Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6592 del 14/03/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.14/03/2017),  n. 6592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18487-2012 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. DEPRETIS

86, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI NORI;

– ricorrente –

contro

S.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PINEROLO 22,

presso lo studio dell’avvocato ERNESTO PALATTA, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIORGIO ANDREUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1139/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO;

udito l’Avvocato IANNACCI Marco con delega depositata in udienza

dell’Avvocato CAVASOLA Pietro, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANDREUCCI Giorgio, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto di citazione notificato l’11 ottobre 1994 S.E. e B.M. convennero innanzi al tribunale di Forli C.G. e Z.M.A., per sentir dichiarare che il proprio fondo era libero dalla servitù di passaggio in favore del terreno di proprietà delle convenute.

Le convenute resistettero, deducendo la sussistenza della servitù, in quanto costituita per destinazione del padre di famiglia e comunque per essere stata acquistata per usucapione, in conseguenza del possesso pacifico ed indisturbato per oltre 20 anni.

Successivamente, a seguito del decesso di B.M. e S.E. da un lato, e di Z.M.A. dall’altro, il processo fu proseguito da S.F., quale erede universale di B.M. e S.E., e da C.G., anche in qualità di erede di B.M..

Il Tribunale di Forli, accolse la domanda di negatoria servitutis affermando che il fondo degli attori era libero da ogni servitù in favore del fondo della convenuta e la Corte d’Appello di Bologna con la sentenza n. 1139 del 22/4/2004 confermò integralmente la sentenza impugnata.

La Corte territoriale, in particolare, disattese l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado, quale conseguenza della nullità della riassunzione del processo interrotto, rilevando che il processo di primo grado si era in ogni caso svolto e la sentenza era stata pronunciata tra i soggetti aventi legittimazione attiva e passiva con piena integrazione del contraddittorio.

Nel merito, rilevava che sulla base delle risultanze istruttorie, sia testimoniali che desumibili dall’espletata Ctu, non era risultato nè che gli immobili appartenessero in origine al medesimo proprietario, nè lo stato di assoggettamento tra i beni medesimi, sulla base di opere visibili e permanenti.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.G., sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

S.F. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 303 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4) codice di rito, censurando la statuizione della Corte d’Appello che ha escluso la nullità della sentenza di primo grado.

Il motivo è inammissibile in quanto non censura la ratio della statuizione impugnata, secondo cui al processo di primo grado hanno in ogni caso partecipato tutti i soggetti aventi legittimazione attiva e passiva, senza che risulti allegato alcun concreto pregiudizio derivante dall’eventuale maturarsi di preclusioni di carattere processuale a carico di alcuna parte del giudizio.

Con il secondo motivo si denunzia la nullità della sentenza, per omesso rilievo della carenza dei presupposti necessari alla valida costituzione del rapporto processuale, in quanto la procura ad litem del procuratore di Floriana Soldati era stato apposto a margine del ricorso in riassunzione, a seguito dell’interruzione del processo.

Il motivo è infondato.

Ed invero, poichè l’elencazione contenuta nell’art. 83 c.p.c., comma 3, degli atti su cui può essere apposta la procura alle liti non ha carattere tassativo è valida la procura apposta sulla comparsa di riassunzione con cui un soggetto si sia costituito in giudizio subentrando, quale successore, alla parte deceduta nel corso dello stesso (nella specie, in primo grado). Essa assolve allo stesso scopo della procura conferita nell’atto introduttivo del giudizio, della cui natura e funzione l’atto di riassunzione partecipa, con conseguente configurabilità, in capo al difensore, del potere di autenticare la sottoscrizione ex art. 83 c.p.c. e detta procura, alla stregua quella conferita nell’atto introduttivo o in comparsa di risposta, ben può contemplare anche il secondo grado di giudizio, legittimando il procuratore a proporre il gravame o a resistere ad esso (Cass. 7277/1995).

La procura “ad litem” al difensore, rilasciata in primo grado, impiegando l’espressione “per il presente giudizio”, o altra equivalente, vale ad abilitare il difensore medesimo altresì alla proposizione dell’appello, senza necessità del conferimento di un’ulteriore delega, quando dal contesto dell’atto non risulti l’esistenza di elementi limitativi (Cass. 10813/2010).

Non risulta peraltro riportata, ai fini all’autosufficienza del ricorso, il contenuto della procura da cui possa desumersi che la stessa era limitata al solo grado di giudizio per il quale essa era stata rilasciata.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dall’esistenza di un viale, vale dire un’opera visibile della servitù di passaggio in favore del fondo della ricorrente.

Con il quarto motivo si denunzia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione alla statuizione secondo cui non risulterebbe dimostrata l’originaria unica proprietà su tutti i poderi per cui è causa.

I motivi, che, in virtù dell’intima connessione, vanno unitariamente esaminati, sono inammissibili, in quanto si risolvono in una mera rivalutazione dei fatti già oggetto del sindacato del giudice di merito.

La Corte ha infatti escluso, con valutazione di merito argomentata con logicità, completezza e coerenza, e fondata sull’ esame critico ed esaustivo di tutti gli elementi istruttori, che fosse stata raggiunta la prova della sussistenza dei presupposti per la costituzione della servitù del padre di famiglia, non potendo ritenersi provata nè l’originaria proprietà in capo allo stesso soggetto, nè la sussistenza di opere visibili destinate in modo univoco all’esercizio del passaggio ed attestanti dunque l’asservimento tra i fondi.

Non sussiste, dunque, il dedotto vizio di carenza motivazionale, configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento.

Nel caso, invece, in cui vi sia mera difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato degli elementi delibati dal giudice di merito, il motivo di ricorso si risolve, come nel caso di specie, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Ss.Uu. 24148/2013).

Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 2.700,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Cosi deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA