Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6608 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 15/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16146/2014 R.G. proposto da:

C.A. e A.C., rappresentati e difesi dall’Avv.

Sergio De Fusco, con domicilio eletto in Roma, piazza Sallustio, n.

24, presso lo studio dell’Avv. Maria Panetta;

– ricorrenti –

contro

EQUITALIA SUD SPA, (già Equitalia Polis spa);

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 349/29/13, depositata il 4 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 febbraio 2022

dal Consigliere Maria Elena Mele;

lette le conclusioni scritte depositate dal Pubblico Ministero, in

persona del Sostituto Procuratore generale Salzano Francesco, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.A., C.L. e A.C. impugnavano avanti alla Commissione tributaria provinciale di Napoli il preavviso di fermo amministrativo emesso nei loro confronti da Equitalia Polis spa in seguito al mancato pagamento del credito recato dalle cartelle di pagamento indicate nell’atto di cui i contribuenti deducevano la mancata notifica.

La CTP dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice tributario con riguardo a talune cartelle e accoglieva il ricorso in relazione alle restanti, ritenendo tardiva la produzione documentale con cui l’agente della riscossione intendeva provare l’avvenuta tempestiva notificazione delle cartelle prodromiche.

Equitalia Polis proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Campania mentre la A. svolgeva appello incidentale relativamente al capo della sentenza di primo grado che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario senza indicare il giudice munito di giurisdizione e per avere erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione alle cartelle di pagamento concernenti il canone RAI.

La CTR rigettava il gravame proposto dall’agente della riscossione e accoglieva l’appello incidentale limitatamente alla declinatoria della giurisdizione relativa alle cartelle recanti il credito per il canone RAI. In ordine alla censura concernente la mancata indicazione del giudice munito di giurisdizione, la Commissione regionale rigettava l’appello ritenendo che la tale mancanza non fosse sanzionata dalla L. m. 69 del 2009, art. 59.

Avverso tale pronuncia C.A. e A.C. hanno interposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di censura e depositando due memorie.

Equitalia Sud spa (già Equitalia Polis spa) è rimasta intimata.

Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del principio di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 59, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 3, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientate di tale disposizione alla luce della sentenza n. 77 del 2007 della Corte Cost.. La CTR avrebbe omesso di censurare la sentenza della CTP che, pur disconoscendo la giurisdizione del giudice tributario in ordine alle cartelle di pagamento poste a base del fermo amministrativo, non aveva indicato il giudice fornito di giurisdizione e neppure lo avrebbe indicato lo stesso giudice d’appello. L’obbligo di tale indicazione sarebbe imposto dalla L. n. 69 del 2009, art. 59, applicabile al presente procedimento, ovvero, nell’ipotesi in cui tale disposizione non si applicasse, dalla della sentenza della Corte costituzionale.

Con il secondo motivo entrambi i contribuenti denunciano la violazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo i ricorrenti l’art. 92 c.p.c. sarebbe applicabile al processo tributario in forza del richiamo operato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, nel processo di primo grado e, in forza dello stesso decreto, art. 61, anche al giudizio d’appello.

La sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 92 c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio instaurato nel 2008, la quale imponeva che la decisione di compensare le spese del giudizio in caso di soccombenza reciproca o di a motivi dovesse essere specificamente motivata. La CTR avrebbe utilizzato formule generiche (cioè la sussistenza di giusti motivi) inidonee ad illustrare le ragioni della decisione di compensare le spese. Tale decisione sarebbe comunque incongrua rispetto all’esito globale del giudizio di merito. Infatti, all’esito del giudizio d’appello, la domanda dei contribuenti sarebbe stata accolta in relazione a sette delle dieci cartelle di pagamento su cui si fondava il provvedimento di fermo amministrativo, per due vi era stato un accoglimento parziale, limitato ai crediti tributari da esse recati, e per una era stato dichiarato il difetto di giurisdizione. Sicché essendo la domanda stata accolta per il settanta per cento, non sarebbe configurabile un’ipotesi di soccombenza.

Il primo motivo è infondato.

A seguito della sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2007, il legislatore ha emanato la L. n. 69 del 2009 la quale, all’art. 59, nel disciplinare le decisioni sulle questioni di giurisdizione ha stabilito che “Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo”.

