Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6602 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 10/03/2021), n.6602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21938/2013 R.G. proposto da:

D.P.E. rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Fabio Cramarossa (PEC fabio.cramarossa.pec.maildoc.it) e

dall’avv. Maria Grazia Mastino (PEC

mariagraziamastino.pec.studioavvocatomastino.it);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte n. 445/22/14 depositata il 20/03/2014 e non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

29/09/2020 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha in parte accolto l’appello del contribuente quanto alla detrazione dell’Iva oggetto di contestazione e nel resto confermato la sentenza della CTP che aveva ritenuto a sua volta parzialmente legittimo l’atto impugnato, avviso di accertamento per IVA, IRAP ed IRES 2007, annullando i soli recuperi relativi ad alcune movimentazioni finanziarie “in entrata” sui conti del medesimo;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione il contribuente con atto affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dall’Erario; la stessa è infondata;

– dalla lettura dell’atto di gravame, infatti, si evincono con chiarezza sia i capi della sentenza impugnata oggetto delle doglianze del ricorrente sia le ragioni in forza delle quali le stesse si ritengono meritevoli di censura e annullamento; pertanto il ricorso risulta adeguatamente specifico e conseguentemente del tutto ammissibile;

– può quindi procedersi con l’esame dei motivi;

– il primo motivo denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR non esaminato le consistenti produzioni difensive composte dalle fatture di acquisto e dalla documentazione concernente le prestazioni dedotte nelle medesime fatture e dedotto la fondatezza della pretesa di maggiori tributi in forza di un criterio di comune ragionevolezza secondo il quale un documento datato gennaio 2008 sarebbe stato realizzato nell’anno 2007;

– il motivo è inammissibile, oltre che infondato;

– invero, lo stesso in concreto chiede a questa Corte una rivalutazione del materiale probatorio, operazione non concessa in sede di Legittimità; in ogni modo poi il motivo è comunque infondato dal momento che la CTR ha deciso dando atto in motivazione di aver esaminato tutti i documenti in atti (“…risulta che tutte le fatture in base alle quali l’Amministrazione ha accertato i ricavi non dichiarati sono state emesse nel 2007…” – pag. 4 sentenza CTR righe 24 e seguenti); inoltre, la CTR ha anche verificato in fatto, con accertamento non più contestabile in questa sede, come “il contribuente non ha prodotto elementi in grado di provare la dichiarazione dei medesimi ricavi per il 2008” (pag. 4 righe 32 e seguenti);

– con tal precisazione il giudice dell’appello ha anche mostrato di aver controllato se la prospettazione del contribuente, secondo il quale gli importi recuperati a tassazione nel 2007 erano stati in realtà dichiarati nel 2008 trovasse riscontro nella realtà: tal verifica ha dato esito negativo; pertanto al mancato rispetto del principio di competenza è seguita anche l’omessa dichiarazione degli importi contestati i quali non solo sono risultati non dichiarati nel periodo di competenza, ma anche non dichiarati del tutto;

– conseguentemente, la disamina delle prove e la loro valutazione risulta adeguatamente operata sia quanto all’analisi del contenuto e dell’efficacia delle stesse, sia quanto alla esplicitazione in motivazione delle ragioni che da tal materiale probatorio hanno portato al decisum;

– il secondo mezzo di impugnazione censura la pronuncia gravata denunciando la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR subalpina reso motivazione apparente fondando la propria decisione sul criterio di comune ragionevolezza secondo il quale è normale che un documento promozionale o tecnico datato gennaio 2008 o 2008 sia stato predisposto per le stampe nell’anno precedente; detta affermazione secondo il ricorrente – sarebbe del tutto apodittica;

– il motivo è inammissibile;

– dal momento che la sentenza risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012, vale a dire il 20 marzo 2014 trova qui applicazione quanto ai motivi di ricorso e ai vizi deducibili per cassazione, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, cosiddetto “Decreto Sviluppo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11-08-2012); tal disposizione, per l’appunto applicabile alle sentenze pubblicata a partire dall’11 settembre 2012, quindi anche alla pronuncia qui gravata, consente di adire la Suprema Corte per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

– conseguentemente, poichè formulata in concreto con riferimento al previgente testo del n. 5 di cui sopra, la censura avente per oggetto il difetto di motivazione non è consentita a deve esser dichiarata inammissibile;

– in ogni caso, (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020), poi, va ulteriormente osservato come non ricorra in questo caso neppure il vizio di motivazione apparente; quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, come è qui accaduto, va considerata corretta la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi;

– in ogni caso, qui la CTR ha fondato la propria statuizione anche su altri elementi, chiaramente illustrati in motivazione, con ciò manifestando chiaramente le ulteriori ragioni della decisione sulle quale la pronuncia si fonda;

– il terzo motivo si incentra sulla nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la (CTR erroneamente ritenuto precluso al contribuente di definire in misura ridotta le sanzioni in quanto spirato il termine di legge che consentiva tal facoltà;

– il motivo è infondato;

– come correttamente notato in controricorso, il D.Lgs. n. 471 del 1997, sia art. 16, comma 3, sia art. 17, comma 2, in modo del tutto incontrovertibile e in linea con le finalità deflattive dell’istituto, consentono al contribuente di definire le sanzioni nella misura di un terzo dell’irrogato entro il termine di proposizione del ricorso di fronte alla CTP; alla luce del dictum letterale delle disposizioni sopra richiamate, è pacifico che si tratti infatti di un termine previsto a pena di decadenza, che come tale non è suscettibile di proroga da parte del giudice ex art. 2968 c.c., in quanto riferito a materia non disponibile quale è la legittimità o meno dell’obbligazione tributaria;

– pertanto, il ricorso va rigettato;

– sussistono i requisiti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato per gli atti giudiziari.

PQM

rigetta il ricorso; liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito le spese del presente giudizio in Euro che pone a carico di parte soccombente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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