Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6592 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16137/15 R.G., proposto da:

DIF DIAMONDS INTERNATIONAL FILM, in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del ricorso,

dall’avv.to Giuseppe Tinelli, presso il cui studio è elettivamente

domiciliata in Roma alla Via di Villa Severini n. 54.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7888/14/2014 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 23 dicembre 2014, non

notificata.

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella

Rosita nella camera di consiglio del 09 febbraio 2022.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La vicenda che origina il ricorso all’esame nasce dalle risultanze del processo verbale di constatazione, redatto in data 12 aprile 2012, dal quale emergeva l’utilizzo di alcune fatture da parte della società ricorrente (per brevità DIF) relative ad operazioni inesistenti; in particolare, la verifica appurò che le ditte emittenti i documenti fiscali (Telecine Edizioni s.r.l. e Spensar s.r.l.) erano cessate all’epoca delle operazioni imponibili fatturate e che un’altra delle società emittenti le fatture (Film Video Service s.r.l.), pur essendo esistente ed operante sul mercato, non aveva registrato nella propria contabilità i rapporti commerciali intrattenuti con la contribuente, né tantomeno aveva dichiarato fiscalmente le operazioni documentate dalle fatture emesse.

Sulla base di tale processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate emise avviso di accertamento, per l’anno d’imposta 2008, con il quale recuperava l’Iva esposta nelle fatture nonché i maggiori ricavi sulla base della percentuale di redditività del 10% desunta dalle dichiarazioni delle precedenti annualità, così recuperando a tassazione maggiore Irpef, Irap ed Iva per complessivi Euro 1.143.541,00.

2. La contribuente impugnava l’avviso di accertamento che veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.

3. Interposto appello dall’Agenzia delle entrate, veniva integralmente accolto dalla Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito, CTR) con la sentenza di cui in epigrafe. La decisione di accoglimento dei giudici di appello si fonda essenzialmente sul riparto dell’onere probatorio in materia di accertamento induttivo, ritenendosi che la società contribuente non avesse vinto la presunzione posta a favore dell’ufficio (“(…) in ordine alle fatture formalmente riconducibili alle società Spensar e Telecine Edizioni i funzionari verificatori hanno potuto evidenziare la sostanziale inoperatività dei soggetti emittenti (…)in ordine alle fatture con intestazione Film Video Servizi, i funzionari hanno potuto accertare l’assenza in contabilità di documenti emessi nei confronti della società appellata nonché di documentazione bancaria (…) il rappresentante legale della società si è sempre limitato ad affermare, in maniera generica e evasiva, l’avvenuto pagamento delle fatture contestate(…)”).

4. La società contribuente ha proposto ricorso in cassazione avverso tale sentenza, affidato a sei motivi. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con i primi cinque motivi la ricorrente società denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte della CTR di una serie di fatti, decisivi per il giudizio

ed oggetto di discussione tra le parti, riguardanti: 1) la documentazione, esibita già dal primo grado di giudizio, relativa alle fasi che hanno condotto alla realizzazione effettiva delle opere cinematografiche con le tre società cui l’accertamento ha ricondotto la fatturazione inesistente, documentazione indicata alle pagina 20 e 33 del ricorso in Cassazione, con specifica localizzazione delle difese e delle allegazioni documentali dei gradi di merito; 2) la documentazione esibita, già in primo grado ed allegata in appello, riguardante i pagamenti delle fatture e, quindi, gli assegni – con identificazione della data, del numero dell’importo nonché della banca emittente – utilizzati per pagare le prestazioni rese dai servizi di realizzazione delle opere cinematografiche di cui alla fatturazione ritenuta inesistente (v. pagg. 33-38 del ricorso); 3) l’indicazione del coinvolgimento, nell’emissione delle fatture relative alle operazioni contestate, di precisi soggetti ed in particolare del signor M.B., regista delle opere cinematografiche e soggetto incaricato ad occuparsi di selezionare e gestire con le ditte appaltatrici di lavori di realizzazione dei films con le quali erano stati stipulati contratti di Services e di cui alla corrispondenza intercorsa ed allegata alle difese di primo grado (v. ricorso pagg. 38-45, ove la ricorrente localizza le pagine 18, 37 e 38 del ricorso introduttivo, nonché la pag. 23 del ricorso in appello e trascrive le difese ivi svolte); 4) l’omesso esame dei fatti derivanti dalla archiviazione del procedimento penale instaurato nei confronti della società, di cui alle difese svolte nei gradi di merito come richiamate alle pagine 45-53 del ricorso in cassazione; 5) l’omesso esame delle circostanze addotte da essa contribuente circa l’inattendibilità della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio (10%) in quanto non riferibile al mercato cinematografico.

1.1. Con il sesto mezzo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, e art. 2697 c.c., dolendosi, con riguardo alla ricostruzione induttiva del reddito, dell’applicazione del criterio induttivo attraverso l’utilizzo di dati e notizie riferiti a periodi di imposta precedenti a quello in contestazione, nonostante le specifiche contestazioni avanzate dalla società contribuente (v. pagg. 57-60, del ricorso).

2. Premessa è indispensabile all’esame dei primi quattro motivi è che la decisività dei fatti di cui la ricorrente denuncia il mancato esame, va valutato in relazione al materiale indiziario complessivamente offerto, a discolpa, dalla contribuente per dimostrare l’effettività delle operazioni di cui alle fatture rinvenute in sede di verifica. Non partitamente, dunque, trattandosi di valutare se il libero convincimento del giudice si sia formato senza prendere in considerazione elementi indiziari che sarebbero potuti essere decisivi per un esito diverso della controversia.

