Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6588 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. I, 28/02/2022, (ud. 21/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – rel. Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 31908/2018 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avv. A. Fraternale, del

foro di Pesaro;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 13/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/01/2022 da ACIERNO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato in data 13/10/2018, ha respinto la richiesta del sig. S.M., originario del Gambia, a seguito di diniego da parte della Commissione territoriale competente del riconoscimento dello status di rifugiato D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8, nonché, in subordine, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. e, in ulteriore subordine, di quella umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6. A sostegno della decisione ha affermato: l’insussistenza delle condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio, con riguardo al timore fondato di un rischio personale di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o politico in caso di rientro nel Paese d’origine; l’insussistenza altresì dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo che il richiedente potesse essere sottoposto a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti né che potesse subire un grave danno alla propria integrità personale;

infine, la carenza delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non sussistendo da un lato situazioni di compromissione all’esercizio dei diritti umani nel Paese d’origine, e dall’altro situazioni di significativo inserimento sociale e culturale nel territorio italiano né di peculiare vulnerabilità all’esito di un eventuale rimpatrio.

2. Avverso il suddetto decreto il cittadino straniero ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno (che non ha svolto alcuna difesa) sulla base di un unico motivo. 3.Con ordinanza interlocutoria 5953/2020 la Prima Sezione civile ha ritenuto necessaria la trattazione in pubblica udienza in relazione ad una questione di particolare rilevanza: la possibilità che l’udienza di comparizione delle parti (da fissarsi necessariamente in mancanza della videoregistrazione dell’audizione del richiedente asilo avanti alla Commissione territoriale ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis) sia tenuta dinanzi ad un giudice onorario del Tribunale, non facente parte della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE, ai sensi del D.L. n. 13 del 2017, conv. con L. n. 46 del 2017.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con unico motivo di ricorso il cittadino straniero lamenta la nullità del decreto per vizio di costituzione del giudice, in violazione del D.L. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2 nonché dell’art. 276 c.p.c., essendo stato il provvedimento emesso da un organo collegiale (composto da giudici togati facenti parte della Sezione specializzata in materia di immigrazione) che non aveva partecipato all’unica udienza di comparizione delle parti, tenutasi davanti al G.O.T. Dott.ssa P.F. (non facente parte tra l’altro del collegio giudicante), il quale aveva all’esito concesso termine per note scritte e rimesso gli atti “avanti al Giudice tutelare”.

5. Occorre prioritariamente rilevare l’inammissibilità del ricorso in esame, in quanto risulta viziata la procura all’uopo conferita. D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “la procura alla liti per la proposizione del ricorso per Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale ex artt. 83 e 365 c.p.c., la posteriorità della data di rilascio rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, che deve essere opportunamente certificata e la cui carenza determina l’inammissibilità del ricorso. Il difensore tuttavia potrà anche certificare con un’unica sottoscrizione sia la data successiva alla comunicazione sia l’autenticità della firma del conferente (Sent. Cass. S.U. n. 15177/2021). Nel caso di specie, la procura speciale rilasciata al difensore in calce al ricorso su foglio congiunto indica solo la data di rilascio (25 ottobre 2018) successiva alla comunicazione del decreto del Tribunale di Ancona, ma non contiene alcuna certificazione, recando soltanto l’autenticazione della firma con la formula “per autentica”. Va aggiunto altresì che la Corte costituzionale, da ultimo, con Sent. n. 13/2022, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis comma 13, sesto periodo, sollevate con riferimento agli artt. 3,10,24 e 111 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, agli artt. 46,18 e 19 par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), nonché agli artt. 6, 13 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), sollevate dalla Corte di Cassazione, Terza Sezione civile, con l’ordinanza del 23/06/2021.

Il dedotto rilievo ha carattere assorbente e pertanto rende superfluo l’esame delle doglianze presentate.

Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile senza statuizione sulle spese processuali, in mancanza della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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