Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 658 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 658 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 3239-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

EUROTRADE SRL GIA’ EURO TRADE ITALY SRL;
– intimato –

avverso la sentenza n. 120/2009 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 10/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 15/01/2014

udienza del 25/11/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Oggetto della controversia innanzi a questa Corte è l’applicazione del c.d.regime del margine che
la società Morini Motors s.r.l. con sede in Castel Maggiore ha ritenuto di applicare rispetto ad
alcuni acquisti di autovetture usate realizzate da fornitori tedeschi nell’anno 2000 per le quali
l’Agenzia delle Entrate di Bologna, non ritenendo applicabile il sistema IVA regolato dal D.L.
n.41191 ha disposto, sulla base di un p.v.c. del 28.1.2002, per quel che qui rileva, la ripresa a

2. La società contribuente ha proposto ricorso innanzi alla CTP di Bologna che lo rigettava con
sentenza che la CTR dell’Emilia Romagna, su appello della contribuente, con sentenza n.120,
depositata il 10 dicembre 2009, riformava.
2.1 Secondo il giudice di appello, non potendo dubitarsi circa l’esistenza di due dei requisiti
normativamente previsti per fruire del regime c.d. del margine- cessione dopo sei mesi dalla prima
immatricolazione di veicolo usato che ha percorso più di seimila chilometri – risultava controversa
la sussistenza del terzo requisito, rappresentato dal fatto che il venditore non avesse potuto
esercitare il diritto a detrazione o avesse applicato a sua volta il regime del margine.
2.2 Rispetto a tale questione la CTR riteneva che la tesi del ricorrente in ordine all’esistenza di tale
parametro, documentata da apposite dichiarazioni firmate dai cedenti ed allegate agli atti, era stata
avallata dal Tribunale di Bologna il quale, decidendo i medesimi fatti, aveva acclarato
l’insussistenza del carattere delittuoso dei medesimi, non recando la documentazione in possesso del
contribuente abrasioni o cancellature o altre correzioni, come era stato confermato dalla polizia
giudiziaria.
2.3 Aggiungeva che anche la Ctr, esaminando la documentazione allegata, era giunta alla medesima
conclusione di attendibilità della documentazione allegata. Ragion per cui la contribuente aveva
assolto l’onere probatorio, sia dal punto di vista oggettivo che da quello soggettivo, sulla stessa
incombente alla stregua dell’art.36 ss. d.l.n.331191. Evidenziava, ancora, che le dichiarazioni dei
fornitori esteri che contrastavano con quanto sostenuto dalla contribuente e raccolte dall’Agenzia
non erano state compiutamente verificate, non essendosi nemmeno a conoscenza del modo in cui
erano state raccolte.
2.4 Precisava, inoltre, che nel processo tributario non erano ammesse prove testimoniali, facendo
prova solo quelle documentali che la contribuente aveva fornito in modo sufficiente, sia in ricorso
che in appello.
3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato quattro motivi, al quale la
società contribuente, tempestivamente evocata in questa non ha fatto seguire alcuna difesa scritta.
MOTIVI DELLA DECISIONE

tassazione di IVA, accessori e sanzioni.

4. Con il primo motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.36 d.l.n.41195
conv. nella l .n.85/1995 e modificato dal d.l.n.415/1995, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
4.1 Lamenta che la CTR, omettendo di considerare il materiale probatorio prodotto nel corso del
giudizio, aveva tralasciato di considerare che gli acquisti operati dalla società contribuente
provenivano da forniture tedesche non imponibili, classificabili come cessioni intracomunitarie,
essendo ciò emerso dagli accertamenti operati dall’autorità fiscale tedesca. Tale dato obiettivo

