Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 659 del 15/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/01/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 15/01/2021), n.659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17924-2019 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, alla via

GIAMBATTISTA VICO n. 29, presso lo studio dell’avvocato MARIO

CHIBBARO, rappresentato e difeso dall’avvocato ATTILIO GAGLIANO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA … AGRIGENTO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 862/2018 della CORTE d’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle osserva quanto segue.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

T.A. impugna, con unico motivo di ricorso, la sentenza, n. 826 del 23/04/2018, della Corte di Appello di Palermo che ha confermato quella del Tribunale di Agrigento, negando il danno cd figurativo in favore del ricorrente, proprietario di un immobile che non aveva potuto locare per difetti di manutenzione imputabili al condominio nel quale l’immobile è ubicato (al piano interrato).

La Corte territoriale ha rigettato la domanda confermando il diniego di ingresso delle prove testimoniali.

Il Condominio di via E. è rimasto intimato.

La proposta del Consigliere relatore di definizione in sede camerale, non partecipata, è stata ritualmente comunicata alle parti. Parte ricorrente ha depositato memoria.

La questione afferente la ritualità della procura speciale è superata dall’indicazione di cui alla memoria difensiva e dal riscontro dell’effettiva produzione della detta procura speciale, nel fascicolo della parte per questa fase di legittimità.

L’unico motivo di ricorso censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 832,2043,2056 e 2729 c.c..

Il ricorso è fondato, in quanto il diniego della Corte territoriale all’ammissione delle prove testimoniali è basato su argomenti labili quali la mancata esatta indicazione dell’associazione sportiva offerente locataria, ma non incide sulla esaustività dell’articolazione della prova testimoniale da parte del T., che ha correttamente indicato, sin dal primo grado del giudizio, le generalità dei testi che intendeva fare escutere e sulla rilevanza della prova richiesta.

Il sindacato del giudice di merito si è spinto sino all’affermazione che anche a ritenere ammissibile la prova con i testi indicati, essa non avrebbe avuto ragionevoli probabilità di condurre all’accoglimento della domanda, a causa della inidoneità dell’immobile a consentire una qualsivoglia attività associativa e finanche ad essere destinato a parcheggio di autovetture.

L’affermazione della Corte territoriale, in breve, viene a concretizzarsi, con l’affermazione di esclusione della rilevanza della prova testimoniale calendata ritualmente dal T. sin dal primo atto difensivo, a negare all’attore, qui ricorrente, la stessa sussistenza del diritto al cosiddetto danno “figurativo”, e cioè al valore locativo del cespite usurpato, desunto in via equitativa e presuntiva dai canoni di contratti di locazione di immobili analoghi nella stessa zona (Cass. n. 14222 del 07/08/2012 Rv. 623541 – 01 e più di recente Cass. n. 16670 del 09/08/2016 Rv. 641485 – 01: “Nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario è “in re ipsa”, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene, la cui natura è normalmente fruttifera, e dalla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile, sicchè costituisce una presunzione “iuris tantum” e la liquidazione può essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cd. danno figurativo, quale il valore locativo del bene usurpato.”).

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.

La sentenza impugnata è, in conclusione, cassata e, essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa è rinviata alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, che nel deciderla si atterrà a quanto in questa sede rilevato e procederà alla regolazione delle spese di lite anche di questa fase del giudizio.

Conformemente al recente orientamento della giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 – 04: “II giudice dell’impugnazione non è tenuto a dare atto della non sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato quando il tipo di pronuncia non e inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (pronuncia di integrate rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione), dovendo invece rendere l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 quater, T. U.S. G., solo quando tali presupposti sussistono”), ricorrendo ipotesi di accoglimento del ricorso, non deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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