Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6580 del 09/03/2020
Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6580
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 33001/2018 proposto da:
N.E.H.C., elettivamente domiciliato in Roma presso la
cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Maria Bassan giusta procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento
Prot.ne Int.le Verona, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei
Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2378/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 29/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/01/2020 dal Cons. Dott. Marco Marulli;
udito l’Avvocato Marilena Cardone che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
De Renzis Luisa.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. E.H.C.N., cittadino senegalese, ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato l’impugnata decisione di primo grado nel capo in cui questa ha, tra l’altro, reiterato la reiezione, già decretata dalla Commissione territoriale, dell’istanza del ricorrente intesa al riconoscimento della protezione umanitaria.
Il mezzo proposto si vale di due motivi di ricorso, ai quali ha replicato l’Amministrazione convenuta con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso – mercè il quale il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, poichè nel denegare l’accesso alla misura della protezione umanitaria il giudicante avrebbe omesso di valutare la situazione interna del paese di provenienza (Senegal) – è inammissibile per difetto di conferenza con il decisum.
3. Premesso, infatti, che la Corte d’Appello ha respinto il gravame sul punto sulla considerazione che nella vicenda esposta “non sono stati neppure allegati elementi tali da integrare gravi motivi di carattere umanitario per la concessione della misura della protezione umanitaria”, va qui ribadito il convincimento, più volte espresso da questa Corte, che “il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, che è misura atipica e residuale, deve essere frutto di valutazione autonoma caso per caso, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario considerare la specificità della condizione personale di particolare vulnerabilità del richiedente, da valutarsi anche in relazione alla sua situazione psicofisica attuale ed al contesto culturale e sociale di riferimento” (Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 13088). Esso si fonda, perciò su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass., Sez. I, 12/11/2018, n. 28990) e postula una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, non potendosi tipizzare – almeno nel vigore del diritto antevigente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, art. 1, comma 1, applicabile alla specie secondo le SS.UU (Cass., Sez. U, 13/11/2019, n. 29459) – le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, proprio perchè copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (Cass., Sez. I, 15/05/2019, n. 13079). Come si è del resto precisato la temuta violazione dei diritti umani “deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto,generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6, che nel predisporre uno strumento duttile quale il permesso umanitario, demanda al giudice la verifica della sussistenza dei “seri motivi” attraverso un esame concreto ed effettivo di tutte le peculiarità rilevanti del singolo caso, quali, ad esempio, le ragioni che indussero lo straniero ad abbandonare il proprio Paese e le circostanze di vita che, anche in ragione della sua storia personale, egli si troverebbe a dover affrontare nel medesimo Paese” (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione).
Ne discende perciò che la mera rappresentazione di una condizione di instabilità interna del paese di provenienza, su cui si intrattiene il motivo senza allegare quali specifiche situazioni soggettive in rapporto alla situazione attuale del ricorrente risulterebbero compromesse in caso di rimpatrio, declina un tema estraneo alle ragioni della decisione, astenendosi dall’interloquire con esse in modo pertintente e dallo svolgere pertanto una censura appropriata ai fini della sua cassazione.
4. Il secondo motivo di ricorso – mercè il quale il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in punto di inclusione sociale, nonchè l’omessa valutazione della documentazione prodotta – è del pari affetto da pregiudiziale inammissibilità, noto essendo il principio, mutuato alla stregua del vigente disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che ha espunto dal perimetro di attuale censurabilità dell’errore motivazionale il vizio di omessa motivazione, che ove il fatto decisivo – vale a dire nella specie la sussistenza di seri motivi idonei a fondare il riconoscimento della misura – sia stato esaminato, non è fonte di vizio cassatorio l’omesso esame di elementi istruttori (Cass., Sez. U, 7/04/2014, n. 8053).
5. Il ricorso va dichiarato quindi inammissibile.
Le spese seguono alla soccombenza.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2200,00 oltre spese prenotate a debito.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I sezione civile, il 9 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020