Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6580 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 05/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13175-2012 proposto da:

C.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE

MEDAGLIE D’ORO 72, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CIUFO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente e c/ricorrente all’incidentale –

contro

R.J., (OMISSIS), I.P. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato

DAVIDE TAGLIAFERRI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO

DI BIASE;

– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4262/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato CLAUDIO CIUFO, difensore del ricorrente, che ha

chiesto di riportarsi alle difese in atti;

udito l’Avvocato GIANCARLO DI BIASE, difensore di controricorrenti e

ricorrenti incidentali, che ha chiesto il rigetto e

l’inammissibilità del ricorso principale e si è riportato agli

atti difensivi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’inammissibilità del primo e

del secondo motivo e per il rigetto dei restanti motivi del ricorso

principale e per il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.A. con atto di citazione del 17 febbraio 2006 proponeva appello avverso la sentenza n. 509 del 2005 con la quale il Tribunale di Latina aveva trasferito ai sensi dell’art. 2932 c.c. in favore di R.J. e I.P. la proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), subordinatamente allo svincolo della somma di Euro 78.000,00 depositata presso la Banca Popolare di Fondi, in libretto di risparmio ordinario. L’appellante lamentava: 1) la nullità della sentenza per omessa trascrizione delle conclusioni; 2) l’omessa pronuncia su eccezioni pregiudizievoli sollevate da C.; 3) il difetto di motivazione sulla natura del termine; 4) l’omessa motivazione sull’eccepita carenza di legittimazione attiva degli attori in proprio; 5) l’inadeguatezza del prezzo; 6) l’omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale del convenuto.

L’appellante chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza del Tribunale e l’accoglimento della sua domanda originaria di risoluzione del contratto preliminare di vendita.

Si costituiva R.J. chiedendo l’estromissione, con surroga, di I.P. nonchè il rigetto dell’appello, proponeva anche appello incidentale per sentire determinare la somma da corrispondere per l’acquisto del cespite in conformità alla scrittura del 30 settembre 1988 in luogo del maggiore importo indicato in sentenza.

Successivamente, si costituiva I.P. chiedendo la propria estromissione con surroga di R.J..

La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 4262 del 2011, accoglieva l’appello ed, in riforma della sentenza, dichiarava inammissibile la domanda degli appellanti; rigettava l’appello incidentale di R.J., rigettava la domanda di risarcimento del danno avanzata da C. ai sensi dell’art. 96 c.p.c., compensava interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio. Secondo la Corte di Appello di Roma, posto che il pagamento del saldo prezzo della compravendita maggiorato dagli interessi, a partire dal terzo mese dalla stipula del preliminare, sarebbe dovuto avvenire prima dell’atto pubblico e posto che tale pagamento non era stato effettuato, l’azione ex art. 2932 c.c. era inammissibile. Andava disattesa anche la domanda di risoluzione avanzata, in via riconvenzionale, da C. perchè non poteva ravvisarsi la gravità dell’inadempimento, posto che gli appellati avevano, manifestato la seria intenzione di voler corrispondere quanto dovuto e, comunque, buona parte del prezzo era stata già corrisposta.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C. con ricorso affidato a dieci motivi. R.J. e I.P. hanno resistito con controricorso, proponendo, a loro volta, appello incidentale affidato ad un motivo. C. ha resistito al ricorso incidentale con controricorso. In prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A.= Ricorso principale.

1.= Con il primo motivo del ricorso principale C. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, artt. 156 e 161 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 stesso codice, per errata pronuncia in relazione al capo della sentenza di appello attinente le censure mosse nell’atto di appello circa l’omessa trascrizione nell’epigrafe della sentenza di primo grado dell’eccezione preliminare sollevata dal convenuto C. con riferimento al totale mancato esame e pronunzia su di esse.

Secondo il ricorrente la Corte distrettuale non avrebbe pronunziato per intero sui motivi ed in particolare sulla dedotta omessa trascrizione delle conclusioni e dell’omessa motivazione circa le pregiudiziali del C. da parte del giudice di prime cure. In particolare chiarisce il ricorrente: 1) la Corte distrettuale avrebbe ritenuto che la sentenza del Tribunale di Latina non avesse omesso la pronuncia sulla equivocità della domanda dei sigg. R. ed I., ritenendo che il Tribunale, comunque, aveva individuato l’azione proposta qualificandola quale azione costitutiva. Epperò, l’equivocità della domanda degli attori, che, comunque, esisteva, aveva creato un vulnus alla difesa del C. che avrebbe giustificato la nullità della citazione; 2) La Corte distrettuale avrebbe disatteso l’eccezione di inammissibilità della nuova domanda volta al trasferimento dell’immobile a favore della società di fatto Dentale Formiana (i cui soci erano gli stessi promissari acquirenti), posto che il Tribunale, avendo trasferito il bene di che trattasi, ai sigg. R. ed I., non necessariamente avrebbe dovuto provvedere a dichiarare la inammissibilità della domanda di trasferimento a favore della società di fatto, per novità. Epperò la sentenza di primo grado andava cassata o, comunque, corretta nella motivazione.

