Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6595 del 28/02/2022
Cassazione civile sez. II, 28/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6595
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10386-2017 proposto da:
MENGHI SHOES S.R.L., in persona dell’Amministratore Unico
M.E., elettivamente domiciliata in Loreto, Via Marconi n. 14, presso
lo studio dell’avv. Anna Maria Ragaini, che la rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
SIDEF S.P.A, in persona dell’Amministratore Unico D.S.,
elettivamente domiciliato in Roma, Via G. Ferrrari 2, presso lo
studio dell’avv. Giorgio Antonini, rappresentato e difeso dall’avv.
Rossana Ulissi;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1227/2016 della Corte d’appello di Ancona,
depositata il 21/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/01/2022 dalla Consigliera CASADONTE Annamaria.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
Che:
– Menghi Shoes s.r.l. con ricorso notificato il 20/04/2017 chiede la cassazione della sentenza della corte d’appello di Ancona, che, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di risarcimento dei danni cagionati dai vizi riscontrati nella fornitura eseguita dalla Sidef s.p.a.;
– Menghi Shoes ha adito il tribunale di Ancona affinché condannasse la Sidef al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della fornitura di materiale difettoso che, utilizzato per la realizzazione di calzature estive rivelatesi non indossabili, ne aveva comportato il ritiro dal commercio;
– la convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, eccependo la tardività, oltre che la genericità, della denuncia;
– espletata l’istruttoria, con sentenza n. 222/2009, l’adito tribunale ha rigettato la domanda attrice per mancanza di prova in ordine alla contestazione dei vizi del materiale, nonché in ordine all’esistenza di vendita di aliud pro alio, alla riferibilità dei pretesi vizi del PVC fornito dalla Sidef, all’esistenza ed entità del pregiudizio asseritamente subito;
– proposto gravame articolato in quattro motivi dalla soccombente Menghi Shoes, la corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 1227/2016, depositata il 21 ottobre 2016 (non notificata) ha rigettato l’impugnazione proposta, confermando integralmente la decisione impugnata;
– quanto al primo motivo di gravame, il giudice d’appello rilevava che non vi era prova dell’avvenuta denuncia dei vizi nel rispetto del termine di legge: essi erano, infatti, stati scoperti nell’autunno del 1996, ma comunicati al venditore solo nel mese di maggio del 1997, a seguito di accertamenti tecnici effettuati unilateralmente dalla Menghi Shoes;
– quanto al secondo e al terzo motivo, la corte d’appello non riteneva configurabile la vendita di aliud pro alio, atteso che, anche a ritenere opponibile alla Sidef la ctu espletata dalla Menghi Shoes, era comunque emerso che il materiale analizzato era commercialmente idoneo a realizzare il prodotto cui era destinato;
– quanto al quarto ed ultimo motivo, la corte territoriale rilevava che non vi era prova del pregiudizio subito dalla Menghi Shoes e, in particolare, non vi erano evidenze probatorie circa il quantitativo di calzature effettivamente realizzato con il materiale difettoso;
– la cassazione della sentenza è chiesta dalla Menghi Shoes con ricorso notificato, in data 20/04/2017, affidato a quattro motivi, cui resiste Sidef con controricorso illustrato da memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453,1495,1497 e 2946 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
– il ricorrente lamenta che la sentenza d’appello abbia erroneamente ritenuto non configurabile la vendita di aliud pro alio, mentre il caso in esame sarebbe perfettamente sussumibile entro tale fattispecie per essersi rivelato il materiale fornito non idoneo a reggere le alte temperature, nonostante la fornitura fosse stata ordinata allo specifico scopo di realizzare sandali da mare estivi, il ricorrente lamenta altresì l’omessa considerazione delle dichiarazioni testimoniali di P.A. e l’erronea e travisata esposizione delle conclusioni del ctu;
– il motivo è inammissibile:
– nonostante la censura sia formalmente articolata come violazione e falsa applicazione di legge e il ricorrente richiami i precedenti di legittimità in materia di vendita di aliud pro alio, il motivo nella sostanza non attinge l’applicazione della norma regolatrice fatta dalla corte territoriale, ma la valutazione del materiale probatorio, in quanto tale sottratta al sindacato del giudice di legittimità se non per omesso esame di fatto decisivo;
– il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., in relazione all’art. 2938 c.c., nonché nel combinato disposto con l’art. 1497 c.c. e con riferimento all’art. 3 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
– il ricorrente assume che il giudice d’appello abbia ritenuto la denuncia dei vizi intempestiva, per non avere fatto decorrere il termine utile dal momento in cui il vizio era stato compiutamente scoperto dalla Menghi Shoes, ossia solo dopo l’accertamento tecnico a tal fine svolto;
– inoltre, il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere l’azione di garanzia prescritta, nonostante i diversi atti compiuti dal ricorrente per interrompere il termine di prescrizione e non avendo, in ogni caso, la Sidef sollevato l’eccezione di prescrizione, non rilevabile d’ufficio;
– il ricorrente lamenta altresì l’incostituzionalità dell’art. 1495 c.c., sia in sé considerato, sia in relazione all’art. 1453 c.c.;
– il motivo è infondato;
– costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato che al fine di conservare il diritto alla garanzia, ex art. 1495 c.c., l’acquirente non è tenuto a fare, nel termine stabilito, una denuncia analitica e specifica, con precisa indicazione dei vizi che presenta la cosa, potendo validamente limitarsi ad una denuncia generica e sommaria, che valga a mettere sull’avviso il venditore, salvo a precisare in un secondo tempo la natura e la entità dei vizi riscontrati (cfr. ex multis, Cass., n. 27488/2019, Cass. 25027/2015);
– nel caso di specie, la denuncia è stata effettuata quasi un anno dopo la scoperta dei vizi, sicché correttamente la corte d’appello ne ha rilevato la tardività;
– l’accertamento della tardività della denuncia assorbe il profilo relativo alla prescrizione dell’azione;
– la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1495 c.c., per contrasto con l’art. 3 Cost., appare manifestamente infondata;
– infatti, la soggezione dell’azione di cui all’art. 1495 c.c. – norma speciale che, per sua natura, ben può derogare al regime di cui all’art. 1453 c.c., – a stretti termini di prescrizione e decadenza trova giustificazione nella necessità di assicurare la certezza dei traffici giuridici e commerciali;
– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia omesse ed errate considerazioni delle risultanze peritali nella parte in cui è stata ritenuta la nullità della CTU svolta in primo grado, per essere stati utilizzati dal consulente nominato alcuni campioni di merce conservati presso la ditta ricorrente;
– il motivo è inammissibile;
– oltre ad essere privo di specificità, con riguardo all’oggetto della critica, la censura proposta tende a conseguire una rivalutazione del merito della causa, vietata in sede di legittimità riguardando l’apprezzamento della CTU fatto dal giudice del merito;
– con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’omessa ed errata considerazione delle risultanze probatorie sulla quantificazione delle paia di sandali rovinate e sulla quantificazione del danno subito;
– il motivo è assorbito dalla decisione sulle precedenti censure;
– il ricorso e’, pertanto, rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente è tenuta alla rifusione delle spese di lite alla controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente e liquidate in Euro 7.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 12 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022