Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6570 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28798/2006 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI

38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI FABIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TESI CHIARA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1420/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/10/2005 R.G.N. 34/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato ALBERICI FABIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Firenze, accoglieva la domanda di N.O. avente ad oggetto la condanna dell’INPS alla corresponsione dell’assegno mensile sociale con decorrenza dal 1 ottobre 1999, negatole, in via amministrativa, sul presupposto della titolarità di un reddito, costituito dall’assegno alimentare, di cui alla sentenza di separazione legale, incompatibile con la prestazione richiesta.

I giudici di appello ponevano a base della decisione il rilievo fondante che l’assegno alimentare – rectius di mantenimento -, di cui alla sentenza di separazione legale, non risultava essere stato mai corrisposto per ragioni di accertata incapienza del coniuge divorziato “e verosimilmente non percepibile in futuro (salvi i necessari controlli sul reddito in sede di verifica periodica)”.

Avverso tale sentenza l’INPS ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso la parte intimata che deposita anche memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 6 e 7, nonchè vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Allega l’INPS che, interpretando correttamente la denunciata legge si desume che alla formazione del reddito, rilevante ai fini dell’accertamento al diritto all’assegno sociale, concorrono i redditi di qualsiasi natura ad eccezione di quelli espressamente esclusi dall’art. 3, tra i quali non rientra l’assegno di mantenimento a carico del coniuge stabilito in sentenza.

Ribadisce, poi, l’INPS, che ciò che rileva, in base alla legge, è la titolarità di un reddito incompatibile e non la sua effettiva percezione. La censura è infondata.

Non ritiene, infatti, questa Corte di poter condividere l’assunto dell’INPS secondo il quale, a fini di cui trattasi, rileva esclusivamente la titolarità di un reddito incompatibile a prescindere dalla sua concreta percezione.

Tanto contrasta, infatti, con la stessa disposizione legislativa che, nel primo periodo della seconda parte della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 6, testualmente dispone: “L’assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti”.

E’ lo stesso legislatore,quindi, che collegando il conguaglio ai redditi effettivamente percepiti attesta che, agli effetti di cui trattasi, non è irrilevante la concreta “percezione” del reddito.

Conseguentemente essendo il conguaglio strettamente connesso, non alla mera titolarità di un reddito, bensì alla sua effettiva “percezione”, è da ritenere che il reddito incompatibile intanto rileva in quanto sia stato effettivamente acquisito al patrimonio dell’assistito.

Tanto è, del resto, conforme ad una lettura costituzionalmente orientata della norma non potendo l’assegno in esame essere negato a quei soggetti che, pur essendo titolari di un reddito incompatibile con l’assegno sociale, si vengono a trovare, per non percepire di fatto tale reddito incompatibile, nella stessa situazione reddituale di coloro che hanno diritto all’assegno sociale.

Ciò è, altresì, conforme alla stessa funzione “assistenziale” dell’assegno in parola che resterebbe frustrata ove si dovesse escludere il beneficio sulla base della mera titolarità di un reddito incompatibile senza tener conto anche della sua effettiva percezione.

Nè vi è contrasto con il principio sancito da questa Corte, con sentenza del 4 giugno 1985 n. 3343, richiamata dal ricorrente, secondo la quale “L’assegno periodico (cosiddetto assegno di divorzio) corrisposto all’ex coniuge ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 4, (disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) – che integra l’oggetto di un diritto patrimoniale avente titolo nella legge e nel provvedimento dell’autorità giudiziaria e che è assimilato al reddito da lavoro dipendente ai fini della assoggettabilità all’imposta sul reddito delle persone fisiche, con conseguente previsione di deduzione (in quanto non destinato al mantenimento dei figli) in favore del soggetto che lo eroga – rientra fra i “redditi propri” dei quali, ai sensi della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, nel testo modificato dal D.L. 2 marzo 1974, n. 30, art. 3, (convertito, con modificazioni, in L. 16 aprile 1974, n. 114), occorre tener conto al fine di accertare, in relazione al limite massimo stabilito dalla legge, la sussistenza o meno, in capo all’ex coniuge che percepisce l’assegno stesso, del diritto alla pensione sociale e la misura di tale beneficio, che integra una prestazione assistenziale di natura meramente sussidiaria, volta a soccorrere i cittadini (ultrasessantacinquenni) sprovvisti dei mezzi necessari per vivere”.

Nella specie, infatti,la Corte territoriale ha verificato, e sul punto non vi è censura, che l’assegno di mantenimento – o c.d. di divorzio – non è stato mai “corrisposto” alla N. per ragioni “di accertata incapienza del coniuge divorziato”.

E’ corretta, quindi, la sentenza impugnata che, dopo aver accertato la mancata percezione di un reddito incompatibile e la infruttuosa concreta attivazione dell’assistito per la riscossione di tale reddito, ha riconosciuto la spettanza del reclamato beneficio non considerando rilevante, ai fini di cui trattasi, la mera titolarità di tale reddito incompatibile, ritenendo necessario, ai fini della esclusione del beneficio, anche l’effettiva sua percezione.

Sulla base di tali considerazioni, quindi, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese – del giudizio di legittimità liquidate in Euro 20,00, oltre Euro 2.000,00 per onorario ed oltre spese, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

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