Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6574 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32006-2020 proposto da:

DI STEFANO MOBILI DI D.S.R. & C. SAS IN

LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

D.S.A.R., D.S.F., D.S.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F. CESI 21, presso lo studio

dell’avvocato UMBERTO ILARDO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANDREA LIBRANTI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ENNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4714/7/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 22/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso avvisi di accertamenti relativi IVA e IRPEF per l’anno d’imposta 1999;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva l’appello; su ricorso dell’Agenzia delle entrate la Cassazione, con sentenza n. 3816 del 2018, cassava con rinvio e la Commissione Tributaria Regionale in sede di rinvio rigettava l’appello della parte contribuente affermando che il calcolo della percentuale di ricarico è stata determinata dai verbalizzanti in contraddittorio con la parte, in applicazione della media ponderata mediante raffronti tra il prezzo di acquisto al netto d’imposta, rilevato dalla fatture esibite, e il prezzo di vendita attraverso l’analisi di un campione significativo.

La parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un unico motivo e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso mentre l’Agenzia delle entrate-Riscossione si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo di impugnazione la parte contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti per avere la sentenza impugnata omesso di considerare che i prezzi di vendita erano comprensivi dell’imposta IVA.

Il motivo di impugnazione è inammissibile.

Con riferimento al motivo di impugnazione, secondo Cass. n. 20414 del 2021:

il motivo è inammissibile, in quanto il vizio di omesso esame del fatto decisivo è dedotto in modo inesaustivo.

Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, nell’interpretare il novellato art. 360 c.p.c., n. 5, hanno stabilito (già molto tempo prima dell’introduzione del ricorso oggi in esame) che colui il quale intenda denunciare in sede di legittimità un errore consistito nell’omesso esame d’un fatto decisivo, ha l’onere di indicare:

(a) quale fatto non sarebbe stato esaminato;

(b) quando e da chi era stato dedotto in giudizio;

(c) come era stato provato;

(d) perché era decisivo (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Nel caso di specie, il motivo di impugnazione non contiene le analitiche indicazioni relative ai punti c) e d): in particolare la parte ricorrente si limita da un lato a trascrivere stralci del ricorso in primo grado, dell’appello e delle difese dell’Ufficio, senza però spiegare come il fatto decisivo sarebbe stato provato e dall’altro ad affermarne la decisività ma senza spiegarne il perché.

Inoltre, secondo Cass. n. 24295 del 2020, l’errore determinato dall’inesatta percezione da parte del giudice di merito di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, poiché consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, senza che su quel fatto, non “controverso” tra le parti, il giudice abbia reso un qualsiasi giudizio, non può costituire motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, ma piuttosto di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4: nella specie la sentenza lungi dal non esaminare il fatto controverso, afferma che il calcolo della percentuale di ricarico è stata determinata mediante raffronti tra il prezzo di acquisto al netto d’imposta e il prezzo di vendita e quindi non ha omesso l’esame del fatto indicato dal ricorrente.

Pertanto, ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile; la condanna alle spese nei confronti dell’Agenzia delle entrate segue la soccombenza.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 4.100 Euro per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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