Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6579 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

D’ITALIA 106, presso lo studio degli avvocati IZZO CARLO, IZZO

STEFANO, ANITA GERARDI, che lo rappresentano e difendono, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ENEA – ENTE NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E

L’AMBIENTE;

– intimato –

Nonche’ da:

ENEA – ENTE NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E

L’AMBIENTE, in persona del rappresentante legale in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 881/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 16/07/2008 r.g.n. 899/07;

adita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni;

udito l’Avvocato IZZO CARLO; udito l’Avvocato GERARDIS CRISTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del principale,

assorbito l’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato al Tribunale di Matera M.R. convenne in giudizio l’ENEA – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, e sulle premesse che:

– aveva lavorato alle dipendenze dell’ente convenuto da epoca antecedente al 1975;

l’ENEA, in virtu’ di una convenzione stipulata con l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, aveva costituito, a favore dei propri dipendenti, un trattamento di previdenza mediante una polizza collettiva accesa presso l’INA ed alimentata tramite il versamento di somme pari al 20% delle retribuzioni corrisposte a ciascun dipendente;

in virtu’ di tale pattuizione, al termine del rapporto, sarebbe spettata a ciascun lavoratore una somma corrispondente al contributo cosi’ versato maggiorato del detto interesse;

– dall’anno 1982 l’Ente aveva ritenuto di continuare a corrispondere il contributo non accantonando annualmente il 20% della retribuzione annua lorda per quattordici mensilita’, ma il valore maturato nell’ultimo mese di vigenza;

– pertanto le somme di fatto corrisposte al termine del servizio erano state inferiori a quelle in realta’ dovute;

– la disciplina della legge n. 70/75 e del successivo D.P.R. n. 411 del 1976, pur avendo escluso la possibilita’ di stipulare nuove polizze integrative per i lavoratori assunti dopo il 1975, aveva mantenuto inalterata la disciplina dei fondi integrativi per il personale gia’ in servizio;

chiese quindi che fosse dichiarato il suo diritto al computo della retribuzione annua lorda nella misura concordata all’inizio del rapporto di lavoro sin dal momento della illegittima decurtazione, con condanna dell’ente convenuto alla ricostituzione dell’indennita’ integrativa spettantegli.

L’ENEA si costitui’ eccependo la prescrizione quinquennale di ogni pretesa ed opponendosi comunque alla domanda siccome infondata.

Il Giudice adito rigetto’ nel merito la domanda.

2. La Corte d’Appello di Potenza rigetto’ l’impugnazione proposta dal dipendente, osservando a sostegno del decisum che:

– l’art. 52 del CCNL 31.12.1982, secondo cui i dipendenti che usufruivano del trattamento integrativo per cui e’ causa lo avrebbero conservato “…nel valore maturato nell’ultimo mese di vigenza del precedente ordinamento in base alla relativa normativa” costituiva la fonte regolatrice della fattispecie, sulla base di quanto disposto dalla L. n. 84 del 1982, art. 8;

doveva escludersi la nullita’ della suddetta clausola contrattuale, posto che in base alla L. n. 84 del 1982 non poteva farsi riferimento, quale norma inderogabile, al disposto della L. n. 70 del 1975, art. 14;

in ogni caso tale ultima norma riguardava la quantificazione di una somma ulteriore, rispetto all’ordinario trattamento di fine rapporto, da corrispondere al dipendente all’atto della cessazione del rapporto stesso e, dunque, di un beneficio aggiuntivo non costituente un aspetto strutturale della prestazione connesso alla causa del contratto, sicche’ non si verteva in una ipotesi di trattamento minimo base avente nell’art. 36 Cost. il proprio insuperabile limite e non si era in presenza di un criterio legale tale da limitare l’autonomia contrattuale;

– nello specifico, peraltro, la complessiva regolamentazione del rapporto di cui al CCNL deponeva nel senso dell’ottenimento di un risultato equilibrato e, nell’insieme, meglio rispondente alle esigenze del personale dipendente rappresentato dalle 00.SS. stipulanti.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione fondato su quatto motivi.

L’intimato ENEA ha resistito con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale condizionato fondato su tre motivi. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciata violazione di legge (art. 38 Cost.), deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il trattamento di previdenza integrativa de quo avesse natura retributiva e non previdenziale; a diverse conclusioni doveva invece pervenirsi tenendo conto che:

al momento della cessazione del rapporto il lavoratore aveva la possibilita’ di vedersi riconoscere una rendita vitalizia integrativa della pensione;

sia il contratto individuale di lavoro, che la contrattazione collettiva, non ponevano dubbi sulla funzione previdenziale della contribuzione;

gli accantonamenti non erano stati trattenuti dall’Ente datore di lavoro, ma versati ad un ente terzo, con conseguente svincolo dal pregresso rapporto di impiego.

Con il secondo motivo del ricorso principale viene denunciata violazione di legge (art. 1419 c.c., comma 2, in relazione alla L. n. 70 del 1975, art. 14, comma 2 e all’art. 38 Cost.), deducendo che considerare legittimo il “congelamento” della base di calcolo del premio assicurativo disposto dall’art. 52 del CCNL significa “svuotare” l’istituto della previdenza della sua naturale funzione.

Con il terzo motivo del ricorso principale viene denunciata violazione di legge (R.D. n. 262 del 1942, art. 1 – Disposizioni sulla legge in generale), deducendo che l’art. 52 del CCNL viola la disposizione della fonte normativa previdenziale di rango superiore (L. n. 70 del 1975), che aveva inteso mantenere non solo il fondo di previdenza, ma anche il meccanismo di contribuzione.