2.1. Ed invero, è principio assolutamente pacifico di questa Corte, che il libero convincimento del giudice di merito, in tema di presunzioni, sia sindacabile nei (ristretti) limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, e cioè, per mancato esame di fatti storici, anche quando veicolati da elementi indiziari non esaminati e, dunque, non considerati dal giudice sebbene decisivi, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato (cfr., Sez. 1, 19/04/2021, n. 10253, che ha cassato la sentenza con la quale il giudice di merito, in un caso riguardante la responsabilità della banca per operazioni compiute dal proprio funzionario, aveva affermato di non poter trarre elementi di prova presuntiva dalle risultanze di un giudizio penale, pur mostrando di non averle in concreto esaminate). D’altro canto, i giudici di appello, fanno riferimento in modo complessivo e non analitico “ai dati dichiarati dalla contribuente” senza precisare quali di questi dati fosse carente del peso indiziario di cui all’art. 2729 c.c..

2.2. E’, altresì, principio pacifico (da Sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e 8054 a Cass. 12 /09/2019, n. 22808) che il fatto di cui sia stato omesso l’esame possa riguardare, oltre che un fatto principale, anche un fatto secondario e, quindi, le presunzioni semplici in quanto queste ultime, a loro volta, si fondano su di un ragionamento che investe un fatto secondario. Dunque, l’aver omesso di esaminare fatti secondari decisivi, in grado di fondare una presunzione semplice, può certamente dar luogo ad un vizio della sentenza, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), nella formulazione vigente a seguito delle modifiche di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv., con modif., in L. 7 agosto 2012, n. 134 (v. Sez. 3, 06/07/2018, n. 17720, che ha distinto le ipotesi in cui il giudice di merito, nella valutazione della prova indiziaria ex art. 2729 c.c., incorra nel vizio di violazione e falsa applicazione di norma di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) – i) l’ipotesi in cui il giudice di merito contraddica il disposto dell’art. 2729 c.c., comma 1, affermando che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti) che non siano gravi, precise e concordanti(10); ii) l’ipotesi in cui il giudice di merito fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 c.c., fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza; iii) l’ipotesi, opposta a quella sub ii) in cui espressamente, cioè motivando, il giudice di merito abbia ritenuto un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza da esso della conseguenza ignota, così rifiutandosi di sussumere sotto la norma dell’art. 2729 c.c., fatti che avrebbero avuto le caratteristiche per esservi sussunti e, quindi, incorrendo per tale ragione in una sua falsa applicazione – da quelle in cui il giudice di merito abbia omesso di considerare un fatto noto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto e, dunque, la mancanza di applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, allorquando il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo, deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, cioè come omesso esame di un fatto secondario, quello che avrebbe fondato la presunzione e lo è nei sensi e con i limiti sottesi a detto paradigma.

2.3. Nella specie, alla luce delle difese svolte dalla società contribuente nei giudizi di merito – debitamente localizzate in seno al ricorso – non v’e’ dubbio che i giudici di appello abbiano omesso di considerare una serie di fatti noti come giustificativi dell’inferenza di un fatto ignoto, omettendo di motivare alla luce degli elementi presuntivi (fatti secondari) addotti dalla parte per contrastare la pretesa dell’Ufficio. Consegue a tanto, l’accoglimento del primo motivo di ricorso, considerato che, con riguardo all’ipotesi di fatturazione inesistente, il ragionamento inferenziale non avrebbe potuto prescindere dagli elementi (secondari) addotti per provare l’effettività delle operazioni, indicati dalla contribuente in una serie di contratti, indicati in atti, volti a provare le varie fasi della produzione cinematografica con riguardo all’anno d’imposta in contestazione (sulla prova gravante sul contribuente in ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti v., ex multis, Sez. 5, 29/07/2021, n. 21733).

3. I motivi secondo, terzo e quarto sono assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo evidenziandosi che con riguardo alle fatturazioni con la Film Video Service s.r.l., la CTR ha dato peso a circostanze non decisive quali le modalità di pagamento delle fatture contestate e che, con riguardo al giudizio penale, la CTR, pur affermando, correttamente, di non poter trarre automaticamente elementi di prova presuntiva dalle risultanze di quel giudizio penale, non ha, poi, mostrato di averle in concreto esaminate.

4. Il quinto motivo è inammissibile perché non ha ad oggetto l’omesso esame di un fatto storico bensì la mancata valutazione delle deduzioni difensive della parte contribuente in ordine alla percentuale di ricarico applicata.

5. Il sesto motivo è infondato alla luce del pacifico orientamento di questa Corte (v., Sez. 5, 16/07/2020, n. 15167; id. Sez. 5, 29/07/2021, n. 21726), secondo cui trattandosi di accertamento induttivo puro, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. d), valgono le presunzioni cd. “supersemplici” anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, comportanti l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata induttivamente dall’Amministrazione. Peraltro, con l’adozione del criterio induttivo, “le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse”. (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 27330 del 29/12/2016).

6. La Commissione tributaria regionale ha fatto buon governo dei principi esposti là dove ha stabilito che “quanto alla misura della percentuale applicata a 10% deve riconoscersi che trattasi di un margine correttamente adeguato tenuto conto delle specifiche dinamiche e della realtà economica che interessano il mercato cinematografico” e che ciò sarebbe “avvalorato anche dal fatto che la DIF s.r.l. nel quadro RS del Modello Unico relativo al precedente anno d’imposta ha dichiarato (…) ricavi (…) per una percentuale di redditività per l’appunto pari al 10%”.

7. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto motivo; va dichiarato inammissibile il quinto motivo di ricorso e va rigettato il sesto motivo di ricorso. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame della controversia, alla luce dei principi sopra esposti, nonché provveda in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto motivo; dichiara inammissibile il quinto motivo di ricorso e rigetta il sesto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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