Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6595 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. un., 23/03/2011, (ud. 12/10/2010, dep. 23/03/2011), n.6595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente Aggiunto –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente di sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di giurisdizione proposto da:

S.G. e P.A., rappresentati e difesi, per

procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Scrosati Carlo

Luigi e Annarosa Corselli, elettivamente domiciliati in Roma, via

della Conciliazione n. 44, presso lo studio dell’Avvocato Maria

Antonietta Perilli;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI LONATE POZZOLO, in persona del Sindaco pro-tempore;

IMMOBILIARE ALMA DI RONCHI LUCIANA & C. s.a.s., in persona del

legale

rappresentante pro-tempore;

– intimati –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12 ottobre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha chiesto dichiararsi la

giurisdizione del giudice amministrativo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 febbraio 2008, S. G. e P.A. convenivano in giudizio, avanti al Tribunale di Busto Arsizio, il Comune di Lonate Bozzolo e la Immobiliare Alma di Ronchi Luciana & C. s.a.s., ritenuti responsabili dei danni ad essi cagionati: il Comune per effetto di un’errata qualificazione urbanistica dell’area compravenduta (dichiarata suscettibile di potenzialità edificatoria in realtà non esistente), e la Immobiliare per avere garantito il terreno venduto libero da vincoli ed oneri, laddove invece detto terreno era in realtà asservito e inedificabile.

Gli attori esponevano: che avevano acquistato nel gennaio 1996 dalla menzionata Immobiliare un terreno sito nel Comune di Lonate Bozzolo, con la garanzia di piena proprietà in capo alla società venditrice ed altresì di libertà da pesi ed altri oneri, come attestato dall’allegato certificato di destinazione urbanistica, rilasciato il 6 dicembre 1995 dal predetto Comune;

che proprio in tale atto si certificava che un mappa le dell’area venduta era collocato, rispetto al PRG, in zona C1, zona residenziale di espansione, soggetta alle norme edilizie codificate secondo l’indicato indice di densità;

che conseguentemente il 20 maggio 1997 era stata loro rilasciata concessione edilizia a fini di costruzione di edificio a villetta residenziale bifamiliare, condotto poi ad opera fino al primo piano fuori terra;

che nel frattempo, con ricorso al TAR Lombardia, i signori M. e altri avevano promosso impugnativa avverso la citata concessione edilizia, sostenendo, da un lato, l’asservimento della relativa area, sin dal 1974, alla realizzazione di un fabbricato condominiale, sicchè, a seguito della cessione del mappale a terzi, esso avrebbe perso ogni capacità edificatoria, e, dall’altro, che la stessa concessione sarebbe stata affetta da nullità, perchè rilasciata da soggetto incompetente (l’assessore e non il dirigente);

che il TAR aveva accolto entrambi i motivi con la sentenza n. 4152 del 2000;

che gli appelli avverso la sentenza, interposti dal Comune e da essi attori, erano stati respinti dal Consiglio di Stato, con le sentenze 5233 e 5232 del 2007;

che, sulla base delle pronunce di annullamento rese dal giudice amministrativo, il Comune aveva ordinato la demolizione del costruito;

che dunque doveva ravvisarsi la responsabilità del Comune ex art. 2043 cod. civ. con riferimento all’errata attestazione di una potenzialità edificatoria in realtà assente, per essere stata utilizzata in altro intervento edilizio oltre che per il rilascio di concessione da parte di organo incompetente, così configurandosi un esercizio illegittimo della pubblica funzione e una condotta colposa della P.A. nella causazione del danno;

che, a sua volta, l’Immobiliare venditrice aveva alienato e garantito per qualità un bene ben diverso.

Nell’atto introduttivo avanti all’AGO i ricorrenti chiedevano, dunque, l’affermazione, con la responsabilità extracontrattuale dei convenuti (e dell’Immobiliare anche contrattuale), del titolo di condanna al risarcimento dei danni, previa eventuale risoluzione del contratto.

