Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6589 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5194-19 proposto da:

M.A. rappresentato e difeso dall’avv. Lara Petracci,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Porto

Sant’Elpidio, via Adige n. 113;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO elettivamente domiciliato in ROMA, via dei

Portoghesi,12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona depositata il 3

agosto 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/1/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 1605/18, pubblicata il 3 agosto 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione in tutte le sue forme, proposta da M.A., cittadino proveniente dal Niger, che ha riferito di aver abbandonato il proprio paese di origine in quanto non riusciva a trovare lavoro e si trovava in una situazione di mancanza di mezzi di sostentamento.

La Corte territoriale, in particolare, considerate le motivazioni addotte dal richiedente, ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il giudice di appello ha del pari escluso il pericolo di un danno grave alla persona in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè la sussistenza, nell’area di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente ed evidenziando, quanto ai dedotti problemi di salute che dai documenti prodotti non risultava che egli fosse affetto da una patologia di particolare gravità.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, in relazione al rigetto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il motivo è inammissibile per genericità.

La Corte territoriale ha confermato l’accertamento del primo giudice, secondo cui la zona di provenienza dell’immigrato (Niger) non risultava interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), posto che, sulla base dei report internazionali, si segnalavano unicamente problemi di criminalità comune e di povertà generale, ma non anche una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato.

Il ricorrente si limita peraltro a censurare, in via del tutto generica, l’accertamento della Corte territoriale, contrapponendo ad esso, una diversa valutazione della situazione di fatto, ma senza indicare le fonti e le informazioni idonee a contrastare l’accertamento del giudice di merito (Cass. 13858 del 31.5.2018) ed anzi facendo riferimento alla indicazione, del tutto generica, secondo cui, dai siti e rapporti di organizzazioni internazionali, il Niger era indicato come un paese estremamente pericoloso.

Il secondo motivo, denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè dell’art. 5, comma 6, artt. 19,35 e 36 censurando la statuizione della Corte territoriale che ha respinto la domanda di protezione umanitaria per aver omesso di effettuare il giudizio di comparazione tra condizioni soggettive del richiedente nel nostro paese e quelle in cui verrebbe a trovarsi nel suo paese di origine.

Il motivo è inammissibile per genericità, posto che il ricorrente non allega una ben determinata e specifica situazione di vulnerabilità, nè riferisce sul suo grado di integrazione nel nostro paese, limitandosi e lamentare la mancata effettuazione di una valutazione comparativa da parte del giudice di merito.

Anche in relazione alla protezione umanitaria, peraltro, l’attivazione da parte del giudice del dovere di cooperazione istruttoria presuppone l’allegazione, in capo al ricorrente, di una ben determinata situazione di “vulnerabilità”, che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 2.100,00 Euro, oltre a spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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