Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6585 del 14/03/2017
Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 16/12/2016, dep.14/03/2017), n. 6585
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24109-2012 proposto da:
T.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE PARIOLI 63 int. 6, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
FOTI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.E.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 17, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO SANTUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE
SANZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2713/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 07/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito l’Avvocato DAMIANO COMITO, con delega orale dell’avvocato
GIOVANNI FOTI difensore del ricorrente, che si riporta agli atti
depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
CONSIDERATO IN FATTO
T.F. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Sondrio B.G.. Esponeva in citazione di aver formulato al convenuto proposta di acquisto di un immobile in (OMISSIS) per la somma di Euro 80mila con versamento della somma di Euro 4mila a titolo di caparra confirmatoria, proposta di seguito modificata con aumento della somma complessiva dovuta ed offerta in Euro 81mila.
L’attore, deducendo – quindi – che non si era perfezionato il contratto chiedeva la condanna del convenuto alla restituzione della somma di Euro 4mila.
Il convenuto, deducendo che – con l’accettazione della proposta si era invece, perfezionato il contratto – instava per il rigetto dell’avversa domanda.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 43/2010, rigettava la domanda.
Il T., chiedendo la riforma della suddetta decisione, interponeva appello, resistito dal B. che instava per la conferma dell’impugnata sentenza.
L’adita Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 27131/2011, rigettava l’appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese del giudizio.
Per la cassazione della suddetta decisione della Corte distrettuale ricorre il T. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso dell’intimato.
Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memorie entrambe le parti in causa.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
1.- Con un primo complesso e promiscuo ordine di motivi parte ricorrente denuncia, nell’ordine:
a) la “violazione e falsa applicazione dei principi generali e delle norme in materia di conclusione del contratto ex art. 1326 c.c. e di revoca della proposta di acquisto ex art. 1328 c.c.”.
b) la “violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme in materia di assunzione delle prove testimoniali in tema di capacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c.e di prova scritta richiesta ad substantiam”.
c) la “illogicità ed insufficienza della motivazione (nonchè) travisamento del fatto”.
Il motivo, così come formulato, non può essere accolto.
Lo stesso è inidoneo poichè formula promiscuamente plurime censure senza enunciare specificamente quale principio sarebbe stato violato con l’impugnata decisione, nè le precise carenze motivazionali della stessa in ordine ad un preciso fatto.
La formulazione del ricorso, quindi, imporrebbe a questa Corte, prima del decidere, l’improprio compito di dover essa individuare una questione.
Va ribadito, al riguardo, il principio che questa Corte ha già avuto modo di enunciare per cui “difetta, pertanto, di specificità dei motivi il ricorso in cui, pur denunciando violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con un’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina – per cui il motivo è inammissibile perchè non consente alla Corte di Cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunciata violazione” (Cass. n. 10475/2001 e Cass. 1317/2004).
Il motivo è, quindi, inammissibile.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme in materia di caparra confirmatoria ex artt. 1385 c.c. e di vendita di bene parzialmente altrui ex art. 1480 c.c.”.
Il motivo, sorretto da una concisa esposizione, è assolutamente generico e difetta del necessario requisito di specificità.
Più specificamente va osservato che col ricorso non viene, nella sostanza, contestata con fondatezza nessuna delle ragioni del decidere del decidere correttamente evidenziate dalla sentenza impugnata.
Quest’ ultima, facendo corretta applicazione dei principi normativi ed ermeneutici applicabili, ha evidenziato come proprio ai sensi dell’art. 1478 c.c. il contratto inter partes era perfettamente valido stante l’obbligo del venditore di procurarne l’acquisto al compratore.
Per di più neppure poteva esservi dubbio sulla conclusione del medesimo contratto in quanto la formulata proposta di acquisto era già stata formalmente accettata dal B. il 21 marzo 2007 ed incassato l’assegno consegnatogli a titolo di caparra come riconosciuto, secondo quanto espressamente affermato nella gravata decisione, dallo stesso T..
Il motivo, in quanto infondato, va dunque respinto.
3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va rigettato.
4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.
PQM
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017