Avanti all’adito giudice civile il Comune, costituendosi, eccepiva il difetto di giurisdizione dell’AGO, mentre nel frattempo, delibato tale rilievo, il giudice aveva ammesso ATP prima della demolizione.

Del giudizio si riferisce in atti la pendenza, con fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni al 20 ottobre 2009.

Nella pendenza di detto giudizio, S.G. e P. A. hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione, per sentire affermare la giurisdizione del giudice ordinario adito.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La giurisdizione dell’AGO viene sostenuta dai ricorrenti con riguardo al principio neminem laedere violato dal Comune, responsabile ex art. 2043 cod. civ. per condotta omis-siva, consistente in difetto di verifica del vincolo di as-servimento insistente sul terreno, e commissiva, integrata dal rilascio errato della concessione edilizia, come accertato dal giudice amministrativo, secondo un titolo, un comportamento illecito (l’inosservanza di condotte doverose), incidente sui diritti soggettivi patrimoniali dei ricorrenti. Il riparto di giurisdizione dovrebbe perciò seguire il petitum sostanziale proprio della domanda.

I ricorrenti chiedono, quindi, la declaratoria della giurisdizione dell’AGO. 2. Il Collegio ritiene che il regolamento debba essere accolto, con dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario, per le seguenti considerazioni.

2.1. In base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione. Ciò significa che la giurisdizione amministrativa presuppone un contrasto tra il ricorrente e la pubblica amministrazione con riferimento ad un agire di quest’ultima che ha, evidentemente, pregiudicato il primo.

L’accesso alla giustizia amministrativa, in altri termini, presuppone l’esistenza di una controversia sul legittimo esercizio di un potere autoritativo.

Allorquando sussista tale controversia, nelle materie di giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo è attribuita la giurisdizione in ordine alla domanda di risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica (D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7).

Peraltro, con tale disposizione, il legislatore, se ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo non solo la fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa, ma anche quella del risarcimento del danno (ove configurabile), non ha tuttavia individuato una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo (Corte cost., sent. n. 281 del 2004). L’attribuzione a tale giudice della tutela risarcitoria per effetto della illegittimità degli atti amministrativi costituenti esercizio di potere autoritativo costituisce, quindi, uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello classico, di tipo demolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è poi chiarito che la possibilità per il soggetto danneggiato dall’agire autoritativo della pubblica amministrazione di ottenere il risarcimento del danno successivamente alla proposizione di una azione demolitoria non determina il venir meno, nelle materie di giurisdizione esclusiva, della giurisdizione amministrativa (v., di recente, Cass., S.U., n. 5025 del 2010; Cass. S.U., n. 26023 del 2008).

Il presupposto perchè si possa predicare la sussistenza della giurisdizione amministrativa, tuttavia, anche nel caso in cui l’azione di danno venga svolta autonomamente e successivamente rispetto alla domanda volta alla rimozione del provvedimento illegittimo, è che il danno di cui si chiede il risarcimento nei confronti della pubblica amministrazione sia causalmente collegato alla illegittimità del provvedimento amministrativo. In altri termini, perchè possa affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione ad una domanda di danni è necessario che la causa petendi dell’azione di danno, tanto se introdotta contestualmente all’azione demolitoria, quanto nel caso in cui venga introdotta successivamente, sia la illegittimità dell’agire della pubblica amministrazione. Invero, come si è prima rilevato, la giurisdizione amministrativa postula una controversia sulla legittimità o no dell’agire autoritativo della pubblica amministrazione.