normativa indicata nella rubrica della censura.
5. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto il vizio di insufficiente o contraddittoria
motivazione in ordine ai fatti decisivi e controversi per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1
n.5 c.p.c. Lamenta che la motivazione addotta a sostegno della decisione era sotto più profili
illogica.
5.1 Ed infatti, la CTR aveva ritenuto rilevante l’assenza di abrasioni o cancellature sui documenti in
possesso della cessionaria impugnata, senza considerare che proprio il tribunale penale aveva
evidenziato:a) la difformità esistente fra la documentazione in possesso della contribuente
cessionaria e quella acquisita dalle autorità fiscali tedesche che avevano attestato la natura di
cessioni intracomunitarie delle vendite;b) la circostanza che la Signora Chirollo aveva dichiarato
che i prestampati sui quali risultava la conferma del regime del margine in possesso della
contribuente erano obsoleti e recavano altre anomalie- numero di telefono e timbro aziendale non
riferibili alla ditta fornitrice tedesca, anomalie sulla firma del collaboratore Peter Wichmann-.
5.2 Era dunque palese che l’assenza di abrasioni e cancellature sulla documentazione rinvenuta
presso il contribuente non poteva costituire fatto decisivo per comprovare l’effettiva utilizzazione
del regime del margine da parte dei fornitori tedeschi.
5.3 Inoltre, il rilievo circa la mancata verifica delle dichiarazioni dei venditori esteri contrastanti
con le dichiarazioni in possesso del contribuente era illogico, essendo stata la verifica estesa fuori
dai confini nazionali ed fino ai paesi fornitori, non comprendendosi quale altri accertamenti si
sarebbero dovuti svolgere. Nè si comprendeva come la CTR aveva ritenuto provati gli elementi
soggettivi ed oggettivi del regime del margine in relazione a quanto verificato dalle autorità fiscali
tedesche.
6. Con il terzo motivo l’Agenzia prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art.36
d.l.n.41/1995 conv. nella 1.n.85195 e modificato dal d.l.n.415195, dell’art.54 dpr n.633172 nonchè
dell’art.2697 c.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che la CTR, nel ritenere che le
dichiarazioni contrastanti con la documentazione dei fornitori rinvenuta presso il contribuente non
erano state compiutamente verificate dall’Agenzia aveva illegittimamente spostato in capo

faceva venire meno la possibilità di applicare il c.d. regime del margine per come individuato dalla

all’Ufficio l’onere di provare i requisiti legittimanti il meccanismo del margine.
7. Con il quarto motivo l’Agenzia ha prospettato la violazione dell’art.7 d.lgs.n.546/92, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 C.P.C. Lamenta che la CTR, nel ritenere irrilevanti le dichiarazioni
testimoniali nel processo tributario, aveva omesso di considerare che il divieto di ammissione della
prova testimoniale non impedisce la possibilità di utilizzare ai fini della decisione le dichiarazioni
che gli organi dell’amministrazione sono autorizzati a richiedere anche ai privati.

9. Occorre premettere che il giudice di appello, nel ritenere infondata la pretesa fiscale azionata sul
presupposto che non potesse trovare applicazione il c.d. regime del margine disciplinato dal D.L. n.
41 del 1995, art. 36, conv. nella L. n. 85 del 1995, ha fondato il proprio assunto ritenendo che: a)
ai fini del riconoscimento del regime agevolativo previsto in tema di regime del c.d. margine
occorre la dimostrazione di tre differenti requisiti, e se su due di questi era pacifica la sussistenza in
capo al contribuente- carattere usato degli autoveicoli ceduti dopo avere percorso 6000.00 Km
dopo la prima immatricolazione- il terzo, costituito dalla imponibilità dell’operazione a monte o
dall’applicazione del regime del margine da parte del venditore, la situazione di incertezza si era
risolta in favore del contribuente sulla base delle dichiarazioni dallo stesso fornite, vieppiù
confermate dagli esiti del giudizio penale- sent.di assoluzione del legale rappresentante della società
contribuente resa dal Trib.Bologna-, il quale aveva attestato che la documentazione rinvenuta
presso il contribuente era priva di abrasioni, per come aveva del resto constatato la stessa CTR.Tale
documentazione era dunque attendibile sicchè il contribuente aveva comprovato la sussistenza degli
elementi soggettivi ed oggettivi richiesti dall’art.36 cit.
9.1 Orbene, secondo l’Agenzia avrebbe errato la CTR nel riconoscere l’esistenza del beneficio del
margine in base alle dichiarazioni dei fornitori in possesso del cessionario rispetto agli
accertamenti fiscali istituzionali operati da parte del fisco tedesco attestanti che le operazioni NON
erano soggette al regime del margine. Ed infatti, dall’imponibilità ai fini IVA delle cessioni
intracomunitarie operate dai fornitori tedeschi non poteva che derivare l’impossibilità di applicare il
regime del margine. La circostanza che i controlli operati dall’autorità fiscale tedesca sui fornitori
tedeschi avevano dimostrato che si verteva in ipotesi di cessioni intracomunitarie dal quale
conseguiva l’impossibilità di applicare il computo dell’IVA sul margine che presuppone il mancato
assolvimento dell’Iva a monte, rendeva evidente l’errore nel quale era incorsa la CTR laddove aveva
applicato il regime in assenza dei presupposti oggettivi.
9.2 Orbene, l’assunto è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
9.3 Giova rammentare che questa Corte ha ormai pacificamente riconosciuto che il regime del
margine già sopra ricordato si applica in quanto il contribuente riesca a dimostrare la sussistenza