1.1.= Il motivo è infondato. Infatti, la Corte distrettuale ha adeguatamente chiarito che la sentenza di primo grado, contrariamente a quanto sosteneva l’attuale ricorrente, non aveva omesso la pronuncia nè in merito all’eccezione di domanda giudiziale equivoca nè in merito all’eccezione di novità della domanda avanzata da R. ed I. di trasferimento, a favore della società di fatto Dentale Formiana, dell’immobile oggetto del giudizio, perchè: a) la presunta equivocità della domanda era stata disattesa dal primo giudice laddove questi nell’esercizio della sua facoltà aveva qualificato la domanda giudiziale come azione costitutiva ex art. 2932 c.c.e b) non avendo il Tribunale disposto il trasferimento in favore della società di fatto non vi era alcuna necessità di motivare sulla novità ed inammissibilità della relativa domanda. Sono queste, affermazioni della Corte distrettuale che integrano gli estremi di una valutazione di merito e/o di una interpretazione della sentenza di primo grado che non presentando vizi logici e/o giuridici non è soggetta ad un sindacato di legittimità. D’altra parte, ininfluente è la generica osservazione del ricorrente secondo cui le valutazioni della Corte distrettuale, appena richiamate, sarebbero erronee, perchè (la Corte distrettuale) non avrebbe potuto non prendere atto dell’omessa pronuncia sulle eccezioni di cui si dice e, soprattutto, non avrebbe potuto eludere le doglianze di C., attribuendo alla sentenza di primo grado un significato che non poteva avere, ed essenzialmente perchè non coglie l’effettivo ragionamento, implicito ed esplicito, della Corte distrettuale.

1.1.a) Infondato è l’ulteriore profilo del motivo in esame relativo al rigetto disposto dalla Corte distrettuale in ordine all’eccezione di omessa enunciazione in epigrafe della sentenza, delle conclusioni delle parti. La mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, perchè siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attività del giudice, nel senso di averne comportato o un’omissione di pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati dalle parti medesime, circostanze queste che, come già si è detto sono stato escluse dalla Corte distrettuale con la sentenza impugnata.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di cui agli artt. 84, 183, 184 e 306 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 sul capo della sentenza concernente il punto b) delle conclusioni di appello sopra descritte. Secondo il ricorrente il difensore di R. ed I. nel verbale di causa del 29 giugno 1993 avrebbe rinunciato alle originarie domande e tale rinuncia sarebbe stata accettata da C., contestualmente R. ed I. avrebbe formulato una domanda nuova di trasferimento del bene a favore della società di fatto Dentale Formiana, e, tuttavia, la Corte distrettuale senza alcuna spiegazione ha ritenuto che la rinunzia di cui si dice non vi sarebbe stata e non avrebbe neppure rilevato che la domanda di trasferimento alla società Dentale Formiana era una domanda nuova e, dunque inammissibile. Avrebbe errato la Corte di Appello, anche, per non aver rilevato che la domanda originaria era stata riproposta ma solo dopo essere stata rinunciata e per non aver rilevato, comunque, che la domanda riproposta sarebbe stata una domanda nuova e dunque inammissibile.

2.1.= Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, posto che le eccezioni relative alla pretesa rinunzia, di R. ed I., dell’originaria domanda e dell’inammissibilità della nuova domanda di cui al verbale di udienza del 29 giugno 1993, avanzate in sede di Appello, sono state esaminate dalla Corte distrettuale e sono state rigettate, con motivazione adeguata e sia pure sintetica, sufficiente a giustificare la relativa decisione. Infatti la Corte distrettuale ha avuto modo di specificare che “(…) non avendo il Tribunale disposto il trasferimento in favore della s.d.f. (ma avendo pronunciato in base alla domanda della citazione introduttiva, mai rinunziata come si evince dalle conclusioni del 7 ottobre 2003) non vi era alcuna necessità di motivare sulla novità e inammissibilità della relativa domanda (…)”.

