Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6586 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5165-19 proposto da:

S.O. rappresentato e difeso dall’avv. Lara Petracci,

elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Porto

Sant’Elpidio, via Adige n. 113;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO:

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona depositata il 16

agosto 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/1/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 1763/18, pubblicata il 16 agosto 2018, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione in tutte le sue forme, proposta da S.O., cittadino proveniente dalla Nigeria, che ha riferito di aver abbandonato il paese di origine temendo per la sua incolumità dopo aver perso i genitori ed i figli in un attentato ad (OMISSIS).

La Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto scarsamente credibile il racconto del richiedente ed ha posto in evidenza che la sua famiglia, seppure rimasta coinvolta nell’attentato, non era l’obiettivo degli attentatori.

Il giudice di appello ha del pari escluso il pericolo di un danno grave alla persona in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè la sussistenza, nell’area di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi il richiedente asilo.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione al giudizio di non credibilità del richiedente.

Il motivo è inammissibile per difetto di decisività, in quanto non censura l’autonoma ratio della pronuncia di rigetto della protezione sussidiaria, costituita dal fatto che l’attentato in cui avevano perso la vita i genitori ed i figli non era mirato contro il richiedente asilo e la sua famiglia ed era dunque al di fuori della previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

In ogni caso, la censura afferente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta assolutamente generica e di conseguenza priva di decisività fermo restando che l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere del richiedente di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a).

Il secondo motivo denuncia violazione di legge, per carente valutazione del presupposto per la concessione della protezione sussidiaria ed umanitaria, e con esso il ricorrente censura la statuizione con la quale la Corte territoriale ha confermato la valutazione del primo giudice, secondo cui in Nigeria non era ravvisabile una tale intensità e diffusione del conflitto armato da determinare una situazione di pericolo per il solo fatto di rientro nel paese di origine.

Il motivo è inammissibile per diversi profili.

Il ricorrente non ha infatti censurato l’autonoma ratio decidendi della pronuncia impugnata, che, oltre a confermare la valutazione del primo giudice, di carenza del presupposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ha rilevato che l’appello era del tutto generico e privo di specifici riferimenti alla situazione del paese di origine.

Si osserva al riguardo che, come già evidenziato con riferimento al motivo precedente, l’attenuazione del principio dispositivo in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca non già sul versante dell’allegazione, nè su quello della necessaria specificità dei motivi di appello di cui all’art. 342 c.p.c., ma esclusivamente su quello della prova, dovendo, anzi, l’allegazione essere adeguatamente circostanziata, cosicchè solo quando siano stati specificamente allegati i fatti costitutivi del diritto del richiedente o, nel giudizio di appello, contestate specificamente le statuizioni della sentenza impugnata, sorge il potere-dovere del giudice di accertare, anche d’ufficio, se, ed in quali limiti, nel paese straniero di origine del richiedente si registrino fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda.

Sotto altro profilo la censura è inammissibile per genericità.

Il ricorrente si limita infatti a censurare, in via del tutto generica, l’accertamento della Corte territoriale, che ha confermato la valutazione del tribunale ed ha conseguentemente escluso la situazione di violenza generalizzata e conflitto armato diffuso richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

A fronte di tale accertamento, il ricorrente ha del tutto omesso di indicare le fonti e le informazioni idonee ad evidenziare una situazione del paese di origine del richiedente caratterizzata da un tale grado di violenza indiscriminata da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).

Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 5, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 19,35 e 36, censurando la statuizione della Corte territoriale che ha respinto la domanda di protezione umanitaria per aver omesso di effettuare il giudizio di comparazione tra condizioni soggettive del richiedente nel nostro paese e quelle in cui verrebbe a trovarsi nel suo paese di origine.

Il motivo è inammissibile per genericità.

Premesso che, anche con riferimento alla protezione umanitaria l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente medesimo, in quanto solo la sua credibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018), il mezzo è del tutto generico e non contiene l’allegazione della concreta situazione di fragilità del richiedente, che va, al contrario specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, nè del suo livello di integrazione nel nostro paese, fondato sulla deduzione di concreti elementi.

Il ricorso va dunque respinto e considerato che il Ministero non ha svolto attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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