8.Le doglianze, che meritano un esame congiunto in quanto fra loro avvinta, sono fondate.

dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo (cfr. Cass.
31.1.2011 n. 2227). Ragion per cui il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità del regime de
quo (cfr. Cass.31.1.2011 n. 2227).
9.4 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine ma in difetto dei presupposti richiesti non può che ricadere sul
cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze,

regolarità formale della fattura), risultando maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta
verifica, in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore
commerciale del settore- v., da ultimo, Cass.nnA 4522, 4524 e 4525/2013-.
9.5 Si è parimenti avuto modo di chiarire che costituisce condizione indefettibile di applicabilità di
tale regime la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore comunitario in
occasione dell’acquisto del bene successivamente rivenduto all’importatore in altro Paese membro
(ovvero si rende necessario che il cedente abbia assolto l’IVA in modo definitivo, senza avere
esercitato ne’ avere potuto esercitare alcuna rivalsa: altrimenti, in luogo di evitare una doppia
imposizione, si attribuirebbe al cessionario una ingiustificata agevolazione fiscale), dovendo in
conseguenza il cedente, soggetto passivo di imposta comunitario, rispondere ad uno dei seguenti
“requisiti soggettivi” individuati dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, comma 1, conv. in L. n. 85 del
1995: 1) soggetto che sia privato consumatore; 2)soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta
(avendo destinato i beni ad una attività esente); 3) soggetto che agisca in regime di franchigia nel
proprio Stato membro; 4) soggetto che abbia, a sua volta, assoggettato il proprio acquisto al regime
del margine di utile-cfr.Cass.n.8828/2012-.
9.6 In definitiva, si è ritenuto che il difetto della prova in ordine alla sussistenza dei requisiti
previsti dal regime del margine comporta l’inapplicabilità del regime “de quo”, indipendentemente
dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo
eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio (cfr. Cass.
n.2227/2011 e Cass.n.8635/2012).
9.7 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine, ma in difetto dein presupposti richiesti ricade sul cessionario
che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia
verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la regolarità
formale della fattura) anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente, risultando
maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, in dipendenza della qualità
professionale del cessionario, ove trattasi di operatore commerciale del settore (“diligentia viri

non abbia verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la

eiusdem generis ac professionis”) -Cass.n.8635/12-.
9.8 n carattere speciale del regime del margine, d’altra parte, e’ stato più volte sottolineato dalla
Corte di giustizia la quale, individuando la portata interpretativa dell’art. 314 della direttiva
2006/112- che riproduce fedelmente l’art. 26 bis della c.d. sesta direttiva CEE, – ha ribadito come
il regime d’imposizione sull’utile realizzato dal soggetto passivo-rivenditore in occasione della
cessione di beni d’occasione quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale costituisce

