Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6601 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 10/03/2021), n.6601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21373/2014 R.G. proposto da:

Lara S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio Faà di

Bruno n. 67, presso lo Studio dell’Avv. Giuseppe Antonio Caruso, che

la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 270/4/2013, depositata il 12 giugno 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 29 settembre

2020 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

 

Fatto

RILEVATO

1. che con l’impugnata sentenza, in riforma della prima decisione, la Regionale del Lazio rigettava il ricorso originariamente promosso da Lara S.r.l. avverso un avviso di accertamento con il quale venivano ripresi a tassazione ai fini IVA IRES IRAP 2005 costi ritenuti indeducibili in quanto non inerenti e ricavi non dichiarati;

2. che la Regionale, dopo aver ammesso la produzione in giudizio del PVC della G.d.F. che concludeva la verifica, una produzione che l’amministrazione aveva fatto soltanto in secondo grado, riteneva che l’originario ricorso della contribuente dovesse essere respinto per due ragioni, ciascuna di per sè sufficiente; sia perchè la contribuente, nonostante l’invito rivolto dall’ufficio, non aveva provato di aver esibito i documenti richiesti, con la conseguente sanzione di inutilizzabilità della documentazione sulla quale erano fondate le sue difese, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 4; sia perchè, “ad abundantiam”, così la Regionale, l’accertamento fiscale era nel merito fondato, essendo stata riscontrata la “non veridicità” della contabilità, con riferimento all’erronea indicazione delle giornate di lavoro dei dipendenti, all’omessa indicazione di caparre, di acconti relativi alla vendita di immobili, di costi per personale in realtà addetto all’abitazione della legale rappresentante della contribuente, come anche ammesso dal socio e marito della stessa, di ammortamenti non di competenza, di spese non documentate, in parte genericamente esposte in fattura;

3. che la contribuente ricorreva per quattro motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale di aver erroneamente “qualificato” come rifiuto di esibire i documenti, quello che in realtà non era tale, non essendo difatti in alcun modo dimostrato che i documenti richiesti fossero quelli stessi prodotti in giudizio, non essendo in alcun modo provato che all’atto della richiesta l’ufficio avesse avvertito delle conseguenze della mancata esibizione, con ciò incorrendo, la CTR, nella violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 33 e 52, del citato D.P.R. n. 600, art. 32, dell’art. 111 Cost.; il motivo è inammissibile, essendo evidente che con la riassunta censura la contribuente non addebita alla Regionale una inesatta interpretazione di norme di legge, una sbagliata ricognizione della fattispecie astratta, bensì contesta la esistenza dei presupposti di fatto della sanzione della inutilizzabilità comminata dal citato D.P.R. n. 633, art. 32, comma 4, quindi un vizio che poteva esser dedotto soltanto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cioè come vizio di motivazione dell’accertamento di tali presupposti, negli attuali ristretti limiti (Cass. sez. I n. 24155 del 2017);

2. che con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente asseriva di aver esibito, in corso di verifica, come in corso di procedimento di adesione, tutta la documentazione chiesta dall’ufficio, che il contrario accertamento della Regionale era stato motivato in modo apparente, del tutto apodittico, senza alcun concreto riferimento fattuale; il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in particolare laddove la contribuente non specifica, come anche non trascrive, la richiesta di documentazione avanzata dall’amministrazione, come nemmeno trascrive la documentazione prodotta in giudizio, non permettendo alla Corte alcun riscontro delle sue affermazioni circa la corrispondenza tra quanto richiesto dall’ufficio, quanto esibito e quanto prodotto in giudizio (Cass. sez. trib. n. 13625 del 2019);

3. che con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciata la violazione del citato D.P.R. n. 600, artt. 39 e 42, del citato D.P.R. n. 633, artt. 3,6,7 e 54, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies, conv. con modif. in L. 29 ottobre 1993, n. 427, e degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., la contribuente lamentava l’illegittimo utilizzo dell’accertamento standardizzato, sotto il profilo del mancato esperimento dell’obbligatorio contraddittorio preventivo, sotto il profilo della assenza di incongruenze indicate nell’avviso, sotto il profilo della mancanza di presupposti per tale tipo di accertamento; il motivo è inammissibile, in quanto eccentrico alla materia del contendere, non riferibile alle ragioni della decisione, che riguardano non un accertamento standardizzato, bensì un accertamento analitico induttivo citato D.P.R. n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d), non cogliendo quindi la ratio decidendi della impugnata sentenza (Cass. sez. I n. 9013 del 2018);

4. che con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente rimproverava alla Regionale di aver omesso di valutare il fatto decisivo, oggetto di discussione inter partes, “costituito dalla mancata considerazione dei documenti allegati dalla ricorrente”, di aver pertanto accertato in modo apparente la “non veridicità” della documentazione contabile, mentre i documenti prodotti in giudizio dimostravano il contrario; il motivo, anche al di là dell’assorbimento della questione, conseguenza del rigetto delle censure rivolte contro l’applicazione della sanzione della inutilizzabilità dei documenti allegati dalla contribuente, è comunque inammissibile alla luce della “nuova” formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che non contempla più il vizio di omesso esame di prove (Cass. sez. un. 8053 del 2014);

5. che le spese devono seguire la soccombenza e devono essere liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 2.800,00 (duemilaottocento) a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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