2.3. Diverso è il caso in cui, come nella specie, la parte che agisce per ottenere il risarcimento del danno dalla pubblica amministrazione non faccia valere, quale causa, petendi della propria domanda, la illegittimità di un provvedimento amministrativo, ma la lesione dell’affidamento indotto dalla esistenza di una certificazione amministrativa (attestazione di edificabilità di un suolo in una determinata misura) ovvero di un atto amministrativo del quale si presume la legittimità (concessione edilizia) e rispetto al quale, quindi, nessun interesse ad ottenerne la rimozione sarebbe configurabile in capo a chi assume di aver subito il danno. Invero, sia nell’uno che nell’altro caso la lesione del diritto soggettivo e la relativa fonte di danno scaturiscono non dalla illegittimità della attestazione o della concessione edilizia, ma dal fatto che tali atti siano intervenuti e che altri ne abbiano posto in discussione la legittimità provocandone l’annullamento in sede giurisdizionale, o che la pubblica amministrazione, agendo in autotutela, li abbia annullati.

Nella prospettiva del soggetto che assume di avere subito una lesione ad un proprio diritto soggettivo, dunque, non si ravvisa la condizione perchè la domanda risarcitoria possa essere attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: difetta, infatti, quella controversia in ordine alla legittimità del provvedimento amministrativo rispetto alla quale la domanda di danni si porrebbe come consequenziale.

Ciò che invece rileva è l’affidamento riposto dall’interessato sia nella esattezza della attestazione relativa alla attitudine edificatoria del fondo da lui acquistato – proprio per l’esistenza di tale attestazione -, sia della legittimità della concessione edilizia. Il titolare dello ius aedificandi, invero, una volta che sia stato privato di tale diritto in via giurisdizionale a seguito del ricorso di altro soggetto che sia insorto contro detto provvedimento, e una volta che sia stata definitivamente accertata la illegittimità della concessione, non ha altro atto da impugnare rispetto al quale la tutela risarcitoria possa essere consequenziale e quindi attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo. Il provvedimento che aveva concesso il diritto ad edificare e che, perchè illegittimo, è stato legittimamente posto nel nulla, rileva per il titolare dello ius aedificandi esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando così, ex art. 2043 cod. civ., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem laedere, imputabile alla pubblica amministrazione in virtù del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto, con la sua apparente legittimità, ingenerato nel destinatario l’incolpevole convincimento (fondato sull’affidamento in ordine alla legittimità dell’atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell’azione amministrativa) di potere legittimamente procedere all’edificazione.

In mancanza di un atto impugnabile, dunque, chi si è visto annullare, su iniziativa di altri, la concessione edilizia ha l’esclusiva possibilità di invocare un’unica tutela risarcitoria che, non essendo collegata alla impugnabilità di un atto, non può essere attratta nell’ambito di operatività della giurisdizione esclusiva e può trovare fondamento unicamente nell’affidamento riposto nel provvedimento a sè favorevole.

Si è infatti ripetutamente affermato che la violazione del principio del neminem laedere da parte della Pubblica Amministrazione è ravvisabile in comportamenti tanto attivi quanto emissivi ogni qual volta essa venga meno al dovere d’improntare lo svolgimento delle funzioni demandate, e sia ai principi costituzionali in punto d’imparzialità correttezza e buon andamento, sia alle norme di legge ordinaria in punto di celerità efficienza efficacia e trasparenza, sia ai principi generali dell’ordinamento in punto di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza (Cass., S.U., n. 1852 del 2009; Cass. n. 19286 del 2009, ed ivi ulteriori riferimenti), ipotesi che, in particolare, può verificarsi anche ove fornisca al privato notizie inesatte od ingeneri in esso fallace affidamento (Cass., n. 19286 del 2009, cit.; Cass. n. 27154 del 2008; Cass. 17831 del 1007; Cass. n. 2424 del 2004).