Giust. 19 luglio 2012, causa C-160/11, Bawaria Motors sp. z o.o., p.28 e Corte Giust. 3 marzo
2011, Auto Nikolovì, causa C 203/10, punto 46- così confermando i principi espressi con riguardo
all’art. 26 bis dir.- per cui v.Corte Giust. 8 dicembre 2005, Jyske Finam, causa C 280/04, p. 35-.
9.9 D’altra parte, nelle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia, l’affermazione secondo cui il
soggetto passivo d’imposta non può essere considerato responsabile della intenzione del terzo di
agire in frode alla applicazione dell’IVA è mediata dalla condizione essenziale che detto
contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode (cfr. Corte giustizia CE 3^
sez. 12.1.2006 in cause riunite C-354/03, C-355103 e C-484/03). Rimane pur sempre compito
dell’autorità giudiziaria nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla
luce di elementi obiettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamentecfr.Corte Giust. 3 marzo 2005, C 32/03, Fini H, p.34-. Ragion per cui soltanto “gli operatori che
adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere a fine di assicurarsi che le
loro operazioni non facciano parte di una frode”, possono fare affidamento sulla liceità di tali
operazioni. Pertanto, un soggetto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto
partecipava ad una operazione che si iscriveva in frode all’IVA “non può allegare la buona fede a
garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle operazioni compiute (cfr. Corte
giustizia CE 6.7.2006 in cause finite C-439/04 e C- 440/04)-cfr., sul punto, specificamente
Cass.n. 15219/2012 e le più recenti sentenze nn. 4522-4525/2013-.
9.10 A tali principi si è di recente uniformata questa Corte, ritenendo che la responsabilità del
soggetto cessionario per l’obbligazione tributaria derivante dal fatto illecito del cedente, o del terzo
comunque inseritosi nella catena delle cessioni del bene, rimane esclusa dalla condizione essenziale
che detto contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode (cfr. Corte giustizia
CE sez. III, sent. 12.1.2006 in cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-184/03, Optigen Ltd, Fulcrum
Electr. E Bond House), fermo restando che la buona fede del cessionario può essere riconosciuta
soltanto agli “operatori che adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere
al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di una frode”, in quanto solo all’esito
di tali adempimenti può ravvisarsi un incolpevole affidamento sulla liceità di tali operazioni.

un regime particolare dell’IVA, che deroga al sistema generale della direttiva 2006/112 – cfr.Corte

Diversamente, un soggetto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto
partecipava ad una operazione che si iscriveva in frode all’IVA” non può allegare la propria buona
fede a garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle operazioni compiute (cfr.
Corte giustizia CE, sent. 6.7.2006 in cause riunite C-439104 e C-440104, Kittel e Recolta)cfr.Cass.n.20302/2013-.
9.11 Orbene, fermi i superiori principi che questo Collegio pienamente condivide, le censure

impugnata, la quale è partita dal presupposto per cui l’elemento rappresentato dalla assoggettabilità
delle operazioni commerciali al regime del margine potesse essere dimostrato dalla documentazione
in possesso della parte contribuente, in quanto ritenuta autentica sia dal giudice penale che dalla
stessa CTR.
9.12 Ed invero, non appare possibile disconoscere che per fruire del detto regime ai fini IVA è
necessaria la prova dell’esistenza dei tre presupposti di cui si è detto e che questa prova deve essere
fornita indubitabilmente dal cessionario.
9.13 Orbene, la CTR, ha totalmente tralasciato di considerare che le operazioni di cessione (a
monte) rispetto agli acquisti dei veicoli al contribuente non presentavano il requisito
dell’imponibilità – in quanto assoggettati alla disciplina prevista dall’art.28 quater della c.d. sesta
direttiva CEE(trasposto nell’ordinamento tedesco)- a cui tenore, gli Stati membri esentano:a)le
cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per
loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un
altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno
Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.”
9.14 Ora, tale errore in diritto si appalesa essenziale nell’economia della decisione, se si considera
che nel riferire dell’esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall’art.36 cit., la CTR ha
sicuramente fatto riferimento alla circostanza che il contribuente fosse consapevole, sulla base di
una documentazione in suo possesso, della sussistenza a monte dell’ulteriore requisito per fruire a
sua volta del regime del margine.
9.15 Nel far ciò, tuttavia, la CTR non sembra essersi uniformata alle decisioni rese sia da questa
Corte che dalla Corte di Giustizia, alla cui stregua si richiede che per ritenere applicabile il detto
regime è necessario che il contribuente non fosse a conoscenza o non potesse conoscere l’esistenza
di una frode perpetrata dal suo fornitore.

