Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6606 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 15/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al 5651/2018 proposto da:

ASCIT – Servizi Ambientali spa, in persona del legale rappresentante

p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Gianluca Baldacci, con

domicilio eletto in Roma, piazza dell’Emporio, n. 16/A, presso lo

studio del medesimo;

– ricorrente –

contro

ETRURIA STAR PRODUCTS di B.G.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 1694/2017 depositata il 7 luglio 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 febbraio 2022

dal Consigliere Maria Elena Mele;

Lette le conclusioni scritte depositata dal Pubblico Ministero, in

persona del Sostituto Procuratore generale Salzano Francesco, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Etruria Star Products di B.G. impugnava gli avvisi di accertamento emessi da ASCIT – Servizi ambientali spa incaricata per conto del Comune di Capannori della gestione dei rifiuti urbani – in relazione alla tariffa igiene ambientale (TIA) per gli anni dal 2006 al 2009.

La Commissione tributaria provinciale di Lucca accoglieva il ricorso riconoscendo alla contribuente il diritto alla riduzione proporzionale della quota variabile della TIA avendo la ditta dimostrato di provvedere autonomamente allo smaltimento dei rifiuti prodotto. La CTP dichiarava, inoltre, non dovuta l’IVA sulla TIA.

Avverso tale sentenza la ASCIT proponeva appello chiedendo l’applicazione integrale anche della quota variabile della tariffa in quanto erroneamente la CTP aveva ritenuto provato l’autosmaltimento dei rifiuti da parte della contribuente e denunciava la mancata applicazione dell’IVA.

La Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello “nei limiti di cui in motivazione”.

ASCIT ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza affidato a due motivi e assistito da memoria.

La società contribuente è rimasta intimata.

Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso con rinvio alla CTR.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia “il contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in riferimento all’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2. Ad avviso della ricorrente la pronuncia della CTR non consentirebbe di comprendere quale parte dell’appello proposto sarebbe stato accolto. Infatti, la CTP aveva accolto parzialmente l’impugnazione della contribuente riconoscendo il suo diritto alla riduzione proporzionale della sola quota variabile della TIA e ASCIT, con il primo motivo di appello, aveva chiesto la riforma di tale pronuncia mancando i presupposti di tale riduzione. La CTR ha accolto l’appello “nei limiti di cui in motivazione”, laddove l’unico passo della motivazione riferito alla questione della tariffa sembrerebbe confermare la possibilità della contribuente di ottenere la riduzione della parte variabile. Inoltre, la pronuncia gravata fa riferimento non già alla riduzione della tariffa, ma addirittura all’esclusione dalla medesima, sicché non sarebbe dato comprendere in quale parte sarebbe stato accolto l’appello. Sostiene, altresì, la ricorrente che la sentenza impugnata fonderebbe il diritto alla riduzione o all’esonero dall’imposta sulla produzione di rifiuti speciali e sul loro avvio allo smaltimento da parte del contribuente, ma senza alcun riferimento al caso concreto né alle prove dedotte, benché la questione fosse stata ampiamente discussa sia in primo che in secondo grado.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 21 e 49, del Reg. TIA del Comune di (OMISSIS), artt. 5 e 23, e degli artt. 2697 e 2712 c.c., in relazione all’art. 360 c.c., n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che la contribuente non dovrebbe essere assoggettata alla corresponsione della parte variabile della tariffa. Tale affermazione sarebbe erronea non avendo la contribuente prodotto documentazione comprovante la produzione di rifiuti speciali non assimilabili, sicché si doveva ritenere che essa produceva rifiuti assimilati per i quali, tuttavia, non aveva richiesto la riduzione della tariffa nei tempi e con le modalità previste dal D.Lgs. n. 22 del 1997, e dal regolamento comunale. Conseguentemente, gli avvisi impugnati dovevano ritenersi legittimi.

Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.

Preliminarmente si deve rilevare che gli avvisi di accertamento impugnati hanno ad oggetto la tariffa d’igiene ambientale (TIA) la quale (come affermato da Corte Cost. con sentenza n. 238 del 2009) costituisce una mera variante della TARSU di cui conserva anche la relativa qualifica di tributo (ex plurimis Cass., sez. 5, n. 5360 del 27/02/2020; Rv. 657343-01; n. 10787 del 25/05/2016, Rv. 63999001).

Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, (cd. Decreto Ronchi) pone la regola della assoggettabilità all’imposta di tutti i locali esistenti nel territorio comunale in quanto potenzialmente produttivi di rifiuti. Il comma 3, infatti, stabilisce che “la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”.

Essa è suddivisa in una quota fissa, concernente le componenti essenziali del servizio (riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti), e da una quota variabile determinata in rapporto alle quantità di rifiuti conferiti al servizio e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (comma 4).

L’art. 49, il comma 14, dispone che “sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di avere avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi”.

Da tali dati emerge il carattere “universale” della TIA: ad essa sono soggetti tutti i locali siti nel territorio dell’ente comunale impositore (Cass., sez. 5, n. 5360 del 2020 cit.), salva la riduzione della quota variabile della tariffa in relazione ai rifiuti speciali assimilati a quelli urbani, smaltiti in proprio dal contribuente.