2.4. Con specifico riferimento al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in riferimento a domande risarcitorie proposte nei confronti della pubblica amministrazione, per i profili che qui rilevano, si è in particolare affermato che ®spetta al giudice ordinario conoscere della domanda con cui il privato, acquirente di un terreno sul quale era stata rilasciata una concessione edilizia e successore nella titolarità del permesso di costruire, chieda la condanna del Comune al risarcimento dei danni da esso subiti in seguito al rilascio, in favore del proprio dante causa, di una concessione edilizia ritenuta illecita dal giudice penale (in un procedimento penale per il reato, tra l’altro, di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. c) ed illegittima in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato promosso dal proprietario confinante, ma sulla cui piena regolarità egli abbia fatto invece affidamento per l’esecuzione del programma di costruzione dell’edificio. Detta domanda, infatti, non rientra nel campo applicativo del D.Lgs. 31 marzo 1988, n. 80, art. 34 nè sollecita la tutela di un situazione configurabile come diritto patrimoniale consequenziale, giacchè non postula alcun accertamento sull’esercizio del potere amministrativo (autoritativo) in materia urbanistica ed edilizia, che ha portato al rilascio della concessione edilizia, ma, sul presupposto che questa resti caducata, ascrive al comportamento del Comune convenuto la responsabilità per la sopravvenuta impossibilità di realizzare il programma costruttivo (Cass., S.U. n. 4805 del 2005).

In tale pronuncia si è esclusa la configurabilità di un diritto patrimoniale consequenziale, perchè la domanda era riferita ai comportamenti (asseritamente illeciti) riferibili all’ente pubblico e perchè l’annullamento dell’atto concessorio non era chiesto ma, in ipotesi, subito dalla attrice nel giudizio civile, la quale, rispetto a quell’annullamento, risultava anzi controinteressata;

il che escludeva la stessa possibilità di ravvisare l’esigenza di concentrare la tutela demolitoria e quella risarcitoria dinanzi allo stesso giudice, allo scopo di evitare che la parte, ottenuta tutela davanti al giudice amministrativo, dovesse poi adire il giudice ordinario per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali, compreso il risarcimento del danno.

In altra pronuncia, si è affermato che spetta al giudice ordinario conoscere della domanda risarcitoria, proposta, a titolo di garanzia, nei confronti di un Comune per i danni subiti dall’acquirente di un immobile incluso in piano di lottizzazione dichiarato illegittimo (in sede giurisdizionale amministrativa), che abbia agito, in via principale, per l’annullamento della compravendita nei riguardi della parte venditrice. Detta domanda, infatti, non rientra nel campo applicativo del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34 (come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7), nè sollecita la tutela di una situazione configurabile come diritto patrimoniale consequenziale, giacchè non postula alcun accertamento sull’esercizio del potere amministrativo autoritativo in materia urbanistica ed edilizia, che ha portato all’approvazione del piano comunale di lottizzazione, ma, sul presupposto che quest’ultimo resti caducato, ascrive al comportamento del Comune chiamato in causa la responsabilità per gli effetti conseguenti alla sopravvenuta impossibilità di realizzare il programma costruttivo (Cass., S.U. n. 11932 del 2010).

Ed ancora, in un giudizio in cui era stato convenuto un comune per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del rilascio, a causa di un errore commesso dal dirigente dell’ufficio, di una certificazione urbanistica attestante la qualità edificatoria tout court di un’area risultata edificabile soltanto in minima parte, con conseguente impossibilità di realizzare il preventivato intervento edilizio, queste Sezioni Unite, nel ritenere che la controversia esulasse dal campo (della gestione del territorio D.Lgs. n. 80 del 1998, ex art. 34) riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, hanno osservato che il rilascio della certificazione urbanistica erronea – che aveva indotto la società ad acquistare il terreno nella falsa rappresentazione della legittimità di un intervento edilizio relativo all’intera area – integrasse gli estremi “non già dello svolgimento di una qualsivoglia attività provvedimentale della P.A., bensì del comportamento (sicuramente colposo) del funzionario, riconducibile all’ente di appartenenza, astrattamente idoneo a risolversi in un illecito civile, con la conseguenza che spetta al giudice ordinario la cognizione (e l’accertamento in concreto) della sussistenza e della tutelabilità, sul piano risarcitorio, delle posizioni di diritto soggettivo che si assumono lese” (Cass., S.U., n. 23679 del 2009).

