Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6569 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/03/2017, (ud. 10/11/2016, dep.14/03/2017),  n. 6569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12655/2012 proposto da:

D.L.M.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio Avv. MARCELLO E CECILIA

FURITANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO ALGOZINI;

– ricorrente –

contro

D.T.R., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE ANGELICO

70, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA PANSINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISPINO IPPOLITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 797/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 14/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 23/9/2005, depositata il 6/2/2006, dichiarò il proprio difetto di giurisdizione in favore del TAR in ordine all’opposizione proposta avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dal comune di Palermo, per oneri d’urbanizzazione non corrisposti, ai danni di D.L.M.A., per complessive Euro 31.146,595 e, rigettata la domanda riconvenzionale proposta da D.T.R., accolse la domanda di garanzia della D.L..

Con sentenza del 6/5/2011, depositata il 14/6/2011, la Corte di appello di Palermo, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, rigettò la domanda di accertamento dell’obbligo di garanzia proposto dalla D.L. nei confronti della D.T..

Per rendere la vicenda sufficientemente intellegibile va chiarito che con atto pubblico dell’8/7/1980 D.T.S., padre della odierna chiamata in questo giudizio di legittimità, aveva venduto alla D.L. un lotto di terreno edificabile, obbligandosi ai trasferire al comune di (OMISSIS) “la mezzeria del futuro prolungamento di via (OMISSIS)”. In data 22/1/1982 la D.T., quale procuratrice del padre, si era assunta l’obbligo di eseguire, secondo la prospettazione della D.L., in favore del comune di Palermo, l’urbanizzazione dell’area ceduta, estesa mq 255, destinata a sede stradale, che in uno alla predetta cessione avrebbe compensato integralmente gli oneri dovuti.

Avverso quest’ultima decisione ricorre per cassazione la D.L.. Resiste con controricorso la D.T.. La ricorrente ha depositato memorie illustrative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.p., n. 3.

Secondo la prospettazione impugnatoria qui al vaglio la sentenza doveva considerarsi inutiliter data, per non essere stato evocato nel giudizio d’appello il comune di Palermo. Difatti, prosegue la ricorrente, in appello era stata dedotta l’intervenuta prescrizione della pretesa fatta valere dal Comune, nonchè l’infondatezza nel merito della pretesa predetta, per una pluralità di ragioni ed in primo luogo quella facente leva sull’impossibilità di cedere al predetto Comune, a soddisfazione di onere urbanistico, uno spezzone del terreno, così da consentire la prosecuzione della cittadina via (OMISSIS), non essendo più previsto dallo strumento urbanistico un simile prolungamento del precitato asse viario. Da qui l’inscindibilità delle posizioni e l’ineludibile necessità che il comune di Palermo fosse chiamato nel giudizio d’appello.

L’allegata violazione dell’integrità del contraddittorio non sussiste.

Come, peraltro, richiamato dalla stessa ricorrente, la inscindibilità delle cause importa che in assenza di chiamata in giudizio di tutti gli interessati la sentenza risulti inutiliter data. Una tale evenienza nel caso al vaglio non ricorre, in quanto l’accertamento dell’obbligo di garanzia richiesto dalla D.L. nei confronti della D.T., valevole tra le sole predette due parti, non necessita della presenza in giudizio del comune di Palermo, che resta estraneo all’interno regolamento d’interessi.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 100, 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Male aveva fatto la Corte palermitana a statuire che il Tribunale non avrebbe dovuto pronunciarsi sulla domanda di rivalsa, essendo incerto sia l’an che il quantum dell’obbligazione principale, poichè sub judice il diritto azionato dal comune di Palermo nei confronti della D.L.. Invero, sostiene il ricorso, “la sentenza condizionale (…) è ontologicamente subordinata al verificarsi di un evento ancora incerto, eventualmente perchè sub judice” e la statuizione di legittimità citata dalla Corte di merito non poteva considerarsi calzante, in quanto nel caso di specie non andavano effettuati nuovi accertamenti di merito attinenti al rapporto fra le parti, restando incerto solo l’evento dedotto, per sua natura futuro e incerto.

