Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6594 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. un., 23/03/2011, (ud. 12/10/2010, dep. 23/03/2011), n.6594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente di sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ITACASA IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-

tempore, L.A.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso lo STUDIO LEGALE ROSSOTTO,

rappresentati e difesi dagli avvocati PERIFANO ESTER, CURCI ELIGIO,

per delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.L., D.V. elettivamente domiciliati

in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato

NARDONE ELISABETTA, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANZ

PESARE, per deleghe in atti;

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.

CORVISIERI 54, presso lo studio dell’avvocato CAROLI CHIARA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARELLI GIANFRANCO, per delega

a margine del controricorso;

N.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEODORO

MONTICELLI 12, presso lo studio dell’avvocato MATERA CORRADO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MESSINESE AGATA, per delega a

margine del controricorso;

D.B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO

EMILIO 26, presso lo studio dell’avvocato BOVE LOREDANA,

rappresentato e difeso dall’avvocato TERRULI FRANCESCO, per delega a

margine del controricorso;

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA,2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CONGEDO MASSIMO, per delega a margine del

controricorso;

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO

EMILIO 26, presso lo studio dell’avvocato BOVE LOREDANA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARRIERI GIOVANNI, per delega a

margine del controricorso;

COMUNE DI MARTINA FRANCA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI MANTEGAZZA 24, presso

GARDIN MARCO, rappresentato e difeso dagli avvocati FLASCASSOVITTI

FRANCESCO, CIMAGLIA OLIMPIA, per delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.M., D.C., M.E.;

– intimati –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

777/2008 del TRIBUNALE di Taranto – Sezione distaccata di MARTINA

FRANCA;

uditi gli avvocati Eligio CURCI, Giovanni CARRIERI, Alfonso PAPA

MALATESTA per delega degli avvocati Franz Pesare e Francesco

Flascassovitti;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Carlo DESTRO, il quale chiede che le Sezioni unite della Corte

vogliano dichiarare che non spetta all’AGO la giurisdizione in ordine

all’azione per risarcimento danni proposta contro il Comune di

Martina Franca.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con citazione, notificata in data 20/24.11.2008 ITACASA Immobiliare s.r.l. e L.A. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto-Sez. Distaccata di Martina Franca il Comune di Martina Franca nonchè vari funzionari amministrativi e tecnici di tale Comune per sentirli condannare al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata utilizzabilità a fini edificatori di una superficie di terreno di proprietà della società attrice, conseguente ad una serie di atti amministrativi che avrebbero svuotato di contenuto il diritto di proprietà.

Svoltasi l’udienza di prima comparizione, la causa è stata rinviata per la trattazione all’udienza del 23.6.2009, nella quale il Giudice Unico ha disposto, con ordinanza emessa fuori udienza, la comparizione delle parti per la successiva udienza del 13.10.2009, ponendo in rilievo che vi erano ragioni che avrebbero potuto portare a ritenere la sussistenza, nel caso di specie, della giurisdizione del giudice amministrativo.

Alla successiva udienza del 13.10.2009 il medesimo giudice unico, ribadendo le considerazioni già anticipate con la precedente ordinanza in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ha rinviato le parti per la decisione sulla questione della giurisdizione all’udienza del 12.1.2010.

Con provvedimento, emesso in data 23.3.2010, il Tribunale summenzionato ha sospeso il giudizio.

Con atto notificato in data 12.1.2010 la società ITACASA ha proposto, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., regolamento di giurisdizione, esponendo:

che nell’atto di citazione nel giudizio dinanzi al Tribunale la ITACASA Immobiliare s.r.l. ha dedotto che l’U.T.C. del Comune di Martina Franca, in persona dell’arch. D.B.G., aveva rilasciato, in data 6.7.2001, la concessione edilizia per la realizzazione di un complesso immobiliare per civili abitazioni e locali commerciali;

che, dopo che la società aveva iniziato a costruire il manufatto, il medesimo ufficio, in persona del nuovo dirigente, ing. M. E., in data 27.3.2002, aveva provveduto ad annullare in via di autotutela detta concessione;

che detto provvedimento era stato impugnato dinanzi al TAR Lecce, che aveva respinto il ricorso, stabilendo che ai fini della determinazione urbanistica dovesse farsi riferimento ad altra tavola di PRG e precisamente la 5 indicata dall’amministrazione resistente;

che a seguito di tale indicazione del TAR la esponente aveva presentata altra istanza, con la quale chiedeva che, ai sensi della L. n. 47 del 1985, artt. 11 e 13, si procedesse, in applicazione della su indicata destinazione, alla rimozione dei vizi del procedimento;

