Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6596 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35521/2018 proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo

Gilardoni, elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Brescia, via Vittorio Emanuele II n. 109;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– resistente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il

25/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2020 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Brescia, con la sentenza n. 1310/18, pubblicata il 25 luglio 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da S.A., cittadino proveniente dal (OMISSIS), il quale aveva riferito di essere rimasto orfano dal padre e di aver subito dapprima la requisizione del proprio appezzamento di terra, consegnata dal capo del villaggio al Presidente del Gambia e successivamente, a seguito di una manifestazione di protesta all’esito della quale era stato arrestato il fratello, di essere stato sottoposto ad obbligo di firma, in quanto infrasedicenne; dopo una settimana aveva lasciato il paese, recandosi dapprima in Senegal e successivamente in Libia, da dove aveva raggiunto l’Italia.

La Corte territoriale, in particolare, pur ritenendo che il richiedente abbia fornito una versione credibile dei fatti che all’epoca lo avevano spinto ad abbandonare il Gambia, rilevava che la situazione sociopolitica del Gambia era profondamente mutata rispetto all’epoca dei fatti narrati dal richiedente, dopo che era stato deposto il dittatore Y.J. e si era insediato il Presidente A.B., registrandosi un decisivo processo di democratizzazione nel paese, con il ripristino delle libere elezioni, il rientro nel (OMISSIS) e la ripersa della libertà di stampa e di pensiero con la conseguenza che avuto riguardo alla vicenda personale del richiedente era venuto meno il presupposto per il riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria ed umanitaria, non potendo in particolare ritenersi sussistente una situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno, costituitosi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Conviene premettere la tempestività del ricorso, posto che in tema di riconoscimento della protezione internazionale, la disciplina introdotta con il D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, si applica, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del citato Decreto, alle controversie instaurate successivamente al 18.8.2017; di conseguenza, per la proposizione del ricorso per cassazione avverso le controversie instaurate anteriormente a quella data si applica la precedente disciplina, anche riguardo al termine semestrale ed alla sospensione dei termini durante il periodo feriale (Cass. 18295/18).

Ciò posto, il primo motivo denuncia violazione di legge per avere la Corte territoriale escluso la protezione sussidiaria ritenendo non attendibile la domanda proposta dal richiedente, omettendo altresì di considerare la situazione del paese di origine del richiedente, avuto riguardo, in particolare, alla situazione di insicurezza di quel paese.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della pronuncia.

La Corte non ha infatti rigettato la domanda di protezione in tutte le su forme in conseguenza della mancanza di credibilità del racconto, ma in quanto ha ritenuto, con accertamento di merito, che non viene specificamente censurato, che la situazione della regione di provenienza dell’immigrato (Gambia) è profondamente mutato rispetto alle condizioni rappresentate dal richiedente, essendo stato deposto il dittatore, Y.J., ed il paese è soggetto ad un processo di democratizzazione ed è allo stato immune da situazioni di violenza indiscriminata.

Il secondo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, deducendo il mancato accertamento che il richiedente nel suo paese corra il rischio di veder sacrificati i propri diritti fondamentali, anche per ragioni diverse da quelle per cui opera la protezione internazionale.

Il motivo è inammissibile per genericità.

Il riconoscimento della protezione umanitaria presuppone l’allegazione, in capo al ricorrente, di una ben determinata situazione di “vulnerabilità”, che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018).

Nel caso di specie, il mezzo si limita a contestare la valutazione della Corte ed a richiamare, genericamente, la grave situazione economica e di violenza esistente in Gambia, ma non deduce alcuna specifica situazione di vulnerabilità del richiedente, nè allega la sua concreta integrazione nel nostro paese.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero dell’interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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