L
9.16 11 ragionamento esposto dalla CTR a sostegno di tale assunto non appare, dunque nè congruo

nè logicamente motivato, se si considera che agli atti dell’ufficio vi era la prova documentale che la
società contribuente aveva chiesto alla fornitrice la compilazione del documento necessario per la

prospettate dall’Agenzia colgono, in parte, l’errata ratio decidendi posta a base della decisione

fruizione del regime ed aveva ricevuto via fax la risposta che ciò non era possibile-v.pag.6 ricorso-.
9.17 In definitiva, se non può disconoscersi che gli esiti degli accertamenti operati dal fisco tedesco
erano tutti univocamente orientati ad escludere che i beni acquistati dalla contribuente potessero
fruire del regime del margine in quanto classificabili come cessioni intracomunitarie, in questa
direzione deponendo gli accertamenti effettuati presso le ditte fornitrici e presso la ditta Seves-nella
quale operava la Sig.ra Chirollo, la quale aveva posto in dubbio l’autenticità della documentazione

giustificare il riconoscimento del regime del margine, si sia limitata a verificare l’autenticità delle
dichiarazioni della contribuente che attestavano i requisiti per fruire del regime del margine, senza
minimamente considerare che l’elemento sopra indicato ai §§ 9.15 ed offerto dall’amministrazione
avrebbe potuto inficiare in radice la non conoscenza da parte della contribuente dell’insussistenza
dei presupposti per accedere al beneficio di cui qui si discute. Ciò proprio in relazione al fatto che
“…nel caso di autoveicoli, l’eventuale insussistenza di tali requisiti può talvolta essere agevolmente
desunta dai libretti di circolazione…, cosicché va senz’altro affermata l’esistenza di un particolare
onere di diligenza in capo all’acquirente, anche mediato, riguardo a dati risultanti dai libretti di
circolazione” (cfr. Cass.n.3427/2010 e Cass.n.8635112).
9.18 In questa prospettiva, la decisione impugnata merita di essere cassata, apparendo l’omesso
esame del superiore documento decisivo per la corretta ponderazione degli elementi sui quali il
giudice deve fondare il proprio giudizio.
9.19 L’avere, infatti, limitato l’indagine alla circostanza che la documentazione rinvenuta presso il
contribuente non era contraffatta non può giustificare il riconoscimento del beneficio, le quante
volte sia emerso che le operazioni a monte non erano soggette al regime del margine e di ciò fosse a
conoscenza lo stesso contribuente o potesse esserlo con un normale sforzo di diligenza correlato
alla peculiare operazione svolta ed alla specialità del regime impositivo che il medesimo intendeva
sfruttare.
9.20 Parimenti errata è l’affermazione della CTR che ha ritenuto inconducenti le dichiarazioni rese
dagli altri fornitori circa l’insussistenza del requisito dell’imponibilità delle operazioni a monte
perchè integranti mere dichiarazioni testimoniali, essendo pacifico nella giurisprudenza di questa
Corte che il divieto di ammissione della “prova” testimoniale nel giudizio innanzi alle Commissioni
tributarie, sancito dall’art. 7, quarto comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 (che riproduce la
disposizione analoga contenuta nell’art. 35, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636) si
riferisce alla prova testimoniale quale prova da assumere nel processo con le garanzie del (
contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le
dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai

rinvenuta presso la contribuente- è evidentemente incongrua la motivazione della sentenza che, per

privati nella fase amministrativa di accertamento anche sul conto di un determinato contribuente
(art. 32, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973,n.600; art. 51, d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633). Tali
dichiarazioni, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali semplici elementi
“indiziari”, il cui valore può essere sempre contestato dal contribuente nell’esercizio del suo diritto
di difesa (Corte Cost. 21 gennaio 2000 n.18; Cass.n.14774/2000; Cass.

n. 11994/2003;

Cass.n.20032/12 e 21812/2012-.

cassata nei limiti sopra specificati con rinvio ad altra sezione della CTR che dovrà fare applicazione
dei principi sopra affermati
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza di appello e rinvia ad altra
CHILIA fai-0,41,3A
sezione della CTR del LO:0er nuovo esame, la quale pure procederà alla liquidazione delle spese
del giudizio di legittimità.
Così deciso il 25 novembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

10. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi sopra esposti. La sentenza impugnata va pertanto

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