che tale istanza era stata nuovamente rigettata dall’amministrazione, in persona dell’ing. N.R.; che il provvedimento di rigetto era stato impugnato dinanzi al TAR,che, respingendo il ricorso, aveva stabilito che la volumetria realizzabile sull’area, in forza della destinazione indicata nel primo giudizio, doveva essere pari a me 3485;

che a tale pronuncia era seguita nuova istanza, che adeguava il progetto alla summenzionate indicazioni;

che tale istanza era stata rigettata dalla pubblica amministrazione, in persona del nuovo dirigente dell’U.T.C., arch. D. C.;

che anche tale provvedimento era stato impugnato dinanzi al TAR, che nel rigettare il ricorso aveva evidenziato che la contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione lasciava spazio ad azioni di tipo risarcitorio;

che dette pronunce del TAR erano state impugnate dinanzi al Consiglio di Stato, che, riuniti i ricorsi, aveva rigettato tutte le richieste della ITACASA;

che dopo la sentenza del Consiglio di Stato era stato emesso dal Comune di Martina Franca, a firma dell’ing. M., ordine di demolizione delle opere realizzate;

che sulla base di tali premesse la società ITACASA Immobiliare s.r.l, avendo dato inizio alle opere confidando nella legittimità della concessione ottenuta ed in assenza di un valido e formale provvedimento di avvio di una istruttoria finalizzata all’annullamento d’ufficio dello stesso, ha chiesto, con la citazione summenzionata, al Tribunale di Taranto-sezione distaccata di Martina Franca la condanna del Comune di Martina Franca e di tutti i funzionari coinvolti nella vicenda al risarcimento di tutti i danni patiti.

Il Comune di Martina Franca, D.B.G., R.G., N.R., S.G., D.V., C.L., P.F. hanno resistito al ricorso per regolamento di giurisdizione con controricorso, eccependo la inammissibilità del ricorso per essere stato questo notificato lo stesso giorno in cui nel giudizio dinanzi al summenzionato Tribunale era stata fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni;

sia la società ricorrente che il Comune di Martina Franca hanno depositato memorie.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso devesi ritenere ammissibile, perchè il Tribunale adito, anzichè pronunciare sulla domanda nel merito, con provvedimento in data 13.1.2010, preso atto del proposto regolamento preventivo di giurisdizione, ha provveduto a sospendere il giudizio ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 367 c.p.c. (cfr. in tal senso cass. sez. un. n. 4805 del 2005);

Con riferimento alla questione di giurisdizione sottoposta all’esame di questa Suprema Corte, si osserva:

se la pubblica amministrazione procede alla emanazione di provvedimenti illegittimi – contro i quali, ai sensi dell’art. 113 Cost., comma 1, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi lesi dinanzi agli organi di giustizia ordinaria o amministrativa – determina la lesione dei diritti o degli interessi in maniera diversa a seconda che l’interesse leso rientri nella categoria generale degli interessi pretensivi o in quella degli interessi oppositivi. Se l’interesse è pretensivo la sua lesione si concretizza nello illegittimo diniego o nella ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo (legittimo); se l’interesse è oppositivo la sua lesione si concretizza nello illegittimo sacrificio di un bene o di una situazione di vantaggio. Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, dispone che “il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.”.

La Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 292 del 2000 e 281 del 2004, ha chiarito che con tale disposizione il legislatore ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo non solo la fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa, ma anche (ove configurabile) quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno, evitando per esso la necessità di instaurare un successivo e separato giudizio innanzi al giudice ordinario; ha chiarito, però, che il risarcimento del danno ingiusto non costituisce una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma esclusivamente uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello classico demolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.

In altre parole il legislatore ha inteso realizzare la unificazione della tutela avanti al giudice amministrativo, concentrando dinanzi allo stesso sia i poteri di annullamento dell’atto illegittimo che la tutela risarcitoria consequenziale alla pronuncia di legittimità dell’atto o provvedimento contro cui si ricorre (argomenta anche dal succitato art. 113 Cost.), prima riservata al giudice ordinario.

