Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6617 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovan – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2487-2014 proposto da:

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATTINA

10, presso lo studio dell’avvocato ANGELO DAVID D’AMBROGIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO VERNILE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 184/2013 della COMM. TRIB. REG. LAZIO,

depositata il 28/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. il signor R.R. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 184/38/13, depositata il 28 maggio 2013, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio, rigettando gli originari ricorsi del contribuente avverso due avvisi di accertamento e una cartella di pagamento, relativi all’IVA per gli anni 2002 e 2003;

2. il ricorso è affidato a tre motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 25 (recte, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, come modificato dalla L. 18 febbraio 1999, n. 28, art. 25, comma 1);

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, in relazione al medesimo aspetto, sia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15, sia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia;

3. con il terzo motivo, proposto in via subordinata, parte ricorrente, premesso che gli avvisi di accertamento erano stati emessi nei confronti della società Pizza on the road s.n.c. di Z.F., deduce la nullità dell’intero procedimento perchè svoltosi con la sua sola partecipazione, in qualità di socio, senza la presenza della società, litisconsorte necessario;

4. in via logicamente preliminare, va affrontato il terzo motivo, che è tuttavia infondato;

5. nel caso di specie, non si versa nell’ipotesi di necessario contraddittorio tra società di persone e soci, nel senso illustrato dalla giurisprudenza di legittimità richiamata dal ricorrente;

6. tale giurisprudenza si è infatti formata nella diversa fattispecie in cui l’accertamento, indirizzato al socio e da questi autonomamente impugnato, costituisce la conseguenza dell’accertamento rivolto alla società, siccome frutto della automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi (a partire da Cass. Sez. U 04/06/2008, n. 14815; v. anche di recente, per la legittimità costituzionale di tale sistema, Corte Cost. 17 settembre 2020, n. 201);

7. in tale fattispecie, l’analisi della posizione del socio non può prescindere da quella della società, dal cui reddito deriva, per imputazione, il reddito dei soci, con la conseguenza che al giudizio avviato dai soci contro un atto diretto nei loro confronti deve necessariamente partecipare anche la società, indipendentemente dal fatto che a quest’ultima sia stato notificato l’avviso (come precisato da Cass. Sez. U 04/06/2008, n. 14815, il litisconsorzio processuale è necessario anche nei confronti di chi, tra i litisconsorti, sia stato destinatario della notifica e abbia tuttavia scelto di non impugnare l’atto);

8. nel caso oggi sottoposto al Collegio, invece, gli avvisi di accertamento e la conseguente cartella sono finalizzati al recupero dell’IVA;

9. rispetto a tale fattispecie, la legittimazione del socio promana – con le precisazioni sulle quali ci si soffermerà tra breve – non già dal fenomeno che dà luogo alla menzionata tassazione “per trasparenza”, ma dall’art. 2291 c.c., che stabilisce la responsabilità solidale e illimitata dei soci delle società di persone per i debiti sociali (Cass. 08/11/2013, n. 25316, Cass. 11/05/2016, n. 9527, Cass. 14/03/2018, n. 6303);

10. in ambito Iva è, pertanto, certamente ipotizzabile un giudizio che si svolga nei soli confronti del socio, la cui posizione è autonoma da quella della società e non dà luogo, al pari delle altre ipotesi di solidarietà, a litisconsorzio necessario (Cass. 23/05/2001, n. 7020: “la solidarietà tributaria non determina, sul piano della tutela giurisdizionale, un litisconsorzio necessario tra i condebitori, essendo ciascuno di essi separatamente soggetto ai poteri di accertamento e di riscossione dell’amministrazione finanziaria, salva la possibilità di riunione dei procedimenti o, in difetto, l’estensione al coobbligato del giudicato più favorevole formatosi nei confronti dell’altro, ai sensi dell’art. 1306 c.c.”; più di recente Cass. 16/11/2011 n. 24063, Cass. 11/05/2016, n. 9527);

