Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6593 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9003-19 proposto da:

W.Z., rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Petracci,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Macerata, via G.

Mameli n. 66;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona depositata il 20

novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/1/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 2572/18, pubblicata il 20 novembre 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione in tutte le sue forme, proposta da W.Z., cittadino proveniente dal Pakistan, il quale ha riferito di aver abbandonato il proprio paese di origine in quanto, avendo aiutato suo cugino e la sua compagna a raggiungere l’ambasciata americana, da cui avevano raggiunto gli USA, aveva subito le minacce dai parenti della ragazza, i quali avevano ucciso anche lo zio e la cugina.

La Corte territoriale ha ritenuto che le circostanze narrate fossero carenti in relazione alle minacce riguardanti il richiedente ed il fratello, ed in ogni caso che non giustificassero la protezione, atteso che il richiedente non riferiva di alcuna persecuzione ai suoi danni.

Il giudice di appello ha pertanto escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato ed ha del pari escluso il pericolo di un danno grave alla persona in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè la sussistenza, nell’area di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

La Corte territorile ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno, costituitosi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la mancanza assoluta di motivazione o la motivazione meramente apparente, lamentando la mancanza assoluta di motivazione, in ordine alla statuizione che ha ritenuto la insussistenza delle condizioni della protezione internazionale.

Il motivo è infondato.

L’omessa motivazione implica la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, ovvero la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Cass. 21257/2014).

Nel caso di specie, l’argomentazione della Corte territoriale consente di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione, avendo il giudice di appello escluso che sussistessero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in considerazione del fatto che la minaccia proveniva da soggetti privati e non risultava in alcun modo dimostrato che il richiedente avesse fatto ricorso alle autorità locali.

La Corte ha inoltre ritenuto, con valutazione di merito, che il timore manifestato del richiedente fosse privo di gravità, in quanto unicamente fondato sul fatto che la famiglia della ragazza che aveva aiutato a fuggire appartenesse al partito al governo in Pakistan.

Il secondo, terzo e quarto motivo che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, denunciano nullità della sentenza e violazione di legge, in quanto la corte territoriale ha omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, vale a dire l’attentato subito da Z.W. e dal fratello, denunciato il (OMISSIS), e non ha adeguatamente accertato la situazione del Pakistan, avuto riguardo in particolare all’area di origine del richiedente, vale a dire il K., in relazione alla previsione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

I motivi sono fondati.

Ed invero, per quanto concerne la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. 26/04/2019, n. 11312).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, nel ritenere del tutto infondato il timore rappresentato dal richiedente, ha omesso di indicare le fonti internazionali in forza delle quali ha effettuato tale accertamento, omettendo, in particolare, di accertare se la sua specifica area di provenienza, vale a dire il K., fosse effettivamente immune da situazioni di violenza indiscriminata, limitandosi genericamente a dedurre che in Pakistan, nonostante l’elevato rischio di terrorismo, non emergerebbe una situazione di conflitto armato.

Ed invero il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del paese di origine, dovendo specificamente valutarsi la situazione della regione di provenienza del richiedente (Cass. 13088 del 2019; 18540 del 2019).

L’accoglimento dei motivi che precedono assorbe l’esame del quinto mezzo, che concerne la protezione umanitaria.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo motivo, accoglie il secondo, terzo e quarto mezzo, assorbito il quinto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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