Ne deriva che la attrazione della tutela risarcitoria nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può verificarsi esclusivamente qualora il danno, patito dal soggetto che ha proceduto alla impugnazione dell’atto, sia conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) della illegittimità dell’atto impugnato;

pertanto, qualora si tratti di atto o provvedimento rispetto al quale l’interesse tutelabile è quello pretensivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo, perchè vittima di danno ricollegabile con nesso di causalità immediato e diretto al provvedimento impugnato, è colui che si è visto, a seguito di una fondata richiesta, ingiustamente negare o adottare con ritardo il provvedimento amministrativo richiesto;

qualora si tratti di atto o provvedimento amministrativo rispetto al quale l’interesse tutelabile si configura come oppositivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo è soltanto colui che è portatore dello interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio, che vengono direttamente pregiudicati dall’atto o provvedimento amministrativo contro il quale ha proposto ricorso. Soltanto in queste situazioni la tutela risarcitoria si pone come tutela consequenziale e comporta, quindi, la concentrazione della fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa e quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno, dinanzi all’unico giudice amministrativo. Tra gli atti rispetto ai quali è configurabile un interesse pretensivo rientra la concessione edilizia. Appare opportuno precisare che la concessione edilizia prevista dalla legge n. 10/77 in sostituzione della licenza edilizia, nonostante il nomen iuris, non è una concessione. La Corte Costituzionale nella sentenza 5/1980 ha chiarito che la concessione edilizia ha struttura e funzione di autorizzazione. In detta sentenza si afferma che il diritto di edificare inerisce alla proprietà dell’area da edificare (ius aedificandi), e che tale diritto, però, può essere esercitato solo entro i limiti, anche temporali, stabiliti dagli strumenti urbanistici; che sussistendo le condizioni richieste solo il proprietario o il titolare di altro diritto reale, che legittimi a costruire, può edificare, non essendo consentito dal sistema che altri possa, autoritativamente, essere a lui sostituito per la realizzazione dell’opera; che, quindi, la concessione a edificare non è attributiva di diritti nuovi, ma presuppone facoltà preesistenti, sicchè sotto questo profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella dell’antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle condizioni previste dall’ordinamento per l’esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo ne riconosce e tutela la consistenza.

Il proprietario del suolo o il titolare di altro diritto reale, che legittimi a costruire, hanno, quindi, un interesse pretensivo al rilascio della concessione edilizia; se il richiedente che si trova nelle condizioni previste dalla legge per il rilascio di detta li concessione, se la veda ingiustamente negare, può insorgere contro l’illegittimo provvedimento di diniego chiedendo al giudice amministrativo sia il controllo della legittimità dell’atto sia il conseguente risarcimento del danno. In questo caso è ammissibile la concentrazione di entrambe le tutele dinanzi allo stesso giudice, potendo l’avente diritto al rilascio della licenza invocare entrambe le tutele. Diversa è la situazione del proprietario o di altro titolare dello ius aedificandi che ottenuta la concessione edilizia ed iniziata l’attività di edificazione sul fondo facendo affidamento (incolpevole) sulla (apparente) legittimità dell’atto, venga successivamente privato del diritto ad edificare a seguito di annullamento di ufficio della concessione o di annullamento giurisdizionale della stessa su ricorso di un soggetto (in tal caso titolare di un interesse oppositivo), che assuma la intervenuta lesione di un suo diritto da parte del provvedimento impugnato.

In questo caso, intervenuto l’annullamento d’ufficio o giurisdizionale per la riscontrata illegittimità della concessione, il proprietario ed il titolare di altro diritto che lo legittima ad edificare, venendo giustamente privati del diritto ad edificare, non possono invocare, adducendo la perdita di tale facoltà, il risarcimento del danno. Sulla base di questa situazione non possono invocare nè la tutela demolitoria di un qualche atto (a meno che non si ritenga di impugnare il provvedimento di ufficio, che, una volta riconosciuto legittimo non consente più di invocare lo ius aedificandi quale fondamento di una ulteriore tutela) nè quella risarcitoria alla possibilità di quel tipo di tutela strettamente collegata. La legittima privazione del diritto ad edificare non autorizza nessuna delle due tutele e non consente, quindi, (non costituendo la tutela risarcitoria una autonoma ipotesi di giurisdizione esclusiva) che possa essere invocata dinanzi al giudice amministrativo la tutela risarcitoria.

Una volta intervenuto legittimamente l’annullamento della concessione edilizia può rilevare esclusivamente una diversa situazione, sulla quale fondare il risarcimento del danno.

Il titolare dello ius aedificandi, cui sia venuto meno tale diritto, a seguito di annullamento della concessione edilizia o d’ufficio o su ricorso di un altro soggetto, che sia insorto contro detto provvedimento (soggetto che, in quanto portatore di un interesse oppositivo all’annullamento dell’atto può chiedere dinanzi al medesimo giudice amministrativo sia la tutela demolitoria che la correlata tutela risarcitoria), una volta che sia stata definitivamente accertata la illegittimità della concessione, si trova privato dello ius aedificandi, senza che sussista un qualche altro provvedimento amministrativo contro il quale possa insorgere.