3.= Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di cui agli artt. 84, 183, 184 e 306 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 sul capo della sentenza concernente l’ammissibilità delle domande nuove proposte in appello da R. ed I.. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe errato nel non aver dichiarato inammissibili le domande svolte in appello da R. ed I., in quanto esse sono nuove rispetto a tutte le domande formulate in prime cure e, per quanto occorra, non è stato accettato il contraddittorio su di esse. La Corte distrettuale avrebbe giudicato sul merito di tali domande violando le norme invocate nel titolo del motivo.

3.1.= Il motivo è inammissibile non solo: a) per mancanza di specificità posto che il ricorrente non indica esattamente quali fossero le domande nuove proposte in appello, assegnando, alla Corte, il compito di individuarle, confrontando le conclusioni formulate nel primo giudizio e quelle formulate in appello, b) perchè non indica se la dichiarazione di inammissibilità delle domande avrebbe comportato, al di là di ogni ragionevole dubbio, una decisione diversa da quella adottata dalla Corte distrettuale, ragionata sulla infondatezza delle stesse domande, c) ma anche e/o soprattutto, per mancanza di interesse visto che l’appello di R. ed I. è stato rigettato.

4.= il ricorrente denuncia ancora:

a) Con il quarto motivo omessa o, in subordine, insufficiente, motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per essere sostanzialmente omessa o almeno del tutto insufficiente la motivazione concernente un punto decisivo della controversia, dedotto in causa dall’appellante, che avrebbe dovuto condurre a diversa decisione. In particolare, omessa considerazione dell’anticipato possesso dell’immobile de quo da parte di R. ed I..

Il ricorrente ritiene la Corte distrettuale sarebbe caduta in contraddizione laddove da un verso ha accertato il mancato pagamento del prezzo e per altro ha negato la gravità dell’inadempimento. E di più, sempre secondo il ricorrente, la Corte avrebbe omesso di valutare la circostanza pacifica tra le parti della mancata restituzione al C. dell’immobile nonostante fosse trascorso il termine di cui al contratto preliminare.

b) Con il quinto motivo, omessa o, in subordine, insufficiente, motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per essere sostanzialmente omessa o almeno del tutto insufficiente la motivazione concernente un punto decisivo della controversia dedotto in causa dall’appellante che avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, in particolare: omessa considerazione dell’incapienza della somma, informalmente offerta, e dell’ammontare degli interessi. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, nel valutare la gravità dell’inadempimento, non avrebbe tenuto conto che l’offerta di pagamento, ancorchè informale, non comprendeva i successivi diciannove anni di interessi a tasso contrattuale e nemmeno gli interessi corrispettivi, comunque, spettanti al promittente venditore in ragione della concessione dell’anticipato possesso.

c) Con il sesto motivo, contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per essere contraddittoria o in subordine del tutto insufficiente la motivazione concernente un punto decisivo ella controversia dedotto in causa dall’appellante che avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, in particolare: economia complessiva del rapporto. Il ricorrente ritiene che la motivazione con la quale la Corte distrettuale avrebbe ritenuto non grave l’inadempimento dei promissari acquirenti fosse anche illogica per quanto abbia indicato quale criterio l’economia del rapporto, senza tener conto che il C. non avrebbe goduto dell’immobile per ventidue anni e avrebbe ricevuto una somma a tutto concedere di Lire 72. 800.000.

d) Con il settimo motivo, omessa o, in subordine, insufficiente, motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per essere sostanzialmente omessa o almeno del tutto insufficiente la motivazione concernente un punto decisivo ella controversia dedotto in causa dall’appellante che avrebbe dovuto condurre a diversa decisione, in particolare: esistenza rapporto locativo. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che le somme corrisposte dalla società di fatto Dentale Formiana sarebbero state percepite da C. quale acconto prezzo e non, come sosterebbe il promittente venditore, a titolo di canone locativo, considerato che è stata data prova di un immediato rifiuto da parte di C. di ricevere i pagamenti effettuati dalla società Dentale Formiana, mediante vaglia postale quando veniva indicata quale acconto prezzo promessa di vendita.

