Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6567 del 18/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 18/03/2010), n.6567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30656-2006 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUDO

GIULIOLI 47/B/18, presso il Signor MAZZITELLI GIUSEPPE, rappresentato

e difeso dall’avvocato SORICE ANTONIO, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6144/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/11/2005 R.G.N. 238/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 10.10/23.11.2005 la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Avellino del 25.9.2002, rigettava la domanda proposta da C.F. ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità di cui alla L. n. 903 del 1965, art. 13.

Osservava in sintesi la corte territoriale che la ricorrente non aveva assolto all’onere probatorio su di essa incombente, atteso che, ai fini della prestazione richiesta, il requisita della vivenza a carico non è soddisfatto dalla mera prova della convivenza, ma presuppone anche che il genitore provveda in via continuativa, in misura totale o almeno prevalente, al mantenimento del figlio inabile.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso C.F. con tre motivi, illustrati con memoria.

Non ha svolto attività difensiva l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed, al riguardo, prospetta che, nel corso del giudizio di primo grado, il requisito della convivenza a carico non aveva formato oggetto di contestazione, essendo controversa solo la sussistenza del requisito socio-sanitario.

Con il secondo motivo la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1952, art. 13 nel testo sostituito dalla L. n. 903 del 1965, art. 22 in combinato disposto con il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, conv. nella L. n. 1272 del 1939, osservando che la corte napoletana aveva trascurato di considerare che la norma operava una presunzione legale di convivenza a carico per i figli minorenni o maggiorenni, ma inabili al lavoro, tenuto conto della specificità e pregnanza dei rapporti familiari.

Con l’ultimo motivo, infine, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 434 c.p.c. rileva che erroneamente era stata disattesa l’eccezione di nullità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, non essendo state con chiarezza individuate le statuizioni censurate e le censure in concreto mosse.

Il primo motivo è inammissibile.

La censura, infatti, contrasta (senza che della stessa sia stata fornita documentale giustificazione, alla luce del principio di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione) con l’accertamento, operato nella sentenza impugnata, che l’INPS, “riproponendo … un’eccezione dedotta tempestivamente con la comparsa di costituzione e ribadita in corso di causa”, ha dedotto “che, mediante la documentazione prodotta, incluso il certificato di morte del genitore, la C. non avesse assolto l’onere probatorio su di lei incombente” con riferimento alla sussistenza del requisito socio-economico, “nella parte in cui si è ritenuto che il certificato di situazione di famiglia … ne provasse sufficientemente la ricorrenza”.

Il secondo motivo è infondato.

L’interpretazione che della L. n. 218 del 1952, art. 13 nel testo sostituito dalla L. n. 903 del 1965, art. 22 propone la ricorrente non appare, infatti, conforme al consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, che ha più volte ribadito che la cosiddetta vivenza a carico del pensionato, richiesta ai fini della pensione di reversibilità a favore del figlio superstite (ultradiciottenne) inabile al lavoro, non è esaurita con la dimostrazione della convivenza tra tali due soggetti, occorrendo anche provare che il genitore defunto provvedeva in via continuativa ed in misura totale, o quantomeno prevalente, al mantenimento del figlio inabile (cfr. da ultimo Cass. n. 15440/2004). Il requisito della vivenza a carico, infatti, se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza, nè con la situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore ed in tale valutazione occorre prendere in considerazione tutti gli elementi di giudizio acquisiti al processo in base ai quali poter ricostruire la sussistenza o meno di una rilevante dipendenza economica del figlio inabile del defunto genitore (cfr. Cass. n. 11689/2005) ed il relativo onere probatorio, in quanto relativo al fatto costitutivo del diritto alla pensione, non può che gravare sul soggetto che tale diritto reclama.

Di tali principi la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, ritenendo la mera prova del requisito anagrafico insufficiente a fondare la pretesa alla pensione vantata dalla ricorrente. Inammissibile è, infine, l’ultimo motivo.

Osserva la ricorrente che “l’atto di appello non contiene minimamente la specificità” dei motivi di impugnazione, ma, a fronte dell’opposta valutazione operata dalla corte di merito, era onere della ricorrente documentare, in seno al ricorso, quanto prospettato, dovendosi ribadire, anche sotto questo aspetto, che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, la parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla relativa trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. ad es. per tutte Cass. n. 10913/1998; Cass. n. 12362/2006).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2010

 

 

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