11. disatteso il terzo motivo, può ora riprendersi l’esame dei restanti motivi nell’ordine della loro esposizione;

12. il primo motivo è infondato;

13. la vicenda oggetto di causa può essere così sintetizzata;

14. nel 2005, la società Pizza on the road s.n.c. di Z.F. ha presentato un’istanza di rimborso dell’IVA, sul presupposto di aver maturato nell’anno d’imposta 2002 il diritto a una detrazione d’imposta;

15. a seguito di tale istanza, in considerazione della mancata presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2004, l’Amministrazione ha proceduto a una verifica, nel corso della quale è emerso che la società, rispetto alle operazioni commerciali dell’anno 2002 dalle quali era derivato il credito IVA portato in detrazione, era in grado di produrre le fatture di acquisto e vendita, ma non i registri obbligatori sui quali tali fatture avrebbero dovuto essere annotate;

16. trovandosi nell’impossibilità di verificare la sussistenza del diritto alla detrazione, l’Amministrazione ha emesso due avvisi di accertamento: l’uno, per l’anno 2002, con cui ha disconosciuto il diritto alla detrazione, ha rettificato la dichiarazione IVA e ha sanzionato la società per la mancata tenuta dei registri obbligatori; l’altro, per il 2003, con cui ha rettificato la dichiarazione IVA e ha sanzionato la società per la mancata tenuta dei registri obbligatori, dopo aver sottratto dal credito richiesto in quell’anno quello riportato dall’anno precedente e valutato come inesistente;

17. a valle di tali due avvisi, è stata poi emessa una cartella di pagamento;

18. il ricorrente non nega che, in sede di verifica, la società non avesse esibito i registri delle fatture, ma sostiene che ciò fosse dipeso da causa non imputabile alla contribuente e che, comunque, la documentazione contabile fosse stata depositata successivamente, in sede amministrativa;

19. tanto dovrebbe bastare, secondo la sua impostazione, a integrare la fattispecie di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 4 e 5, in forza della quale la mancata esibizione dei registri – che, ai sensi del comma 4, impedisce di prenderne in considerazione il contenuto a favore del contribuente – può essere superata dal deposito successivo degli stessi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa, purchè il contribuente accompagni tale deposito con la contestuale dichiarazione “di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”;

20. la tesi non può essere condivisa;

21. è vero che la giurisprudenza di questa S.C. ha talvolta affermato che i registri e gli altri documenti indicati dall’art. 32, comma 4, possono essere utilizzati a favore del contribuente anche se sottoposti tardivamente all’attenzione dell’Amministrazione, ad es. quando il ritardo nella risposta alle richieste dell’Ufficio sia irrilevante (Cass. 06/10/2011, n. 20461);

22. qualora tuttavia l’Amministrazione neghi o contesti tale pur tardiva produzione (v. l’affermazione contenuta a pag. 13 del controricorso, secondo cui il registro esibito in data successiva dalla società “non è ammissibile perchè non fornisce sufficienti garanzie”), l’unico modo per il contribuente di rendere inoperanti le cause di

inutilizzabilità è quello descritto nell’art. 32, attuale comma 5 e consiste nella produzione in giudizio della documentazione prima non esibita, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi indicate (Cass. 31/01/2019, n. 2850);

23. solo l’autorità giudiziaria può infatti vagliare la regolarità dei documenti e delle sue modalità di produzione, nonchè la sussistenza e la congruità della dichiarazione allegata “di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”;

24. nella specie, la CTR ha negato che i registri siano stati mai esibiti al giudice (v. pag. 5, secondo cpv., della sentenza impugnata) e l’odierno ricorrente non ha confutato tale affermazione, ritenendo sufficiente la produzione in sede amministrativa;

25. non può pertanto affermarsi che la CTR abbia violato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (erroneamente indicato in ricorso come art. 25, che è in realtà la L. n. 28 del 1999, art. 25, che ha modificato l’art. 32 nella parte che qui rileva), essendosi limitata a riscontrare l’operatività delle cause di inutilizzabilità dei registri sulla base del mancato assolvimento degli oneri previsti dallo stesso art. 32;

