Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 659 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 12/01/2017, (ud. 29/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17739-2012 proposto da:

M.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE, 78, presso lo studio dell’avvocato COSTANTINO BUCCI,

rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO CASILLO, LUIGI

CASILLO;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO

COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

S.T. e S.P., quali eredi di S.G.,

S.L., S.I., rappresentati e difesi dall’avvocato

MICHELE GUIDI;

-resistenti –

e contro

S.A., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 3046/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

uditi gli Avvocati Luigi Casillo e Guidi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, il quale ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 4 dicembre 1967 S.R. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Latina i germani S.A., + ALTRI OMESSI

Ritenuta inizialmente la possibilità di definire il giudizio con pronuncia in camera di consiglio, veniva all’uopo fissata l’adunanza del 23 ottobre 2013, all’esito della quale, tuttavia, la Corte decideva, con ordinanza del 2 dicembre 2013, di rinviare la causa alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente M.I. denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., in relazione all’art. 2932 c.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3, per avere la Corte d’appello errato nel ritenere nuova, agli effetti dell’art. 345 c.p.c., la domanda di adempimento ex art. 2932 c.c., invece già inclusa tra le domande proposte in primo grado con l’atto di intervento.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 105 c.p.c., commi 1 e 2, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’appello omesso di ritenere che l’intervento spiegato dalla stessa M. fosse ad adiuvandum rispetto alle domande già proposte dall’originaria attrice, nella posizione della quale lei era, altresì, succeduta.

I due motivi, che per la loro connessione logica possono essere esaminati congiuntamente, risultano fondati, nei limiti di seguito precisati.

Si ha riguardo, per quanto si evince dall’esposizione sommaria dei fatti della causa e dalla narrativa fatta nell’impugnata sentenza, a causa vertente l’esercizio del diritto potestativo, spettante a S.G. (deceduto nel (OMISSIS)) e fatto valere dagli eredi dello stesso (secondo le regole generali riguardanti la successione del de cuius nei rapporti di carattere obbligatorio), di ottenere la stipulazione di un contratto traslativo definitivo, avente per oggetto le estensioni di terreno a lui concesse in proprio, con patto di futura vendita, dall’Opera Nazionale dei Combattenti (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 614 del 24/02/1969). Ed infatti, gli eredi a titolo universale, subentrando al defunto in tutti quei rapporti che, non essendo intuitu personae, sono capaci di sopravvivere alla morte dell’originario titolare, succedono anche nei rapporti regolati da un contratto preliminare e nel diritto potestativo, a questo inerente, di ottenere, a norma dell’art 2932 c.c., l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo della controparte di concludere il contratto.

Tale diritto alla stipula del contratto traslativo è stato azionato dapprima dall’erede S.R., con la citazione del 4 dicembre 1967. Quindi, nel 1982, interveniva nel processo M.I., quale erede testamentaria di D.P.G. (a sua volta erede dell’originaria convenuta S.M.), domandando di ordinare all’O.N.C. di “volturare direttamente agli attuali aventi diritto delle quote ereditarie” il podere n. (OMISSIS). M.I. risulta, peraltro, essere altresì erede (in quanto figlia) dell’attrice S.R..

Poichè la legittimazione ad agire per la stipula del contratto traslativo definitivo, avente per oggetto il fondo concesso a S.G. dall’Opera Nazionale dei Combattenti, spetta, come visto, a tutti gli eredi dello stesso, la costituzione di M.I., nell’indicata qualità, può sia qualificarsi come prosecuzione dell’originario rapporto processuale, stante la trasmissibilità di tale diritto; sia assumere valore ed efficacia di intervento autonomo, e non adesivo, rispetto alla domanda ex art. 2932 c.c. già formulata dall’originaria attrice S.R., avendo la coerede interveniente un proprio distinto interesse alla pronuncia traslativa, da cui deriverebbe la maggiore consistenza del patrimonio ereditario relitto (e, peraltro, conseguendo soltanto alla qualificazione in termini di interventrice autonoma, e non adesiva, altresì l’autonoma legittimazione all’impugnazione, non avendo la parte altrimenti adiuvata esercitato il proprio diritto al gravame: cfr. Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 24412 del 29/10/2013).

Va poi detto che l’art. 345 c.p.c., nella formulazione anteriore alla modifica apportata dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 52 qui operante ratione temporis, non consentiva l’introduzione in appello di fatti nuovi non dedotti in primo grado, laddove le nuove circostanze costituissero una modifica della pretesa nei suoi elementi naturali, integrante una vera e propria “mutatio libelli” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3936 del 20/02/2007; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17566 del 31/08/2005).

Avendo, allora, M.I. richiesto nelle conclusioni del suo atto di intervento di ordinare all’O.N.C. di “volturare direttamente” ed avendo nella premessa dello stesso atto fatto espresso riferimento al podere n. (OMISSIS), è evidente che la domanda di “voltura” implicasse una richiesta di intestazione del fondo direttamente a nome dei coeredi. E, alla stregua del recente insegnamento contenuto in Cass. Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015, seppur la domanda spiegata in sede di intervento supponesse il mero accertamento del già avvenuto effetto traslativo, mentre la domanda avanzata in appello era volta a conseguire il trasferimento della proprietà del podere ex art. 2932 c.c., è comunque da escludere la novità di tale ultima domanda, agli effetti dell’art. 345 c.p.c., risultando la stessa comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio con la citazione introduttiva e con la comparsa di intervento, e tale, perciò, da non determinare la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, nè l’allungamento dei tempi processuali.

La sentenza impugnata deve perciò essere cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma perchè la decida uniformandosi ai principi e tenendo conto dei rilievi innanzi enunciati. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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