Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6611 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. I, 01/03/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 01/03/2022), n.6611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36727/2018 proposto da:

I.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Cosimo Castrignano, giusta procura speciale allegata

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 30/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/2021 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Napoli, con decreto del 30/10/2018, ha respinto il ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, proposto dal cittadino nigeriano I.S., nato a (OMISSIS), avverso il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato nonché del diritto ad ottenere la protezione sussidiaria o quella umanitaria.

Il richiedente aveva dichiarato: di essere cristiano; di aver perso i genitori a causa di un’esplosione in una chiesa avvenuta nel (OMISSIS); di essersi trasferito a (OMISSIS) presso uno zio; di essere stato avvicinato da un gruppo di ragazzi che volevano reclutarlo nella mafia nigeriana e che lo avevano accoltellato a seguito del suo rifiuto; di essere stato poi rapito da tre uomini armati e di essere riuscito a scappare in un momento di loro distrazione; di essere andato a lavorare in (OMISSIS) presso un benefattore di religione islamica che gli aveva pagato il viaggio ma che, avendolo sorpreso a pregare, lo aveva costretto ad andarsene; di essere approdato in Italia il 28/08/2016.

1.1. Il tribunale, sentito il ricorrente, ha ritenuto che il suo racconto fosse del tutto inattendibile e che comunque i rischi paventati potrebbero sussistere solo a (OMISSIS), dove egli ha vissuto per pochi anni col padre, mentre la madre (in realtà non deceduta ma solo ferita nell’esplosione), il fratello e la sorella vivono ancora a (OMISSIS); ha quindi escluso che la Nigeria versi in una situazione di violenza indiscriminata D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. c), sulla base di C.O.I. qualificate e aggiornate al 2017; ha infine rigettato la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari per la mancata allegazione di profili di vulnerabilità del richiedente e di un suo percorso di integrazione in Italia.

2. I.S. ha impugnato il predetto decreto con tre motivi di ricorso per cassazione; il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale, senza svolgere difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2.1. Con il primo motivo – rubricato “mancata assunzione mezzi di prova; violazione D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 10, lett. c), in relazione all’art. 24 Cost., comma 2” – si lamenta, sostanzialmente, che “le incongruenze dell’audizione avrebbero meritato un approfondimento” e che l’attentato del (OMISSIS) nella chiesa avrebbe potuto accertarsi tramite una richiesta di informativa al Dipartimento degli Affari esteri o alla competente Ambasciata in Italia.

2.2. Il secondo mezzo – rubricato “violazione dell’art. 50 bis c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 738 c.p.c.; mancata composizione collegiale udienza istruttoria” – ci si duole che l’udienza istruttoria sia stata tenuta in forma monocratica, mentre “il giudice relatore nominato nel rito camerale ai sensi dell’art. 738 c.p.c., ha la funzione di acquisire le informazioni sullo stato del procedimento per riferire al collegio”, non già di disporre l’assunzione delle prove con “espropriazione dei poteri del collegio”.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 7, anche in relazione alla violazione del diritto di difesa; difetto di motivazione”, perché il tribunale avrebbe dovuto “citare le fonti consultate e l’anno di riferimento, anche al fine di verificare l’attendibilità delle stesse”.

3. Preliminarmente si rileva la mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3), requisito essenziale poiché l’illustrazione dei fatti sostanziali e processuali della vicenda è funzionale alla comprensione dei motivi e alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 10072/2018, 7025/2020, 28780/2020).

3.1. Al riguardo le sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che la mancanza di tale requisito “non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione” (Cass. Sez. U., 11308/2014).

3.2. In ogni caso, anche volendo attingere complessivamente agli atti di causa per colmare la carenza espositiva del ricorso, nel rispetto dei principi generali da ultimo formulati dalla Corte Edu 28 ottobre 2021, Succi ed altri c. Italia (che ha riconosciuto la legittimità in astratto del requisito dell’autosufficienza del ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, pur ravvisando in concreto, per uno dei ricorsi riuniti, la violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU sotto il profilo della lesione del diritto di accesso al giudizio di legittimità), i singoli motivi in cui l’atto si articola non superano il vaglio di ammissibilità.

3.3. In particolare, il primo veicola una censura generica, in quanto l’audizione in sede giudiziale c’e’ stata e gli elementi di fatto valutati dal tribunale risultano molteplici, mentre la doglianza si concentra solo sulla circostanza della “morte dei genitori (rimasti vittima di un attentato in una chiesa)”, la quale peraltro è stata scrutinata, insieme a tutte le altre dichiarazioni di I., sotto il profilo della non credibilità – ampiamente motivata a pag. 5 e 6 del decreto impugnato – laddove il tribunale ha concluso che il ricorrente “a domanda di chiarimenti del giudice ha risposto che in realtà sua madre rimaneva ferita e restava ricoverata in ospedale a (OMISSIS)”.

3.2. Il secondo difetta di specificità, stante la mancata allegazione dei verbali del procedimento, e comunque non lascia comprendere in cosa sia consistita, in concreto, la violazione processuale denunciata.

3.3. Il terzo infine è per un verso infondato, poiché in realtà il Tribunale ha menzionato espressamente le C.O.I. consultate (rapporto EASO del giugno 2017), per altro verso generico, sia nel suo collegamento al motivo precedente, sia con riguardo alla non meglio indicata “documentazione depositata dal ricorrente sulla situazione della Nigeria” che evidenzierebbe “un grado di violenza indiscriminata”.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, senza necessità di statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.

5. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U., 23535/2019; Cass. Sez. U., 4315/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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