La prospettazione della ricorrente non convince. La Corte palermitana ha ripreso, condividendolo, l’arresto di legittimità secondo il quale l’ordinamento processuale ammette sentenze di condanna condizionate, quanto alla loro efficacia, al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto, alla scadenza di un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, sempre che la circostanza tenuta presente sia tale per cui la sua configurazione non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione (Sez. 3, n. 16135 del 9/7/2009, Rv. 608810).

La lettura restrittiva dell’enunciato principio proposta dalla D.L., la quale limita gli accertamenti di merito ostativi a quelli derivanti dalle pattuizioni private, non ha il pregio d’individuare la peculiarità differenziale. Peculiarità che, in effetti, non sussiste, restando in entrambi i casi subordinata l’efficacia della statuizione ad ulteriori accertamenti di merito. Proprio l’assenza di certezza ed inequovicità dell’elemento condizionante, qualora l’efficacia di una sentenza sia subordinata ad un ulteriore accertamento di merito, rende, come di recente affermato da questa Corte (n. 19895 del 06/10/2015, Rv. 637313), non ammissibile la pronuncia di sentenza di condanna condizionata all’esito di altro giudizio.

Con il terzo motivo vien dedotta insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Assume la ricorrente che la Corte territoriale era incorsa in errore nel ritenere che la D.T., e prima di costei il di lei padre, D.T.S., non si fossero obbligati a far fronte al pagamento ora ingiunto dal Comune: difatti, il D.T. si era impegnato, con il contratto dell'(OMISSIS), nei confronti dell’acquirente, a trasferire gratuitamente al comune di (OMISSIS) “la mezzeria del futuro prolungamento di via (OMISSIS), di cui il lotto di terreno è frontista”, ove ciò fosse stato richiesto dalla P.A. in sede di rilascio della concessione edilizia. In esecuzione del predetto patto, indi, il D.T. era addivenuto all’assoggettamento richiesto con l’atto d’obbligo del 22/1/1982 e ciò faceva parte delle condizioni contenute nel corpo della concessione edilizia, poi volturata in favore dell’acquirente. Nel predetto atto d’obbligo erano stati anche precisati i costi per far luogo alle specifiche opere d’urbanizzazione, quantificati in Lire 22.709.800. Perciò doveva stimarsi viziata la sentenza d’appello, la quale aveva escluso l’obbligo di garanzia, che, invece era puntualmente determinato nel suo ammontare complessivo (Lire 22.709.800) e analitico (Lire 14.275.000 per la realizzazione del tratto viario e Lire 8.438.800 quale costo dell’area di sedime).

Anche quest’ultimo motivo non merita miglior sorte.

Evidente, in primo luogo, la carenza di autosufficienza della prospettazione, la quale non rende immediatamente percepibile al giudice di legittimità gli elementi della vicenda di merito che suffragano l’assunto impugnatorio.

Inoltre, la censura non mette sufficientemente in chiaro sulla base di quali emergenze l’obbligazione urbanistica assunta nei confronti del Comune dal venditore dovesse restare in capo a costui, invece che transitare, con il subentro nella concessione, in capo all’acquirente. In definitiva, la mancanza di chiarezza argomentativa e di corredo probatorio non consente di affermare l’esistenza di un patto, sulla base del quale l’obbligazione urbanistica assunta dal D.T., dovesse restare a carico di costui, nonostante che l’edificazione sarebbe stata effettuata dalla subentrata acquirente.

L’epilogo impone condanna della ricorrente al pagamento delle spese legali in favore della resistente, spese che si liquidano, tenuto conto della natura e valore della causa, siccome in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali in favore della resistente, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.200, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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