Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6569 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28653-2006 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI GIORGIO, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6473/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/11/2005 r.g.n. 3736/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato ANTONINI GIORGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3.10 – 5.11.2005 la Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello proposto da S.M. nei confronti dell’Inps avverso la decisione del Giudice di prime cure che aveva rigettato la domanda di riconoscimento del diritto alla pensione di anzianità;

rilevato che la questione ineriva al mancato riconoscimento della copertura assicurativa per il periodo dal 1958 al 1960, durante il quale il S. aveva lavorato alle dipendenze di una impresa poi fallita, la Corte territoriale osservò che il principio dell’automatismo della costituzione del rapporto assicurativo opera solo nei limiti della prescrizione e che, nella specie, i contributi relativi al periodo di lavoro anzidetto, non corrisposti, erano ormai prescritti; rilevò inoltre la Corte territoriale che la nota dell’Inps del 18.7.1997, dimessa in giudizio, costituiva soltanto una comunicazione interna fra uffici dell’Istituto e che, quand’anche la stessa avesse configurato un atto di accertamento (o di avvio di un procedimento di accertamento) di un debito contributivo nei confronti dell’impresa originaria datrice di lavoro, non sarebbe valsa ad interrompere validamente il decorso della prescrizione, ormai compiuto per tutti i contributi maturati nel periodo dedotto in giudizio.

Avverso l’anzidetta sentenza S.M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico articolato motivo.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (artt. 2116, 2697 e 2934 c.c.; R.D.L. n. 636 del 1939, artt. 9 e 27; L. n. 153 del 1969, art. 40 modificato dal D.L. n. 267 del 1972, art. 23 ter; artt. 215 e 216 c.p.c.), nonchè vizio di motivazione, deducendo che:

– il diritto dell’assicurato all’automaticità delle prestazioni era entrato nel suo patrimonio nel momento in cui l’Istituto si era trovato nella condizione di poter accertare ed esigere il credito contributivo;

– tale condizione emergeva dalla nota dell’Istituto del 18.7.1997, della quale alla Corte territoriale era sfuggito il valore probatorio, avendolo richiamato solo per negargli, com’era del resto evidente, valenza di atto interruttivo della prescrizione nei confronti del datore di lavoro;

– la Corte territoriale aveva altresì omesso di prendere in esame altro documento, dimesso in giudizio già in prime cure, dal quale si evinceva che esso ricorrente aveva denunciato all’Inps, nel 1962, l’omissione contributiva del proprio datore di lavoro.

2. A mente della L. n. 1338 del 1962, art. 13 il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l’assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione ai sensi del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 55 può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale di costituire, nei casi previsti dal successivo quarto comma, una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi, mediante il versamento della corrispondente riserva matematica; analoga facoltà è altresì attribuita la lavoratore, in sostituzione del datore di lavoro, quando non possa ottenere da quest’ultimo la costituzione dell’anzidetta rendita, salvo il diritto a risarcimento del danno. La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che il lavoratore, per potere agire direttamente nei confronti dell’Inps, deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro (cfr, ex plurimis, Cass., n. 23584/2004) e che la disposizione all’esame non crea un trattamento deteriore per il lavoratore, ma, al contrario, costituisce una norma di favore, i cui limiti trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà di attivarsi direttamente presso l’Inps, e nel necessario contemperamento tra l’interesse del lavoratore a non rimanere privo di tutela previdenziale e l’esigenza di contrastare il rischio di posizioni lavorative fittizie (Cass., n. 15304/2005).

La ricordata normativa ha dunque la funzione di consentire al lavoratore, ricorrendone gli specifici presupposti, di eliminare, attraverso la costituzione della rendita vitalizia, il detrimento pensionistico conseguente all’intervenuto omesso versamento dei contributi dovuti.

Non è invece prevista la regolarizzazione della posizione assicurativa, in ipotesi di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, per l’ipotesi in cui l’Istituto assicuratore, pur se messo a conoscenza dell’inadempimento contributivo prima della decorrenza del termine di prescrizione, non si sia attivato per l’adempimento nei confronti del soggetto obbligato; anche in tale ipotesi, infatti, in difetto di previsione di diverso segno, la tutela del lavoratore deve ritenersi affidata al ricorso alla descritta procedura di costituzione della rendita (con il che deve rilevarsi come non possa trovare applicazione nel presente giudizio il principio affermato dalla sentenza di questa Corte richiamata dal ricorrente – Cass., n. 7459/2002 – siccome resa nell’ipotesi, qui nient’affatto accertata in sede di merito, in cui il lavoratore non aveva potuto, nè avrebbe potuto in futuro, sopperire ricorrendo ai rimedi apprestati dal legislatore per i casi di inadempimento datoriale). Dal che discende l’infondatezza del motivo all’esame, restando assorbiti i profili di doglianza inerenti ai denunciati vizi di motivazione, siccome finalizzati al riconoscimento dell’avvenuta tempestiva conoscenza, da parte dell’Istituto, dell’inadempimento contributivo.

3. Il ricorso va pertanto rigettato.

Applicandosi ratione temporis il disposto dell’art 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente anteriormente alle modifiche di cui al D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, non è luogo a provvedere sulle spese afferenti al presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

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