e) Con l’ottavo motivo, Violazione e falsa applicazione di norme di legge di cui agli artt. 1455, 1460 e 2932 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sul punto relativo alla qualificazione dell’inadempimento come di scarsa importanza. Il ricorrente ritiene che la Corte distrettuale nel valutare la gravità dell’inadempimento non avrebbe tenuto conto, ai sensi dell’art. 1455 c.c., dell’interesse dell’altra parte all’esatto e tempestivo adempimento. In particolare la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto: a) da un verso che a C. non era stato attribuito alcun inadempimento, neppure, quello del rifiuto dell’offerta formale della somma ritenuto, dai promissari acquirenti, dovuta a titolo di saldo del residuo prezzo dell’immobile compravenduto; b) per altro, che i promissari acquirenti si erano resi inadempimenti di corrispondere, prima dell’atto pubblico, il residuo prezzo dell’immobile compravenduto, inadempimento di per sè capace di comportare la risoluzione contrattuale avuto riguardo all’eccezione ex art. 1460 c.c.. Alla luce di queste osservazioni, risulterebbe, sempre secondo il ricorrente, illogica la valutazione comparativa compiuta dalla Corte distrettuale tra i riconosciuti inesistenti inadempimenti del promittente venditore e gli inadempimenti perduranti molteplici e non emendabili dei promissari acquirenti di obbligazioni primarie ed essenziali del contratto leggittimatrici in re ipsa della richiesta risoluzione.

4.1. = I motivi dal quarto all’ottavo, che, per la loro innegabile connessione, riguardando tutte – o direttamente o indirettamente, per gli effetti riflessi e conseguenti – la questione (sia pure sotto profili diversi) di accertare se, nell’ipotesi l’inadempimento dei promissari acquirenti fosse grave, sono infondati, per una stessa ragione.

E’ consolidato principio di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. n. 6401 del 30/03/2015) quello secondo cui la valutazione della gravità dell’inadempimento contrattuale è rimessa all’esame del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici e giuridici. Nella specie, il giudice di merito, con apprezzamento di fatto, incensurabile in questa sede in quanto adeguatamente motivato, ha evidenziato che tenuto conto dell’economia complessiva del rapporto e del contegno delle parti non poteva ravvisarsi la gravità dell’inadempimento dei promissari acquirenti, posto che il termine non era essenziale che parte del prezzo era stato già corrisposto e che per il saldo residuo, gli appellati avevano, comunque, manifestato una seria disponibilità al pagamento sia pure con modalità non idonee. Trattasi, come è evidente, di accertamenti in fatto congrui e logicamente motivati, sicchè risultano incensurabili in questa sede. Senza dire che dalla sentenza emerge che la Corte distrettuale, nel determinare se l’inadempimento dei promissari acquirenti fosse grave, ha tenuto conto, anche, di tutti quegli elementi e circostanze, soggettive ed oggettive, considerato pure l’interesse del promittente venditore, che sono evidenziati dal ricorrente con i motivi in esame, singolarmente e cumulativamente, posto che la Corte distrettuale ha affermato che il suo ragionamento teneva conto dell’economia complessiva del rapporto nel quale non può che essere ricompreso anche l’interesse del promittente venditore ad un esatto adempimento e del contegno delle parti, nel quale non può che essere ricompreso il comportamento dei promissari acquirenti.

4.1.a) Specificamente, poi, la Corte distrettuale, con propria valutazione di merito, non sindacabile nel giudizio di cassazione, dato che non presenta alcun vizio logico e/o giuridico, ha chiarito che, le somme, che secondo C. sarebbero state ricevute a titolo di canone locativo, integravano gli estremi di versamenti a conto prezzo. Infatti, come specifica la Corte distrettuale “(….) sebbene il C. abbia dedotto l’esistenza di un rapporto locativo con la s.d.f. Dentale Formiana e sostenuto che alcune somme sarebbero state da lui percepite a titolo di canone locativo, e non già quale acconto prezzo, tuttavia non vi è prova alcuna dell’esistenza di detto (contestato) rapporto di locazione. Invero non è stato prodotto alcun contratto locativo, ma risulta essersi formato un giudicato sul punto a seguito di diverse azioni giudiziarie, nè l’esistenza della locazione può desumersi presuntivamente. E poi è appena il caso di sottolineare che l’ordinamento prevede e consente l’adempimento del terzo (art. 1180 c.c.) (….)”.

5.= Con il nono motivo il ricorrente lamenta Violazione e falsa applicazione di norme di legge di cui agli artt. 1455 e 1180 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sul punto relativo al preteso pagamento del terzo. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel considerare che le prestazioni effettuate dalla società di fatto Dentale Formiana integrassero gli estremi di un adempimento del terzo, ai sensi dell’art. 1180 c.c. da intendere come acconto prezzo concordato dalle parti per la compravendita dell’immobile oggetto del giudizio, perchè, come ha avuto modo di dichiarare la parte promissaria acquirente, la società Dentale Formiana aveva effettuato i versamenti di cui si dice non nella qualità di terzo, ma nella veste di effettiva destinataria dell’acquisto dell’immobile.

