine del

ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, viale Mazzini, n. 11,

presso lo studio dell’Avv. Livia Salvini;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, n. 310/1/12, depositata in data 17 dicembre

2012;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dell’11 dicembre

2020 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a N.L., titolare di una impresa agricola, esercente sia l’attività di coltivazioni agricole sia l’attività di agriturismo, due avvisi di accertamento con i quali, relativamente agi anni di imposta 2004 e 2005 aveva contestato, ai fini Iva e Irap, la non deducibilità dei costi di gestione dell’attività agrituristica e la non detraibilità e deducibilità dei costi di ristrutturazione di un fabbricato, inclusa anche la realizzazione di una piscina, da destinare all’attività di agriturismo, ed irrogato le conseguenti sanzioni, in quanto si trattava di opere che, per loro stessa natura, potevano essere utilizzate unicamente ai fini dell’esercizio dell’attività agrituristica, sicchè i suddetti costi dovevano essere imputati, per inerenza, all’attività di agriturismo, tenuto conto del fatto che il contribuente aveva optato per il regime forfettario dell’attività di agriturismo; avverso i suddetti atti impositivi il contribuente aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale; avverso la sentenza del giudice di primo grado il contribuente aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello del contribuente, in particolare ha ritenuto che i costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi destinati allo svolgimento dell’attività di agriturismo non potevano essere imputati all’attività agricola in base al principio di inerenza, sicchè non poteva essere detratta l’Iva e dedotti i costi ai fini Irap;

il contribuente ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi di censura, illustrato con successiva memoria;

l’Agenzia delle entrate ha depositato un atto denominato “di costituzione” con il quale ha dichiarato di costituirsi al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 730 del 1985, art. 2, comma 2, della L. n. 413 del 1991, art. 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1 e 2, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 4 e 5, per avere ritenuto che le spese di ristrutturazione dell’immobile non potevano essere imputate all’impresa agricola, posto che, invece, lo stesso faceva parte dell’azienda agricola e quindi, anche se destinato all’attività di agriturismo, conservava in ogni caso il requisito della ruralità e strumentalità all’azienda agricola medesima, con conseguente detraibilità ai fini Iva e deducibilità ai fini Irap;

il motivo è infondato;

la questione di fondo della presente controversia attiene alla detraibilità ai fini Iva delle spese di ristrutturazione di un immobile nella titolarità di una impresa agricola e destinato allo svolgimento di un’attività agrituristica, tenuto conto del fatto che, peraltro, secondo quanto si evince dallo stesso ricorso, il ricorrente ha adottato, per quanto riguarda l’attività agricola, il regime fiscale ordinario, mentre, per lo svolgimento dell’attività agrituristica ha adottato il regime forfettario di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34-bis e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56-bis, tenendo, pertanto, una contabilità separata per le due attività svolte nell’ambito della medesima impresa;

va quindi osservato che questa Corte (Cass. civ., 3 giugno 2015, n. 11395; Cass. civ., 28 ottobre 2015, n. 21965) ha precisato che non hanno incidenza sulla questione della inerenza delle spese di ristrutturazione di immobili destinati all’attività di agriturismo, quindi sul regime di detraibilità da applicare, le disposizioni, più volte citate dall’attuale ricorrente, di cui alla L. n. 730 del 1985, art. 2, comma 2, (poi abrogato e sostituito dalla L. 20 febbraio 2006, n. 96), che si limita a prevedere che l’utilizzo di edifici per lo svolgimento di attività agrituristiche non distrae i fondi, sui quali essi insistono, dalla destinazione agricola, e la L. n. 33 del 1994, art. 9, comma 3-bis, che attribuisce carattere rurale agli edifici destinati all’agriturismo ai fini catastali, essendo la stessa norma rubricata “istituzione del catasto dei fabbricati”;