2.5. Alle ipotesi ora richiamate è assimilabile la domanda risarcitoria in relazione alla quale è stato proposto il presente regolamento di giurisdizione, atteso che, nella specie, ciò che viene in rilievo è l’affidamento riposto dai ricorrenti nella attendibilità della attestazione circa la edificabilità dell’area che intendevano acquistare (e che proprio per l’esistenza di detta certificazione essi si sono indotti ad acquistare) e nella legittimità della concessione edilizia rilasciata sul presupposto della esattezza di quei parametri (ancorchè, nel caso di specie, da organo incompetente, come accertato in via definitiva dai giudici amministrativi). In sostanza, anche in questo caso non era ravvisabile un atto o provvedimento amministrativo della cui illegittimità i ricorrenti avrebbero potuto dolersi e rispetto al quale avrebbero potuto agire, una volta accertata la illegittimità, per le consequenziali statuizioni risarcitorie.

3. Di quanto si è osservato sin qui si può offrire come conclusione questa sintesi.

In base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione.

La giurisdizione amministrativa è dunque ordinata ad apprestare tutela – cautelare, cognitoria ed esecutiva – contro l’agire della pubblica amministrazione, manifestazione di poteri pubblici, quale si è concretato nei confronti della parte, che in conseguenza del modo in cui il potere è stato e-sercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazione del proprio interesse sostanziale o la sua fruizione.

Dei poteri che al giudice amministrativo è stato dato di esercitare per la tutela degli interessi sacrificati dall’agire illegittimo della pubblica amministrazione, dal d.lgs. n. 80 del 1998 in poi, ha iniziato a far parte anche il potere di condanna al risarcimento del danno, in forma di completamento o sostitutiva: risarcimento che è perciò volto a contribuire ad elidere le conseguenze di quell’esercizio del potere che si è risolto in sacrificio illegittimo dell’interesse sostanziale del destinatario dell’atto.

Casi come quello odierno non prospettano un’esigenza di tutela quale quella appena delineata.

La parte che agisce in giudizio non è stata destinataria di un provvedimento ablatorio, di un comportamento silenzioso mantenuto su una domanda di provvedimento favorevole o del diniego di un tale provvedimento, atti o comportamenti di cui avrebbe potuto avere ragione di postulare l’illegittimità e sollecitare di tale illegittimità l’affermazione con l’ulteriore eventuale ristoro del danno che quella illegittimità gli avesse provocato.

Invero, nel caso in esame, la parte che, per valutare la convenienza d’acquistare un terreno l’aveva chiesta, ha ottenuto dalla pubblica amministrazione una certificazione sulla sua condizione edilizia e il contenuto di questa certificazione l’ha soddisfatta; ha acquistato il terreno e ha poi ottenuto il rilascio di una concessione edilizia conforme al contenuto preventivato come possibile in base a quella certificazione.

Questa situazione di fatto non era tale da sollecitare alcuna esigenza di tutela contro un agire illegittimo della pubblica amministrazione.

L’esigenza di tutela – risarcitoria e solo di tale tipo – affiora in questo come in analoghi casi per l’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole e non richiede che per ottenere il risarcimento la parte domandi al giudice amministrativo un accertamento a proposito della illegittimità del comportamento tenuto dall’amministrazione, perchè questo accertamento essa ha invece interesse a contrastarlo nel giudizio di annullamento da altri provocato e può solo subirlo.

La parte che invoca la tutela risarcitoria non postula dunque un esercizio illegittimo del potere, consumato in suo confronto con sacrificio del corrispondente interesse sostanziale, ma la colpa che connota un comportamento consistito per contro nella emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che hanno creato affidamento nella loro legittimità e orientato una corrispondente successiva condotta pratica, poi dovuta arrestare.

4. Il ricorso va quindi accolto, dovendosi dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario.

In considerazione della complessità della questione, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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