Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6606 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3703/2019 proposto da:

A.Z., rappresentato e difeso dall’Avv. Iacopo Casini Ropa,

in forza di procura ad litem posta in calce al ricorso per

cassazione, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente

domiciliati;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 446/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

pubblicata in data 16/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/01/2020 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.Z., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS) ((OMISSIS)), ha formulato domanda di protezione internazionale alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Firenze, Sezione distaccata di Perugia, che veniva rigettata con provvedimento notificato in data 5 maggio 2016.

2. Il richiedente ha raccontato di essere cittadino (OMISSIS), di avere abbandonato la scuola per andare a lavorare in Grecia per mantenere la famiglia, gravemente indigente a causa della disabilità del padre, e di avere poi raggiunto l’Italia.

3. Il Tribunale di Perugia, adito con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., rigettava la domanda di riconoscimento dello stato di rifugiato, la protezione internazionale sussidiaria e, in subordine, la protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex artt. 5 e 6.

4. Avverso tale provvedimento A.Z. proponeva appello con le stesse conclusioni avanzate in primo grado e la Corte di appello di Ancona, con sentenza n. 446 emessa il 16 giugno 2018, rigettava l’appello e compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio.

5. A.Z. ricorre in cassazione con tre motivi.

6. L’Amministrazione resistente ha presentato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo A.Z. lamenta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, come modificati dal decreto – L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 32 del 2018.

2. Con il secondo motivo A.Z. lamenta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 del D.Lgs. n. 25 del 1998, art. 8.

3. Con il terzo motivo A.Z. lamenta l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

3.1. Il ricorso è manifestamente fondato in relazione al secondo motivo, il cui esame si rivela assorbente.

Il ricorrente, in particolare, censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenute che dal racconto del richiedente non erano emerse ipotesi di danno grave nell’accezione prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

3.2. Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata ire situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente (Cass., 28 giugno 2018, n. 17069).

Più specificamente, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, richiamato, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28 giugno 2018, n. 17075; Cass., 12 novembre 2018, n. 28990).

Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26 aprile 2019, n. 11312).

Tanto premesso, nessun accertamento è stato posto in essere dalla Corte territoriale, secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte, suda zona di provenienza del ricorrente e, in particolare, se a stessa risultasse o meno interessata da una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Ed infatti, fermo restando il richiamo del paese del “(OMISSIS)”, piuttosto che del “(OMISSIS)”, pure significativo, i giudici di secondo grado hanno evidenziato esclusivamente che per quanto la situazione del richiedente, caratterizzata dalle condizioni di difficoltà economica della famiglia e dai problemi di salute del padre, fosse degna di comprensione sotto il profilo umano, la stessa tuttavia non aveva alcuna attinenza con e condizioni richieste per ottenere la protezione sussidiaria.

La Corte ha mancato, quindi, all’obbligo di effettuare gli accertamenti sul paese di origine del ricorrente e non ha citato alcuna fonte di informazione, aggiornata al momento della decisione, per escludere il pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed è perciò incorsa nella denunciata violazione di legge.

Tanto comporta la manifesta fondatezza del secondo motivo e il conseguente assorbiimento dei profili di censura relativi alla protezione umanitaria.

All’accoglimento del secondo motivo consegue l’assorbimento dei restanti due motivi e la cassazione della sentenza impugnata, con il rinvio della causa alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo e, assorbiti il primo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa; composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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