Si ha soltanto che il provvedimento che aveva concesso il diritto ad edificare e che, perchè illegittimo, legittimamente è stato posto nel nulla e che non rileva, quindi, più come provvedimento che rimuove un ostacolo all’esercizio di un diritto, continua a rilevare per il proprietario del fondo o il titolare di altro diritto, che lo abiliti a costruire sul fondo, esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando così, ex art. 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem laedere, imputabile alla pubblica amministrazione in virtù del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto con la sua apparente legittimità ingenerato nel suo destinatario l’incolpevole convincimento (avendo questo il diritto di fare affidamento sulla legittimità dell’atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell’azione amministrativa) di poter legittimamente procedere alla edificazione del fondo.

In mancanza di un atto impugnabile il proprietario o il titolare di altro diritto che lo abiliti a costruire sul fondo hanno la esclusiva possibilità di invocare un’unica tutela (che non essendo collegata alla impugnabilità di un atto non può essere attratta nell’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva, atteso che, appare opportuno ribadirlo, la autonoma tutela risarcitoria non costituisce una ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva): quella risarcitoria fondata sull’affidamento; viene in considerazione un danno che oggettivamente prescinde da valutazioni sull’esercizio del potere pubblico, fondandosi su doveri di comportamento il cui contenuto certamente non dipende dalla natura privatistica o pubblicistica del soggetto che ne è responsabile, atteso che anche la pubblica amministrazione, come qualsiasi privato, è tenuta a rispettare nell’esercizio della attività amministrativa principi generali di comportamento, quali la perizia, la prudenza, la diligenza, la correttezza. Di quanto si è osservato sin qui si può offrire questa sintesi.

In base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione.

La giurisdizione amministrativa è dunque ordinata ad apprestare tutela – cautelare, cognitoria ed esecutiva – contro l’agire della pubblica amministrazione, manifestazione di poteri pubblici, quale si è concretato nei confronti della parte, che in conseguenza del modo in cui il potere è stato esercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazione del proprio interesse sostanziale o la sua fruizione.

Dei poteri che al giudice amministrativo è stato dato di esercitare per la tutela degli interessi sacrificati dall’agire illegittimo della pubblica amministrazione, dal D.Lgs. n. 80 del 1998, in poi, ha iniziato a far parte anche il potere di condanna al risarcimento del danno, in forma di completamento o sostitutiva: risarcimento che è perciò volto a contribuire ad elidere le conseguenze di quell’esercizio del potere che si è risolto in sacrificio illegittimo dell’interesse sostanziale del destinatario dell’atto.

Casi, come quello in esame, non prospettano un’esigenza di tutela quale quella appena delineata.

La parte che agisce in giudizio non è stata destinataria di un provvedimento ablatorio, di un comportamento silenzioso mantenuto su una domanda di provvedimento favorevole o del diniego di un tale procedimento, atti o comportamenti di cui avrebbe potuto avere ragione di postulare l’illegittimità e sollecitare di tale illegittimità l’affermazione con l’ulteriore eventuale ristoro del danno che quella illegittimità gli avesse provocato.

Nel caso in esame, la parte ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia e ha iniziato a realizzare il manufatto oggetto della concessione.

Questa situazione di fatto non era tale da sollecitare alcuna esigenza di tutela contro un agire illegittimo della pubblica amministrazione.

L’esigenza di tutela – risarcitoria e solo di tale tipo – affiora in questo come in analoghi casi solo per l’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole e non richiede che per ottenere il risarcimento la parte domandi al giudice amministrativo un accertamento a proposito della illegittimità del comportamento tenuto dall’amministrazione, perchè questo accertamento essa ha invece interesse a contrastarlo nel giudizio di annullamento del provvedimento summenzionato da altri provocato e può solo subirlo.

La parte che invoca la tutela risarcitoria non postula dunque un esercizio illegittimo del potere, consumato in suo confronto con sacrificio del corrispondente interesse sostanziale, ma la colpa che connota un comportamento consistito per contro nella emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che hanno creato affidamento nella loro legittimità ed orientato una corrispondente successiva condotta pratica, poi dovuta arrestare.

La possibilità di questa sola e, quindi, autonoma tutela porta ad escludere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, invocata dalle controparti in applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, non solo, ma anche quella generale di legittimità, stante la consistenza di diritto soggettivo della situazione, nel caso di specie, fatta valere. Va dichiarata, pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario, compensando integralmente tra le parti, data la complessità della questione, le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011

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