Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6587 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 16/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4335-2014 proposto da:

CHORUS CONSULTING S.r.l., p.iva (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE

SANCTIS MANGELLI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CHIARA ADELE CITTERIO;

– ricorrente –

contro

TECH MAHINDRA LIMITED (già SATYAM COMPUTER SERVICE LIMITED), p.iva

(OMISSIS), in persona del Procuratore e legale rappresentante pro

tempore Signor S.K., elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO TRIESTE 37, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA

FERRARA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GRETEL ELISABETTA MALMSHEIMER e MARIALAURA BONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2630/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato SIMONETTA DE SANCTIS MANGELLI difensore della

ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato FEDERICO MARIA FERRARA, difensore della

controricorrente, che ha chiesto l’inammissibilità, in subordine il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

La Chorus Consulting s.r.l. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la società Satyam Computer Service Ltd, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti a titolo di responsabilità precontrattuale ed al pagamento della somma di Euro 13.500, oltre interessi, a titolo di spese sostenute senza aver potuto partecipare ad una gara d’appalto indetta dalla società Sogei s.p.a. nell’anno 2006.

Si costituiva la Satyam, negando il fondamento in fatto ed in diritto della domanda e chiedendone rigetto.

Il Tribunale, sulla base della documentazione agli atti, rigettava la domanda attrice, ritenendo giustificato il recesso della Satyam dalle trattative.

La Chorus proponeva appello avverso tale sentenza,chiedendone la riforma, in quanto la decisione del Giudice di prime cure sarebbe stata conseguente a una superficiale valutazione dei fatti di causa e carente di motivazione. In particolare, deduceva che il rigetto delle istanze istruttorie le aveva precluso di dimostrare la fondatezza delle proprie domande.

Si costituiva l’appellata, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza dell’11.6.2013, ha rigettato l’appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) la tesi sostenuta dalla parte attrice in primo grado al fine di ottenere la condanna della società indiana al risarcimento degli asseriti danni, per essere la stessa illegittimamente receduta dalle trattative in essere tra le parti e finalizzate alla partecipazione, sotto forma di associazione temporanea d’imprese, ad una gara indetta dalla Sogei, erano risultate non riscontrate probatoriamente, alla luce della consistente documentazione versata in atti, in particolare dalla parte convenuta;

2) il comportamento della Chorus era stato sicuramente frettoloso e sommario nel fornire le delucidazioni necessarie alla società straniera circa i dettagli e le condizioni della partecipazione alla gara (in particolare, gran parte della documentazione, data la contrazione dei tempi per conseguire l’ammissione, era stata inviata in italiano, senza traduzione in inglese) ed anche nell’assunzione di arbitrarie iniziative al fine di aggiudicarsi l’esito del concorso;

3) solo dopo il 10 febbraio 2006, in seguito all’esplicitazione del contenuto degli atti negoziali e dei suoi allegati, la società indiana aveva avuto modo di comprendere, tra l’altro, che tra gli impegni assunti risultava quello della corresponsione di una cauzione per Euro 70.000, oltre al fatto che il contratto richiedeva l’approvazione di alcune clausole, relative alle penali e alla limitazione di responsabilità per danni, che la Satyam riteneva contrarie alla propria politica aziendale;

4) inoltre, la appellante, in forma del tutto arbitraria e senza richiedere l’approvazione della Satyam, aveva provveduto ad un’indicazione nell’offerta di gara di tariffe diverse da quelle concordate, con percentuale di riduzione in misura inaccettabile per la Satyam e con una indicazione di compartecipazione della società indiana alle attività di supporto tecnico ed architettonico nella misura del 90%;

5) di fronte alla richiesta della Satyam di rinegoziare con la stazione appaltante la modifica di alcune delle condizioni del contratto, come quelle relative alle penali e alle limitazioni di responsabilità per danni, la Chorus, nel timore di essere esclusa dalla gara ed alla luce della immodificabilità delle condizioni, si era rifiutata di attivarsi;

6) queste specifiche limitazioni negoziali erano risultate nella disponibilità conoscitiva della Satyam solo successivamente alla traduzione degli atti in italiano e dell’incontro tra i due amministratori delle società coinvolte;

7) il recesso della Satyam e la sua decisione di non procedere ulteriormente nella gara apparivano, pertanto, del tutto legittime e giustificate in riferimento al comportamento tenuto dalla controparte e alla rilevante mancanza di trasparenza su punti essenziali dei rapporti che avrebbero dovuto legare le due società e degli impegni da queste assunte nei confronti della Sogei;

8) non appariva poi riscontrata probatoriamente la tesi di parte appellante secondo la quale la società indiana aveva preteso che fosse solo la Chorus a rilasciare la cauzione di Euro 70.000, laddove emergeva dai documenti prodotti che la richiesta era nel senso di una contribuzione a carico della Chorus per la metà dell’importo su indicato;

9) la decisione del giudice di prime cure di disattendere le istanze istruttorie era giustificata, in quanto i mezzi probatori erano stati articolati in forma generica ovvero su circostanze ininfluenti, e, soprattutto, alla luce del fatto che i dettagli della gara e delle trattative sviluppatesi tra le parti risultavano offerti da ampia documentazione versata in atti.

Per la cassazione della sentenza della Corte distrettuale ha proposto ricorso la Chorus Consulting s.r.l., sulla base di tre motivi.

La Tech Mahindra Limited (già Satyam Computer Services Limited) ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’avverso ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Deve esaminarsi preliminarmente la sollevata eccezione di inammissibilità del ricorso, per asserita violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3).