Quanto ai rifiuti speciali non assimilati, trova applicazione il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, ritenuto applicabile anche alla TIA (Cass., sez. 5, n. 9859 del 2016) il quale dispone che “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali”. Ne consegue che le superfici interessate da attività che producono rifiuti speciali non assimilati sono escluse dal computo della complessiva superficie tassabile.

Peraltro, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di TIA, “grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista per le aree produttive di rifiuti speciali non assimilati, poiché questa regola, già vigente con riferimento alla tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, di cui la T.I.A. rappresenta una mera variante successiva, risulta specificamente desumibile per tale tributo dal regime delineato dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, il quale, dopo aver stabilito, al comma 3, una applicazione generalizzata della tariffa, fa salvo, al comma 14, il riconoscimento di un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi” (Cass., sez. 5, n. 3756 del 09/03/2012, Rv. 621909 – 01; sez. 5, n. 10787 del 25/05/2016, Rv. 639990 – 01).

Venendo al caso in esame, occorre premettere che la sentenza di prime cure aveva accolto il ricorso della società contribuente dichiarando non dovuta l’IVA sulla TIA e riconoscendo il diritto alla riduzione proporzionale della quota variabile dell’imposta in quanto la contribuente aveva dimostrato di provvedere all’auto-smaltimento dei rifiuti. ASCIT aveva impugnato tale decisione chiedendo che fosse riconosciuta l’applicazione integrale della parte variabile della tariffa, non avendo la contribuente provato lo smaltimento in proprio dei rifiuti; chiedeva altresì riconoscersi dovuta l’IVA.

La CTR, con la sentenza impugnata, ha accolto l’appello di ASCIT “nei sensi di cui in motivazione”. Nella motivazione si afferma non essere dovuta l’imposta sul valore aggiunto sulla TIA, trattandosi di un tributo. Quanto alla censura concernente la riduzione dell’imposta, si afferma dapprima, che la TIA deve essere applicata “nei confronti di chiunque occupi e conduca locali e aree scoperte ad uso privato come uffici e magazzini costituenti accessori e pertinenze ove non si svolgono lavorazioni che producono rifiuti speciali, mentre l’esclusione sia a favore di quelle superfici ove di regola si formano quei rifiuti allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere i produttori a proprie spese”. Quindi, esaminando il motivo di appello (peraltro riprodotto solo in modo parziale: “parte appellante eccepisce che la superficie sulla quale per espressa ammissione di parte privata si formano rifiuti speciali non assimilati”) il giudice del gravame afferma che è principio ormai consolidato che la TIA “attiene esclusivamente al servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati; dal che discende l’erroneità della pretesa di applicare la tariffa ai soggetti che nel loro stabilimento producono in quantità rifiuti speciali e sono tenuti ad avviarli come di fatto li avviano allo smaltimento con modalità e procedure formali rigorosamente disciplina della legge sotto comminatoria di gravi sanzioni”.

Prosegue quindi sostenendo che “Pertanto, il contribuente non può essere soggetto alla corresponsione del tributo per la parte variabile ma nel contempo deve essere assoggettato al pagamento della quota fissa della TIA D.Lgs. n. 22 del 1997, ex art. 49”.

Quindi conclude il proprio ragionamento affermando che “l’esclusione” dall’imposta va concessa “in favore di quelle più rilevanti superfici ove di regola si formano i rifiuti speciali allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere i produttori a proprie spese”.

Si tratta, come appare evidente, di affermazioni senz’altro generiche, del tutto disancorate dalla fattispecie concreta, che si risolvono in affermazioni di principio che non sono idonee alla soluzione del caso al suo esame, i cui termini non vengono né richiamati, né esaminati e neppure confrontati con le previsioni normative sopra citate.

Inoltre vi è contraddizione tra il dispositivo, con il quale viene parzialmente accolto l’appello, e il contenuto della motivazione dove si afferma che la TIA è dovuta per le superfici ove non si svolgono lavorazioni che producono rifiuti tossici o speciali, mentre per le parti ove si formano tali rifiuti è concessa l’esclusione dall’imposta, laddove l’appellante aveva censurato la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistere i presupposti della riduzione della quota variabile della tariffa. In altri termini, mentre la CTP aveva riconosciuto in favore della Etruria Star una riduzione della quota variabile della tariffa, la CTR, pur affermando di accogliere l’appello di ASCIT, sembra riconoscere in favore della contribuente addirittura l’esenzione dalla TIA e ciò fa nonostante che non vi sia alcun riferimento alla tipologia dei rifiuti in concreto prodotti.

Costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost., sussiste “quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito”. (Sez. L, n. 3819 del 14/02/2020, Rv. 656925 – 02).

Si è altresì affermato che l’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, risulta violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (Sez. 6 – 3, n. 22598 del 2018, Rv. 650880-01; Sez. un., n. 8053 del 2014, Rv. 629830-01).

Nella specie, la sentenza impugnata non solo non illustra il percorso logico giuridico seguito dalla CTR, ma risulta addirittura incomprensibile nel suo contenuto, sicché incorre nel denunciato vizio di motivazione.

In definitiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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