Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6598 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2021, (ud. 17/09/2020, dep. 10/03/2021), n.6598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian A – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23121-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– ricorrente –

contro

PEUGEOT MILANO S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., e

PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., in persona del legale

rappresentante p.t., rapp.te e dif.se, in virtù di procura speciale

in calce al controricorso, dagli Avv.ti ENRICO CARUSO, GIORGIO MARIA

RECINE ed ERMANNO VAGLIO, unitamente ai quali sono elett.te dom.te

in ROMA, al V.LE CASTRO PRETORIO, n. 122, presso lo studio dell’Avv.

MARIO VALENTINI;

– controricorrenti / ricorrenti incidentali condizionati –

avverso la sentenza n. 1190/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 10/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2020 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la PEUGEOT MILANO S.P.A. e la PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A. (nella qualità, rispettivamente, di consolidata e consolidante nell’ambito del consolidato fiscale nazionale) proposero separati ricorsi, innanzi alla C.T.P. di Milano, avverso gli avvisi di accertamento con cui l’Ufficio aveva proceduto alla ripresa a tassazione di costi indebitamente dedotti ed imposte indebitamente detratte relativamente all’anno di imposta 2006; che la C.T.P. di Milano, previa loro riunione, con sentenza n. 250/43/12, accolse i ricorsi;

che avverso tale decisione l’AGENZIA DELLE ENTRATE, da un lato, e la PEUGEOT MILANO S.P.A., nonchè la PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., dall’altro, proposero, rispettivamente, appello principale ed incidentale subordinato innanzi alla C.T.R. della Lombardia la quale, con sentenza n. 1190/2014, depositata il 10.3.2014, rigettò i gravami, il primo, con assorbimento del secondo, confermando – per quanto in questa sede rileva – l’intervenuta decadenza dell’ufficio dal potere di accertamento;

che avverso tale decisione l’AGENZIA DELLE ENTRATE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo; si sono costitute ed hanno resistito, con controricorso, la PEUGEOT MILANO S.P.A. e la PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., riproponendo, altresì, i motivi di appello incidentale dichiarati assorbiti dalla C.T.R., sia pur condizionandone l’esame all’accoglimento del ricorso principale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

in via del tutto preliminare, va dichiarata l’inammissibilità dei motivi di appello incidentale, dichiarati assorbiti in secondo grado e riproposti in questa sede – per quanto non formalmente indicati come tali – sub specie di motivi di ricorso incidentale condizionato (cfr. controricorso, pp. 21 ss.): ed infatti, in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorchè proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Cass., Sez. 3, 12.6.2020, Rv. 658152-02);

che con l’unico motivo parte ricorrente principale lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per avere la C.T.R. erroneamente dichiarato essa AGENZIA decaduta dal potere di accertamento, non ritenendo applicabile, nella specie, il raddoppio dei termini contemplato dalle richiamate disposizioni, per essere i fatti sottesi agli atti impugnati diversi da quelli relativamente ai quali fu sporta, sia pure rispetto al medesimo periodo di imposta, denunzia all’A.G. penale;

che il motivo – il quale disvela un vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è inammissibile;

che l’unica condizione per l’operatività del raddoppio dei termini dell’accertamento – come chiarito da Corte Cost., n. 247/2011) – è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicchè “il raddoppio dei termini consegue al mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale” ed “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento” (cfr. Cass., Sez. 5, 31.7.2020, n. 16462; Cass. n. 13483 del 2016; Cass. n. 11171 del 2016);

che, nell’escludere l’applicazione della richiamata disciplina rispetto ai fatti sottesi alle riprese per cui è causa, la C.T.R. ha fondato la propria decisione su una triplice valutazione: (a) non solo ha ritenuto che non vi fosse coincidenza tra i fatti oggetto di denunzia (in concreto) e quelli successivamente sottesi agli avvisi di accertamento impugnati (cfr. pp. 3-4 della motivazione della gravata decisione), ma (b) ha altresì escluso che, tra gli uni e gli altri, vi fosse qualsivoglia collegamento, neppure “in termini di effettivo presupposto” (cfr. p. 4), (c) irrilevante ritenendo, peraltro, la circostanza dell’identità del periodo di imposta;

che, rispetto a siffatte conclusioni (in linea, peraltro, con il principio di unitarietà dell’avviso di accertamento. Cfr. Cass., Sez. 5, 3.6.2015, n. 11421, Rv. 635680-01), è la stessa difesa dell’AGENZIA (cfr. ricorso, p. 10) a chiarire di voler proporre una propria valutazione dei fatti, diversa da quella compiuta dalla C.T.R. e, per ciò stesso, inammissibile in questa sede;

che il ricorso va pertanto rigettato, con condanna dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., al pagamento, in favore della PEUGEOT MILANO S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., e della PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale. Per l’effetto, condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., al pagamento, in favore della PEUGEOT MILANO S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., e della PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.600,00 (cinquemilaseicento/00), oltre accessori di legge.

Dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’AGENZIA DELLE ENTRATE dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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