in realtà, il fatto che l’immobile conservi, ai fini catastali, la destinazione rurale, ed è compreso nella generale attività agricola, non deve spostare l’attenzione sul fatto che la questione in esame deve essere compiutamente definita alla luce della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 36, laddove si dispone, ai fini del regime Iva da applicare, che i soggetti che esercitino più attività nell’ambito della stessa impresa possano optare per l’applicazione separata dell’imposta, con conseguente fruizione del regime speciale per una o più attività e di quello ordinario per le restanti (Cass. civ., n. 17917/2014; Cass. civ., n. 8944/2003), con l’effetto che, ove sia stato esercitato il diritto di opzione, occorre procedere ad una considerazione differenziata tra le attività agrituristiche e quelle agricole, riconoscendo la detrazione dell’Iva solo per le spese riconducibili all’attività agrituristica purchè non si sia esercitata l’opzione per il regime forfettario, come è invece avvenuto, pacificamente, nel caso di specie;

in questo contesto, in particolare, si è precisato che il complesso normativo di riferimento relativo all’esercizio dell’attività agrituristica evidenzia chiaramente l’intenzione del legislatore di considerare in modo unitario l’attività agrituristica in quanto attività connessa allo svolgimento di quelle agricole in senso stretto, la quale include tipicamente l’attività di organizzazione ed esecuzione del servizio di ospitalità ed alloggio, che non può essere fornito se non attraverso la realizzazione e messa a disposizione di immobili costruiti sul fondo ed adibiti ad uso abitativo, in funzione del temporaneo soggiorno dei clienti, sicchè anche le spese sostenute per la ristrutturazione e manutenzione di tali immobili, la cui funzione tipica, riconosciuta dalla legge, è “strumentale” all’esercizio della attività agrituristica (a sua volta connessa a quella agricola), sono da ricondursi nell’ambito del regime Iva prescelto dal contribuente per tale specifica attività, godendo dell’ordinario regime di detrazione Iva solo laddove la relativa opzione sia stata regolarmente esercitata;

in altri termini, in questo contesto, il criterio guida resta il principio dell’inerenza dei costi con l’attività di impresa, quale disegnata dall’ampia discrezionalità di cui gode l’imprenditore, sicchè la libera scelta dell’imprenditore di gestire due attività sugli stessi beni (fondo, corpi di fabbrica) organizzandoli in due aziende diverse, con diversa contabilità e diverso regime di deduzione dell’Iva passiva assolta, secondo quanto prevede il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 36, impedisce ogni automatica sovrapposizione e richiede l’analisi dell’inerenza dei costi tenendo in considerazione specifica la diretta strumentalità delle spese sostenute ai fini dello svolgimento dell’attività agrituristica per la quale lo stesso contribuente ha inteso applicare un separato regime di applicazione dell’Iva (Cass. civ., 29 febbraio 2019, n. 5954);

pertanto, correttamente la sentenza censurata ha ritenuto che i costi per l’acquisto di beni e servizi destinati allo svolgimento dell’attività di agriturismo sono strumentali a questa attività, sicchè non sussiste il lamentato vizio di motivazione;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112, c.p.c., per non avere pronunciato sul motivo di appello con cui parte ricorrente aveva prospettato la questione della non applicabilità nei propri confronti delle sanzioni, stante la sussistenza di condizioni di non colpevolezza e, comunque, di non punibilità, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6;

il motivo è fondato;

si evince dal ricorso che parte ricorrente aveva contestato la legittimità della pretesa anche relativamente alla sanzione applicata, sotto il profilo della ricorrenza, nel caso di specie, della condizione di non colpevolezza e di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, sia con il ricorso introduttivo che in appello; sul punto, il giudice del gravame ha omesso ogni valutazione e decisione, incorrendo, in tal modo, nella violazione dell’art. 112 c.p.c.;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, per avere ritenuto implicitamente di rigettare il motivo di appello con il quale parte ricorrente aveva chiesto di accertare la ricorrenza, nel caso di specie, della sussistenza delle condizioni di non colpevolezza ovvero di non punibilità;

l’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del presente motivo;

in conclusione, è fondato il secondo motivo, infondato il primo e assorbito il terzo, con conseguente cassazione della sentenza censurata per il motivo accolto e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il secondo motivo, infondato il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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