5.1. = Il motivo è infondato, non solo perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giuridici, ma, soprattutto perchè, nel caso in cui si dovesse ritenere che i versamenti, di cui si dice, fossero effettuati dalla società di fatto, e non da Dentale Formiana, in proprio, come vorrebbe il ricorrente, andrebbe tenuto conto che, non avendo la società di fatto personalità giuridica, essa si identificherebbe con i soci e, pertanto, quel pagamento sarebbe, come se fosse stato effettuato direttamente dai soci. Sicchè, anche accogliendo la prospettiva del ricorrente la diversa valutazione non avrebbe comportato una decisione diversa rispetto a quella adottata.

6.= Con il decimo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 o, sotto altro profilo, violazione di legge, art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al capo afferente il danno da trascrizione. Il ricorrente ritiene che la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciare circa il danno subito a cagione della trascrizione della citazione. Tale danno deriverebbe dalla dichiarata inammissibilità dell’azione ex art. 2932 c.c. in conseguenza del mancato pagamento del prezzo.

6.1. = Il motivo è infondato perchè, considerato che la Corte distrettuale, con statuizione che non è stata censurata, ha rigettato la richiesta di cancellazione della trascrizione (per la ragione assorbente che non era stata prodotta idonea documentazione dalla quale desumere il numero delle formalità), implicitamente ha rigettato anche la domanda di risarcimento del danno proprio, perchè inesistente il presupposto per il diritto al risarcimento, ovvero, un atto illecito produttivo di danno.

B. = Ricorso incidentale.

7.= Con l’unico motivo del ricorso incidentale i sigg. R. e I. lamentano violazione e falsa applicazione di norme di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in particolare, violazione e falsa applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362, 1363, 1364, 1365 e 1367 c.c. conseguente erronea violazione dell’art. 2932 c.c. violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 assoluto difetto di motivazione. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe errato nell’aver ritenuto inammissibile l’azione ex art. 2932 c.c., non avendo i promissari acquirenti corrisposto il prezzo dell’immobile oggetto della controversia prima della data di stipula del contratto definitivo perchè avrebbe proceduto immotivatamente ad una interpretazione errata della clausola contrattuale di cui all’art. 4 del contratto preliminare, senza alcun inserimento di essa nel più ampio contesto negoziale.

In particolare, secondo il ricorrente la clausola di cui si dice, prevedendo sia l’ipotesi che il pagamento del saldo del prezzo avvenisse entro due mesi dalla stipula del preliminare, senza interessi compensativi, ma anche l’ipotesi di un pagamento del saldo del prezzo entro il quarto mese dalla data di stipula del rogito con gli interessi compensativi, sarebbe ragionevole ritenere che le parti avessero previsto la possibilità contrattuale di procedere al saldo del prezzo contestualmente alla stipula notarile con l’aggiunta degli interessi compensativi. In quest’ultimo caso, non sarebbe stato necessario procedere prima dell’introduzione del giudizio per il trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. al saldo con offerta formale.

7.1. = Il motivo è infondato.

Infatti, nel caso in esame il giudice territoriale, con motivazione esaustiva e convincente, e anche, in questo caso, esente da vizi logico-giuridici, ha ritenuto, correttamente, che l’espressione di cui all’art. 4 del contratto preliminare, secondo cui il pagamento del saldo prezzo di Euro 96.500,00 maggiorato dagli interessi convenzionali maturati dall’inizio del terzo mese successivo al preliminare, doveva avvenire prima dell’atto pubblico (ovvero dalla domanda giudiziale diretta ad ottenere una sentenza costitutiva che tenesse luogo del contratto non concluso), integrasse una condizione per la stipula del contratto definitivo e, dunque, una condizione di ammissibilità dell’azione ex art. 2932 c.c.. Sicchè considerato che la parte ricorrente si limita – in concreto – ad opporre, alla interpretazione del contratto inter partes data dai giudici del merito la propria soggettiva lettura di quello stesso contratto,è evidente che il motivo non può trovare accoglimento.

Va in proposito osservato come costituisca principio di diritto del tutto consolidato presso questa Corte di legittimità quello secondo il quale, con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati appunto a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul (mancato) rispetto dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 c.c. e segg., e sulla (in) coerenza e (il) logicità della motivazione addotta (così, tra le tante, funditus, Cass. n. 2074/2002): l’indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione (vizi entrambi impredicabili, con riguardo alla sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati.

In definitiva, vanno rigettati entrambi i ricorsi (principale ed incidentale). La reciproca soccombenza è ragione sufficiente per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi (principale ed incidentale), compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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