Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6593 del 05/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6593 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 27277-2011 proposto da:
VOLPICELLI GIUSEPPE VLPGPP52B05D7900, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv. ANDREA
GALDIERI;
– ricorrente 2016
493

contro

DI LORENZO SALVATORE, DELL’AVERSANO TOMMASO;
– intimati

avverso la sentenza n.

2427/2011 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/06/2011;

Data pubblicazione: 05/04/2016

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito

l’Avvocato

Alessandro

Gioia

con

delega

depositata in udienza dell’Avv. Galdieri Andrea

l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

difensore del ricorrente che ha chiesto

I. Giuseppe Volpicelli conveniva in lite Salvatore Di Lorenzo,
che lo aveva incaricato di eseguire alcune opere di
ristrutturazione del proprio immobile in Frattaminore,
lamentando il mancato saldo del corrispettivo e domandando,
in via principale, la risoluzione del contratto ed, in subordine,
la condanna del committente all’esatto adempimento, oltre al
risarcimento del danno.
Il Di Lorenzo spiegava domanda riconvenzionale lamentando
presenza di gravi difetti per i quali chiedeva il risarcimento del
danno; formulava, inoltre, un’autonoma domanda risarcitoria
nei confronti del direttore dei lavori Tommaso Dell’Aversano,
che contestualmente chiamava in causa.
Il Tribunale adito respingeva la domanda di risoluzione ed
accoglieva quella di esatto adempimento, ritenendo sussistenti i
gravi difetti e il conseguente danno a carico del committente ed
accogliendo la riconvenzionale spiegata da quest’ultimo, con
compensazione dei crediti e conseguente condanna dell’attore

CONSIDERATO IN FATTO

al pagamento dell’importo di € 17.891,94.

controparti ed il Di Lorenzo proponeva appello incidentale
onde vedersi riconosciuto un più congruo risarcimento del
danno.
La Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame principale ed
accoglieva quello incidentale, rideterminando il credito del Di
Lorenzo in € 25.367,61.
La Corte distrettuale rilevava in particolare che i difetti
contestati dal committente- che riguardavano la copertura
coibentata dell’edificio e la relativa struttura portante, causando
copiose infiltrazioni nell’immobile- avevano carattere di
gravità; respingeva poi l’eccezione del Volpicelli volta a
sostenere che nell’esecuzione delle opere la committente
avesse assunto un ruolo così penetrante da degradare il suo
ruolo a quello di nudus minister.
Riteneva, infine, quanto al credito del Di Lorenzo, che Io stesso
andasse maggiorato delle spese per l’eliminazione delle
infiltrazioni, non riconosciute all’esito del primo giudizio.

2. Il Volpicelli appellava la sentenza; si costituivano le

3. Avverso tale decisione il Volpicelli ha proposto ricorso

Gli intimati non si sono costituiti.
RITENUTO IN DIRITTO
4. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione
dell’art. 1667 c.c., assumendo che la corte d’appello non
avrebbe debitamente considerato il fatto, emerso nel giudizio di
primo grado, che le anomalie costruttive dipendevano
direttamente dalle direttive del committente, difformi rispetto
al progetto, e delle quali egli aveva invano rappresentato la
manifesta inadeguatezza.
Il motivo è inammissibile per violazione del principio di
autosufficienza.
Infatti, pur se articolata con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.,
la doglianza si risolve in una contestazione attinente alla
motivazione, poiché il ricorrente sostiene che la corte di merito
non avrebbe affrontato l’argomento difensivo da lui proposto.
In tal senso, tuttavia, al di là di un generico riferimento alla
“circostanza ben provata, sia nel giudizio di primo grado che in

affidato a tre motivi.

grado di appello, che il committente ha voluto fortemente delle

indicato quali risultati= processuali- ed in particolare
istruttorie- dovevano essere tenute in considerazione per
condividere la tesi prospettata.
5. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione
dell’art. 1669 c.c. in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi
difetti.
Assume in particolare – con il richiamo ad un recente
precedente giurisprudenziale – che “le infiltrazioni d’acqua non
possono essere considerate gravi difetti”; e riconduce
l’anomalia riscontrata ad una non corrispondenza dell’opera al
progetto, tale da integrare una mera ipotesi di vizio ex art. 1667
c.c..
Il motivo è infondato.
In proposito, questa Corte ha più volte affermato che
l’accertamento relativo alla suscettibilità dei difetti riscontrati
in concreto a pregiudicare o meno la conservazione ed l
godimento della costruzione appaltata, ed a ricadere quindi