26. il secondo motivo, che in realtà si articola in due distinte doglianze attinenti al medesimo oggetto, è infondato sotto il primo profilo, inammissibile sotto il secondo;

27. con riferimento alla dedotta violazione di norme di diritto, la questione che viene in rilievo è se sia legittima l’iscrizione a ruolo per intero e a titolo definitivo dell’importo dovuto e risultante dall’avviso di accertamento notificato nei confrontì della società, in presenza di un’impugnazione da parte del socio, o se ciò costituisca una violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15, che prevede, in caso di accertamenti non definitivi, la possibilità di iscrizione a ruolo solo in via provvisoria, e per un terzo dell’importo indicato nell’avviso;

28. la risoluzione della questione rende necessario ricostruire brevemente i passaggi fondamentali dell’accertamento nei confronti dei soci delle società di persone per i debiti IVA;

29. ai sensi dell’art. 2291 c.c., i soci delle società di persone rispondono solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali, tra cui rientra il debito IVA;

30. si tratta di una solidarietà sia tra i soci sia dei soci rispetto alla società; mentre tuttavia la solidarietà tra i soci è piena e paritaria, quella tra i soci e la società ha carattere sussidiario, nel senso che i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale (art. 2304 c.c.);

31. sul piano tributario, in coerenza con l’assetto civilistico appena descritto, la natura sociale del credito dell’Amministrazione finanziaria esclude che il socio, benchè coobbligato in via solidale con la società, rivesta la qualità di contribuente e che nei suoi confronti debba essere notificato l’avviso di accertamento;

32. come si desume chiaramente dal combinato operare del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, l’avviso di accertamento è notificato al solo contribuente (e non agli altri eventuali coobbligati), mentre nei confronti dei coobbligati può procedersi alla notifica della cartella, senza previa notifica di alcun altro atto e senza necessità di iscrizione a ruolo a loro carico;

33. questo implica che, ferma restando la possibilità per il coobbligato di impugnare gli atti esecutivi successivi all’iscrizione a ruolo, tra cui in primo luogo la cartella di pagamento a lui notificata o il soppresso avviso di mora (Cass. 05/12/2014, n. 25765), l’avviso di accertamento notificato alla società che quest’ultima non abbia impugnato diventa definitivo e giustifica non solo l’iscrizione a ruolo del credito per l’intero importo nei confronti della società, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 14, ma anche la notifica di una cartella di pagamento dello stesso importo iscritto a ruolo (per l’intero) nei confronti tanto del debitore iscritto a ruolo quanto del coobbligato;

34. in altri termini, il coobbligato, pur avendo la possibilità di impugnare la cartella e di far valere in quella sede tutte le proprie ragioni inerenti al merito dell’atto impositivo, non ha potere di incidere sull’iscrizione a ruolo nei confronti della società, che è il debitore-contribuente;

35. deve dirsi pertanto corretta la conclusione cui è giunta la CTR, la quale ha osservato a pag. 5 della motivazione: “gli avvisi di accertamento sono divenuti definitivi nei confronti della società e l’impugnativa da parte del socio può sortire effetti unicamente nei suoi confronti”;

36. quanto al secondo profilo del secondo motivo, con esso si censura la sentenza impugnata per omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione,

37. in realtà, la motivazione della CTR, benchè sintetica, tocca i punti essenziali della controversia e illustra le ragioni della decisione adottata, non potendosi dunque considerare una motivazione assente o apparente; quanto poi alla sua insufficienza o contraddittorietà, è agevole rilevare che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 28 maggio 2013, quando era dunque già applicabile (D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ex art. 54, comma 3, conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e il semplice vizio logico della motivazione non era più invocabile (sulla applicabilità del nuovo art. 360, comma 1, n. 5, al processo tributario, v. Cass., Sez. un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054);

38. il ricorso va in definitiva rigettato;

39. le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, ex art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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