La stessa è destituita di fondamento.

Invero, per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, non è necessario che la stessa costituisca parte a sè stante del ricorso, ma è sufficiente che risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi (Sez. U, Sentenza n. 11308 del 22/05/2014; conf. Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014).

Nel caso di specie, la ricostruzione dell’iter procedimentale che ha connotato la presente controversia è facilmente desumibile da una lettura combinata della pagina del ricorso all’uopo dedicata e dei motivi di gravame.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la corte d’appello considerato che l’art. 1337 c.c. implica il dovere di non recedere dalle trattative senza giusta causa, quando queste siano giunte ad un tale stadio da creare affidamento nella conclusione del futuro contratto e che, in realtà, la Satyam aveva operato il recesso per sottrarsi all’obbligo di rilasciare la garanzia fideiussoria richiesta da Sogei per l’importo di Euro 70.000,00, pretendendo dalla Chorus una contribuzione nella misura del 50%, nonostante all’interno del R.T.I. fosse la capogruppo nella percentuale del 90%.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La vicenda di causa si riferisce ad una serie di trattative relative alla costituzione di un R.T.I. tra la ricorrente e la Satyam, società indiana specializzata nella progettazione e nello sviluppo di sistemi e prodotti software, al fine della partecipazione ad una gara indetta dalla Sogei s.p.a. nell’anno 2006, appalto di notevole interesse economico, atteso l’ammontare determinato in Euro 2.880.000.

La Chorus contesta l’illegittimità del recesso operato dalla controparte, operato in una fase avanzata delle trattative e nonostante, a suo dire, la società indiana si trovasse nelle condizioni idonee per poter valutare la fattibilità e la convenienza dell’accordo stipulato.

Orbene, in terna di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016).

Nel caso di specie, la ricorrente, per quanto invochi la violazione dell’art. 1337 c.c., a ben vedere, sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie o, comunque, denuncia una motivazione inadeguata resa dalla corte di merito.

Va altresì ricordato che la responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta, posta dall’art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua (Sez. 3, Sentenza n. 16735 del 29/07/2011).

Da ultimo, i presupposti della responsabilità precontrattuale, ai sensi dell’art. 1337 c.c., quali lo stadio avanzato delle trattative, il ragionevole affidamento suscitato nella conclusione del contratto, l’assenza di una giusta causa di recesso e quindi la violazione degli obblighi di buona fede, concretano altrettanti accertamenti di fatto, demandati all’esclusiva competenza del giudice di merito, incensurabili in cassazione se adeguatamente motivati (Sez. 3, Sentenza n. 1632 del 14/02/2000; conf. Sez. L, Sentenza n. 11438 del 18/06/2004 e, di recente, Sez. 2, Sentenza n. 7545 del 15/04/2016).

In ogni caso, l’iter motivazionale della sentenza in ordine alla sussistenza del giustificato motivo (o della giusta causa) del recesso è congruo dal punto di vista logico-formale e corretto sul piano giuridico.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la “errata applicazione della legge” (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per non aver la corte territoriale valutato i documenti di partecipazione alla prima fase della gara (compilati, sottoscritti ed inviati da entrambe le parti), il prospetto informativo del bando, la missiva di ammissione alla seconda fase del bando ed il copioso scambio di e-mail tra le parti, dai quali avrebbe, a suo dire, desunto la consapevolezza, in capo alla Satyam, del ruolo che avrebbe dovuto ricoprire nell’affare e delle relative condizioni, ed ammesso la prova per testi articolata, dalla quale sarebbe emerso “il reale svolgimento dei fatti”.

2.1. Il motivo è per più ragioni inammissibile. In primo luogo, non indica, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), la norma di diritto su cui si fonda, denunciando una apodittica “errata applicazione della legge”, tra l’altro in contrasto con il richiamo operato all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In secondo luogo, in violazione del principio di specificità, omette di trascrivere i documenti che si assumono non valutati dalla corte di merito ed i capitoli di prova sui quali i testimoni sarebbero stati chiamati a rispondere; ciò vieppiù se si considera che la corte territoriale ha espressamente condiviso la decisione del giudice di prime cure di disattendere le istanze istruttorie, reputandola giustificata sulla base dell’articolazione generica dei mezzi probatori e del fatto che avessero ad oggetto circostanze ininfluenti, e, soprattutto, che i dettagli della gara e delle trattative sviluppatesi tra le parti risultassero offerti da ampia documentazione versata in atti.

In terzo luogo, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; deve ritenersi, in particolare, inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge o l’omissione di esame nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata e di assolvere, così, il compito istituzionale di verificare il fondamento della suddetta violazione (Sez. 3, Sentenza n. 13066 del 05/06/2007; conf. Sez. 3, Sentenza n. 15604 del 12/07/2007).

3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della condanna alla refusione delle spese di lite, per aver la gravata pronuncia, a suo dire, “completamente errato nella applicazione delle disposizioni di legge, disattendendo completamente la disposizione speciale applicabile alla specie”.

3.1. Il motivo è palesemente inammissibile, in quanto la ricorrente, da un lato, omette di indicare quale sarebbe la “disposizione di legge” che la corte locale avrebbe omesso di applicare e, dall’altro, non ha neppure contestato il principio della soccombenza richiamato dalla stessa per giustificare la condanna alle spese.

4. In definitiva, il ricorso non è meritevole di accoglimento. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello tesso art. 13, comma 1 bis.

La presente sentenza è stata redatta sulla base della relazione predisposta dall’assistente di studio Dott. P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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