variazioni al suo progetto”, il ricorrente non ha neppure

rispettivamente nella previsione dell’art. 1669 od in quella

al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato (cfr. fra
le altre Cass. n. 12231/2002; Cass. n. 81/2000).
E la corte d’appello sul punto ha adeguatamente motivato il
proprio accertamento, con richiamo espresso al consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo cui i gravi difetti di
costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art.
1669 c.c. non si identificano solo con i fenomeni che
influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell’edificio,
ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur
riguardando direttamente una parte dell’opera, incida sulla
struttura e funzionalità globale, menomando in modo
apprezzabile il godimento dell’opera medesima, come ad
esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di
umidità per difetto di copertura dell’edificio (cfr. Cass. n.
21351/2005).
Tale ultima considerazione designa, altresì, l’infondatezza del
motivo.

dell’art. 1667 c.c., costituisce accertamento di merito sottratto

motivazione assumendo che la corte d’appello avrebbe “in
maniera apodittica affermato la responsabilità dell’appaltatore
sulla base di un’interpretazione degli elementi menzionati nella
consulenza d’ufficio, omettendo di considerare la
responsabilità di altri ed eventuali terzi nella realizzazione delle
opere difettose”; svolge poi varie considerazioni attinenti
all’operato del consulente nominato in sede di appello, cui
addebita di non essersi adoperato per verificare “l’esistenza di
un’ipotetica responsabilità di terzi cui non si fa cenno”.
Il motivo è inammissibile, in quanto per un verso formulato in
termini generici (il tema della possibile sussistenza di
responsabilità di terzi non è mai stato introdotto nella
controversia), e per altro verso neppure autonomamente
apprezzabile come censura tipica del ricorso per cassazione,
poiché non si sostanzia nella denunzia di un difetto di
motivazione ma nella mancata estensione dell’indagine peritale
sul tema dell’ipotetica responsabilità di terzi.

6. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia infine un vizio di

8. Va peraltro rilevato che alla pag. 7 del ricorso, a partire dal
sesto rigo, il ricorrente ha espresso, nei confronti del consulente
tecnico nominato nel giudizio di merito, valutazioni del
seguente tenore: “sin dal primo accesso, e continuando così
anche in sede di chiarimenti, sembra abbia agito più come
tecnico di parte che da terzo imparziale… il CTU e il suo
conseguente modus operandi hanno alterato quella che è la
realtà dei fatti dopo aver accettato l’incarico, prestando
giuramento di rito e cioè, ai sensi dell’art. 193 c.p.c.,
impegnandosi a bene e fedelmente adempiere all’incarico
affidatogli al fine di far conoscere al giudice la verità, è andato
oltre i poteri che gli sono attribuiti dalla legge, dal Giudice e
dallo specifico quesito… è opportuno e raccomandabile che
non vi sia adesione personale, faziosa ed acritica da parte del
CTU o come nel caso di specie egli faccia gli interessi esclusivi
di una parte a danno dell’altra.., sembra aver agito nella
complessa vicenda giudiziaria da tecnico di parte… si è calato

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

talmente nelle vesti di giudice al punto che ha confezionato,

originale, che non trova corrispondenza in nessuna delle
consuetudini di apprezzamento… il non aver assolto
fedelmente il proprio incarico ma l’aver fatto esclusivamente
gli interessi di una parte a danno dell’altra lo rende passibile
di formale querela di falso per ciò che afferma nella sua
relazione peritale”.
Di tali espressioni deve essere rilevato il carattere sconveniente
ed offensivo e perciò va disposta la cancellazione ai sensi
dell’art. 89, comma II, c.p.c..
Inoltre, conducendo le stesse all’affermazione di fatti di reato
procedibili d’ufficio, si rende necessaria la trasmissione degli
atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma,
nei termini di cui in dispositivo, per le determinazioni di
competenza.
P.Q.M.
La Corte

inventato, per così dire, un criterio di valutazione unico e

rigetta il ricorso , dispone —ai sensi dell’art. 89, co. 11 c.p.c.- la

pagina 7 al quinto di pagina 8, disponendo —altresì- che, a cura della
Cancelleria, venga trasmessa copia del ricorso per cassazione e copia
della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il tribunale
di Roma.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile
della Corte Suprema di Cassazione il 2 marzo 2016.

cancellazione della parte del ricorso a pagine 7 ed 8 dal secondo rigo di

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