Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6594 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. II, 28/02/2022, (ud. 22/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16033-2017 proposto da:

S.A., in qualità di erede di R.F.,

rappresentata e difesa da sé stessa e dall’Avv. VINCENZO DUELLO;

– ricorrenti –

contro

ST.AR. e F.F., rappresentati e difesi dall’Avv.

FELICE DE SIMONE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4379/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2021 dal Consigliere Dott. GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla domanda di reintegra del possesso proposta da R.F. nei confronti di F.F., per avere impedito l’accesso ad un’area condominiale ove si trovavano la cisterna, il lavatoio ed il forno, a mezzo della sostituzione del catenaccio del cancello.

Si costituì F.F. per resistere alla domanda.

Nel giudizio intervenne St.Ri., che aderì alle difese Svolte dalla resistente.

La domanda venne dichiarata inammissibile dal Tribunale di Nola, con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., confermata dalla Corte d’appello di Napoli.

La Corte distrettuale rigettò le censure di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 281 sexies c.p.c., per omessa lettura del dispositivo in quanto la sentenza era stata allegata al verbale d’udienza, regolarmente sottoscritto dal giudice.

Nel merito, il giudice d’appello non riconobbe autorità di giudicato alla sentenza del Giudice di Pace, con la quale la F. era stata condannata per aver sostituito il catenaccio dell’area condominiale perché, in grado d’appello, il reato era stato dichiarato estinto per prescrizione.

Al contrario, la Corte distrettuale tenne conto del giudicato esterno costituito dalla sentenza della Corte d’appello di Napoli del 19.5.2011, con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento dei danni proposta dalla R. a tutela dei medesimi comodi.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.A., in qualità di erede di R.F. sulla base di tre motivi.

Hanno resistito con controricorso St.Ar. e F.F.. In prossimità dell’udienza, i controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione passiva di S.A. per non aver dimostrato la sua qualità di erede di S.F., in quanto tardivamente proposta con la memoria illustrativa.

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 281 sexies c.p.c. per omessa lettura della sentenza in udienza, con conseguente nullità degli atti successivi.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’inesistenza giuridica della sentenza perché priva della sottoscrizione del giudice sulla prima pagina.

I motivi, da trattare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

Questa Corte ha reiteratamente affermato che la sentenza pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c., senza l’osservanza delle forme previste dal codice non può essere dichiarata nulla, ove sia stato raggiunto lo scopo dell’immodificabilità della decisione e della sua conseguenzialità rispetto alle ragioni ritenute rilevanti dal giudice all’esito della discussione, trattandosi, in ogni caso, di sanzione neppure comminata dalla legge (Cass. sez. II, 17/09/2020, n. 19338; Cass. sez. I, 14/05/2014, n. 10453).

Nel caso di specie, peraltro, la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., era stata regolarmente allegata al verbale d’udienza, regolarmente sottoscritto dal giudice.

Il requisito della sottoscrizione della sentenza era stato quindi soddisfatto con la sottoscrizione del verbale d’udienza.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di merito confuso il diritto reale di proprietà con il possesso, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio, costituiti da perizie tecniche ed altre allegazioni idonee a dimostrare il possesso della ricorrente.

Il motivo è inammissibile.

Non sussiste la violazione dell’art. 112 c.p.c., che è ravvisabile nell’ipotesi in cui il giudice ometta di pronunciare su una domanda o su un’eccezione proposta dalle parti mentre, nel caso di specie, la Corte distrettuale ha pronunciato sulla domanda possessoria e sull’eccezione di inammissibilità per tardività della medesima.

Non può altresì ravvisarsi la violazione di più fatti decisivi per il giudizio, genericamente individuati in perizie ed allegazioni, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.

L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.Inoltre, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), occorre indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti.

Nel caso di specie, il motivo denuncia genericamente l’omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio, costituiti da perizie tecniche ed altre allegazioni idonee a dimostrare il possesso della ricorrente, con evidente difetto di specificità.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 22 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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