Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6588 del 14/03/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 16/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25591/2012 proposto da:

T.O. & FIGLI S.n.c., P.IVA (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CALABRIA 25, presso lo studio dell’avvocato SILVANA FAIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA BRINI;

– ricorrente –

contro

M.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 95, presso lo studio dell’avvocato SERGIO PICCAROZZI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GILBERTO GIUSTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1234/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato SERGIO PICCAROZZI, difensore della controricorrente,

che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

M.P. proponeva opposizione avverso il D.I. n. 3062 del 1997, del Pretore di Firenze, decreto con cui le veniva ingiunto -sulla base della fattura n. (OMISSIS), in atti – di pagare la somma di Lire 5.169.955, oltre interessi e spese in favore della T.O. & Figli s.n.c..

L’opponente svolgeva, altresì, domanda riconvenzionale per la condanna della detta società al pagamento della somma di Lire 25milioni per la difettosa esecuzione dei lavori relativi alla pavimentazione del suo appartamento.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2943/2005, rigettava l’opposizione.

Avverso la suddetta decisione, di cui chiedeva la riforma, la M. interponeva appello, resistito dall’appellata società, che instava per la conferma dell’impugnata sentenza.

L’adita Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1234/2011, accoglieva l’appello, revocava l’opposto D.I., condannava la M. al pagamento alla società appellata della somma di Euro 2.163,87, oltre interessi dalla domanda, a saldo della succitata fattura, nonchè la società medesima la pagamento in favore della M. ed a titolo di risarcimento danni della somma di Euro 15.800,00 a titolo di risarcimento danni oltre interessi, compensando integralmente le spese di lite del doppio grado di giudizio.

Per la cassazione delle suddetta decisione della Corte distrettuale ricorre la Società T. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito dall’intimata con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 2697 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il motivo si lamenta, in sostanza, che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ridotto l’importo da essa parte ricorrente richiesto e alla stessa dovuto per la fornitura di uno zoccolino di pavimentazione.

In particolare viene svolta doglianza in ordine alla mancata condanna al pagamento di importo asseritamente dovuto per la posa in opera di un pavimento in virtù di un autonomo contratto di appalto differente da quello in precedenza stipulato con il Condominio cui afferiva l’unità immobiliare della originaria opponente.

Il motivo non può essere accolto.

La Corte territoriale, nel decidere in punti la controversia per cui è causa, ha fatto buon governo dei principi normativi ed ermeneutici regolanti la fattispecie (nè la parte ricorrente ha, come doveva, enunciato il principio eventualmente violato con l’impugnata sentenza.

Alla opposta ditta appaltatrice, odierna ricorrente, peraltro, incombeva – alla stregua dei noti principi regolanti il contenuto del giudizio di opposizione a D.I. – la piena prova che la fornitura per cui si chiedeva il pagamento direttamente alla contro ricorrente proprietaria di singola unità abitativa era stata – per quantità del materiale fornito e per tipo di lavorazione effettuata – un qualcosa di ulteriore rispetto a quanto pattuito per analoghe prestazione con il Condominio cui afferiva la detta unità e già pagate dallo stesso.

La gravata decisione ha, peraltro, ritenuto non provata la suddetta decisiva circostanza (nè, in punto, la motivazione risulta censurata dal ricorso in esame).

In conclusione il motivo, in quanto non fondato, va respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare, dell’art. 1667 c.c., comma 2 e dell’art. 2697 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Viene dedotta l’erroneità della gravata decisione in quanto la Corte territoriale avrebbe accolto la domanda risarcitoria della opponente, nonostante che la stessa non avesse provato di aver tempestivamente contestato l’asserita presenza di vizi nelle opere effettuate.

Il motivo non può essere accolto.

La Corte, con congrue argomentazioni immuni da vizi logici censurabili (e neppure censurati dalla ricorrente) in questa sede, ha ritenuto la tempestività della denuncia svolta, a suo tempo, dalla contro ricorrente.

Più specificamente, ancora, la condivisa decisione – in punto – della Corte fiorentina è fondata sul fatto che la medesima denuncia era possibile fino al momento della definizione del previsto collaudo delle opere.

In ciò la Corte distrettuale stessa ha fatto buon governo del principio già affermato da questa Corte con la nota pronuncia resa con la sentenza n. 14584/2004 (nè parte ricorrente indicato altri differenti contrastanti principi giurisprudenziali o enunciato valide argomentazioni per dover mutare il suddetto orientamento).

In ogni caso, infine, l’impugnata sentenza ha dato anche conto delle risultanze del compendio delle prove testimoniali svolte, alla cui stregua andava ritenuta ritenuta tempestiva denuncia.

Il motivo, in quanto infondato, va, dunque, respinto.

3.- Il ricorso deve essere rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA