Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6594 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9005/19 proposto da:

O.M., rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Petracci,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Macerata, via G.

Mameli n. 66;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona depositata il 19

dicembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/1/2020 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 3046/18, pubblicata il 19 dicembre 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione in tutte le sue forme, proposta da O.M., cittadino proveniente dalla (OMISSIS), il quale ha riferito di essere fuggito in quanto l’uccisione di un uomo da parte del padre, per dissapori legati alla proprietà di un terreno, aveva determinato la ritorsione dello zio e del figlio dell’uomo ucciso, i quali avevano a loro volta ucciso il padre e distrutto la casa familiare; di qui il timore che la vendetta ed il rischio di uccisione colpisse il richiedente e la sorella. La Corte territoriale ha ritenuto che il racconto narrato fosse fondato su episodi personali e poco verosimili e comunque non riconducibili alle ipotesi previste per il riconoscimento dello status di rifugiato, alla luce dell’ambito privato della vicenda.

Il giudice di appello ha del pari escluso il pericolo di un danno grave alla persona in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè la sussistenza, nell’area di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno, costituitosi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la mancanza assoluta di motivazione o la motivazione meramente apparente, avuto riguardo, in particolare, alla statuizione che ha ritenuto la insussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il motivo è infondato.

L’omessa motivazione implica la “mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, ovvero la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, mentre va esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “adeguatezza” della motivazione (Cass. 21257/2014).

Orbene, nel caso di specie, l’argomentazione della Corte territoriale consente di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione, avendo il giudice di appello escluso che sussistessero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in considerazione del fatto che la minaccia proveniva da soggetti privati e non risultava in alcun modo dimostrato che il richiedente avesse fatto ricorso alle autorità locali.

La Corte ha inoltre ritenuto, con valutazione di merito, che il racconto del richiedente non fosse credibile, in quanto risultava inverosimile che il richiedente fosse fuggito da solo, lasciando nel proprio paese la sorella, esposta alla ritorsione della famiglia dell’uomo ucciso dal padre. Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi e con esso il ricorrente deduce che la Corte territoriale non avrebbe considerato le circostanze narrate, dalle quali sarebbe emerso un contesto in cui era del tutto inverosimile che egli potesse trovare tutela.

Il motivo è inammissibile, poichè esso, nei termini in cui è formulato, non censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato taluni elementi emersi dall’istruttoria espletata.

Inoltre gli elementi indicati dal ricorrente appaiono tutti privi di decisività.

Il terzo motivo lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di svolgere alcuna attività di indagine, in ordine alle reali condizioni sociali e politiche del paese di origine del richiedente, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14.

Il motivo è fondato.

Ed invero, per quanto concerne la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990).

Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, nel ritenere del tutto infondato il timore rappresentato dal richiedente, ha omesso di indicare le fonti internazionali in forza delle quali ha effettuato tale accertamento, limitandosi apoditticamente ad affermare che non sono individuabili concreti elementi atti a far ritenere l’esistenza, nel paese di origine del richiedente, di un pericolo per la vita o per la persona, causato da violenza indiscriminata, in una situazione di conflitto armato.

Va infine dichiarata l’inammissibilità del quarto mezzo, che concerne la protezione umanitaria, in quanto con censura la ratio della pronuncia e pone questioni nuove in modo privo di autosufficienza, omettendo di allegare una specifica situazione di fragilità del richiedente.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo e secondo motivo, accoglie il terzo mezzo, respinge il quarto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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