Conseguentemente, il giudice che si ritenga privo (in tutto o in parte) di giurisdizione deve non solo dichiarare tale difetto, ma altresì indicare il giudice munito di giurisdizione.

Tale disposizione risulta applicabile alla fattispecie in esame in virtù del principio tempus regit actum, essendo tanto la sentenza di primo grado (22.02.2010), quanto quella d’appello (pronunciata il 22.2.2012 e depositata il 4.12.2013) successive alla sua entrata in vigore e non potendo trovare applicazione la disposizione transitoria dettata dalla L. n. 69 del 2009, art. 58, in quanto relativa alle sole disposizioni che modificano il codice di procedura civile e alle disposizioni per l’attuazione di tale codice.

La censurata violazione dell’art. 59 cit., è tuttavia priva di pregio. Non solo, infatti, la previsione recata dal citato articolo non è presidiata da alcuna sanzione, ma – come già affermato da questa Corte – la sua violazione “non determina la nullità della sentenza, non incidendo sul diritto di difesa e non precludendo neppure l’eventuale denuncia di conflitto (negativo) di giurisdizione” (Cass., sez. 5, n. 7680 del 16/05/2012, Rv. 622450 – 01). Infatti, l’esigenza di una tempestiva definizione delle questioni di giurisdizione – nella specie dedotta dai contribuenti – è comunque assicurata attraverso la possibilità per la parte di denunciare il conflitto reale negativo di giurisdizione anche nel caso in cui il giudice abbia declinato la giurisdizione senza indicare l’autorità giudiziaria competente, ed altresì allorché in esito a tale sentenza, il giudice adito dalle parti abbia, a sua volta, escluso la propria giurisdizione indicando come munito di competenza una terza giurisdizione (Sez. un. 5681 del 10/03/2011, Rv. 616297 – 01; v. altresì Sez. un., n. 10139 del 20/06/2012, Rv. 622830 – 01).

In definitiva, la mancata indicazione del giudice munito di giurisdizione in ordine alle cartelle per le quali la CTR ha declinato la giurisdizione tributaria non ha comportato alcuna lesione del diritto di difesa dei contribuenti tanto più che, come emerge dal ricorso introduttivo, esse avevano ad oggetto infrazioni al Codice della strada, le quali rientrano necessariamente nell’ambito della giurisdizione ordinaria.

Il secondo motivo è infondato.

Nella formulazione applicabile ratione temporis, l’art. 92 c.p.c., comma 2, per effetto delle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005, così disponeva: “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”. Tale disposizione si applica ai procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006 (Cass., sez. 6-5, n. 22793 del 09/11/2015, Rv. 637202-01).

Con specifico riguardo al processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, ai procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006 si applica l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella versione emendata dalla della L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), sicché la compensazione delle spese richiede la soccombenza reciproca, ovvero la concorrenza di “altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione”, che non possono essere desunti dal complesso della sentenza, pena la sua cassazione sul punto (Cass., sez. 6-5, n. 22793 del 09/11/2015, Rv. 637203 – 01).

Nel caso in esame, correttamente il giudice d’appello ha disposto la compensazione delle spese del giudizio ricorrendo un’ipotesi di soccombenza reciproca.

Come più volte affermato da questa Corte, “la nozione di soccombenza reciproca che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento anche meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo” (Sez. 1 -, Ordinanza n. 10113 del 24/04/2018, Rv. 648893 – 01); Sez. 3 -, Ordinanza n. 20888 del 22/08/2018 (Rv. 650435 – 01); Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013 (Rv. 627822 – 01);

Nella specie, la CTR ha, da un lato, rigettato l’appello principale svolto dalla società concessionaria, e dall’altro, ha accolto solo in parte l’appello incidentale della contribuente, limitatamente alla ritenuta sussistenza della giurisdizione tributaria in relazione alle cartelle di pagamento concernenti il canone RAI, mentre ha escluso la violazione della L. n. 69 del 2009, art. 59, sicché ricorreva senz’altro un’ipotesi di reciproca soccombenza con conseguente compensazione delle spese di lite.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio, essendo Equitalia rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Visto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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