Con il quarto motivo del ricorso principale viene denunciata violazione di legge (art. 38 Cost.; art. 1419 c.c., comma 2), deducendo che il principio del favor prestatoris non poteva subire attenuazione in relazione alle disposizioni di previdenza integrativa poste a tutela del personale piu’ anziano, che aveva fatto affidamento sulla tutela previdenziale prevista nel contratto individuale e che, sul piano fattuale, aveva patito un vulnus a detta tutela senza alcuna contropartita o beneficio compensativo, non potendo quindi essere condiviso l’avviso della Corte territoriale secondo cui con il CCNL sarebbe stato ottenuto un risultato equilibrato meglio rispondente alle esigenze del personale dipendente.

2. Con i tre motivi, fra loro connessi, il ricorrente incidentale deduce omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), vizio di motivazione e violazione di legge (artt. 2948 c.c.; L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in ordine alla sollevata eccezione di prescrizione.

3. I giudizi promossi con il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti avendo ad oggetto la stessa sentenza impugnata.

4. Il ricorso principale e’ infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 1252/2000; 9221/2003: 8471/2008; 10464/2008) hanno reiteratamente osservato, ancorche’ ai fini della individuazione della giurisdizione del giudice ordinario, che non e’ sufficiente la natura latamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresi’ che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto (quello previdenziale appunto) che trovi fonte esclusiva nelle legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto.

Qualora invece la prestazione, di contenuto genericamente previdenziale, sia dovuta al lavoratore come prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una forma di previdenza interna a carattere aziendale, anche se il fondo all’uopo costituito sia alimentato dai contributi a carico non solo del datore di lavoro ma anche dei lavoratori, le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del rapporto di lavoro e costituiscono l’accantonamento di una parte della retribuzione a fini previdenziali; esse hanno, quindi, natura del tutto diversa da quella parafiscale assunta dai contributi previdenziali obbligatori, i quali sono svincolati (a differenza dei primi) dal nesso sinallagmatico con le prestazioni erogate dagli enti medesimi.

Le controversie promosse da dipendenti in servizio o in quiescenza nei confronti di enti pubblici non economici diversi dallo Stato ed aventi ad oggetto il trattamento integrativo erogato da tali enti in aggiunta alla pensione, non attengono quindi ad un rapporto previdenziale autonomo, ma sono relative a prestazioni, riguardanti spettanze di natura sostanziale retributiva, che ineriscono strettamente al pregresso rapporto di impiego posto in essere con l’ente datore di lavoro.

A cio’ deve aggiungersi che la natura degli accantonamenti ovviamente non muta qualora gli stessi siano effettuati presso un apposito fondo all’uopo costituito ovvero, come nella specie, mediante l’accensione di un polizza assicurativa presso un soggetto terzo e, al contempo, che l’indicata natura delle prestazioni erogate non resta influenzata dalla funzione previdenziale eventualmente loro attribuita dalle parti sociali e dalla contrattazione individuale (cfr, sul trattamento de quo, Cass., SU, 21556/2009).

5. Nel caso all’esame non puo’ porsi, d’ufficio, la questione di giurisdizione, ostandovi, alla stregua dei principi enunciati al riguardo dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 24883/2008), il giudicato implicito formatosi sulla giurisdizione del giudice ordinario, ma resta ovviamente ferma la teste’ ricordata qualificazione delle prestazioni per cui e’ causa, cosicche’ deve rilevarsi l’infondatezza dei primi tre motivi del ricorso principale, siccome tutti fondati sull’erroneo assunto dell’appartenenza di tali prestazioni ad un rapporto di natura previdenziale e, conseguentemente, sull’appartenenza alla disciplina previdenziale della normativa che le ha nel tempo regolamentate.

6. In ordine al quarto motivo di ricorso deve osservarsi che la L. n. 70 del 1975, art. 14, comma 2 previde che “i fondi integrativi di previdenza previsti dai regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al personale in servizio o gia’ cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della presente legge”.

La L. n. 84 del 1982, art. 8, comma 1 dispose pero’ che “il trattamento giuridico ed economico del personale dipendente dall’ENEA e’ regolato sulla base di un contratto collettivo di lavoro di durata triennale, da stipularsi con le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all’entrata in vigore del primo contratto collettivo, il rapporto di lavoro dei dipendenti e’ regolato dalla disciplina vigente sulla base della L. 20 marzo 1975, n. 70”.

Ne consegue che la previsione dell’art. 52 del CCNL 31.12.1982, laddove stabilisce che “i dipendenti che, alla data di entrata in vigore del presente contratto usufruiscono del trattamento integrativo di previdenza informa assicurativa in essere presso l’Enea, conservando il trattamento stesso nel valore maturato nell’ultimo mese di vigenza del precedente ordinamento in base alla relativa normativa”, da un lato da esecuzione a quanto disposto dal citato L. n. 84 del 1982, art. 8, comma 1 e, dall’altro, conferma i diritti (di natura retributiva e non previdenziale) gia’ acquisiti dai lavoratori interessati, dovendosi quindi escludere la dedotta reformatio in peius nei loro confronti.

Anche il motivo all’esame va pertanto disatteso.

7. Ne discende il rigetto del ricorso principale, mentre quello incidentale, relativo a questione non rilevabile d’ufficio, resta assorbito.

Secondo il criterio della soccombenza il ricorrente principale va condannato alla rifusione delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello l’incidentale; condanna il ricorrente principale alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 20,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari ed eventuali spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

 

 

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