Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6564 del 10/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6564
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27328-2019 proposto da:
A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA BAFILE 3,
presso lo studio dell’avvocato SERGIO MASSIMO MANCUSI, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA
CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 39628/2018 del TRIBUNALE di ROMA,
depositato il 21/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA
MARIA LEONE.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Roma in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva omologato la sussistenza del requisito sanitario relativo a A.M. relativo all’assegno di invalidità dal 1.12.2018 ed aveva invece omologato il requisito negativo relativamente alla pensione di inabilità, pur richiesta. Aveva poi integralmente compensato tra le parti le spese del giudizio.
Avverso tale ultimo capo della decisione, relativo alla compensazione delle spese, l’assistita proponeva ricorso affidato a due motivi motivo.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione art. 111 Cost. in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 ed all’art. 445 bis c.p.c. in relazione alla mancata motivazione del provvedimento impugnato in merito alla compensazione delle spese di lite:
2) Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
I motivi possono essere trattati congiuntamente.
La ricorrente ha censurato la statuizione sulla compensazione delle spese, a suo dire priva di motivazione circa le ragioni poste a fondamento della scelta compensativa e comunque errata.
Deve preliminarmente richiamarsi il principio espresso da questa Corte secondo cui “In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass. n. 19613/2017).
Questa Corte ha poi precisato che “La nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), si verifica anche in relazione al principio di causalità – nelle ipotesi in cui vi è una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero venga accolta parzialmente l’unica domanda proposta, sia essa articolata in un unico capo o in più capi, dei quali siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri”(Cass. n. 20888/2018).
In base ai principi richiamati, a cui si intende dare seguito, solo la parte interamente vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese del giudizio e, per parte interamente vittoriosa non può intendersi la parte che abbia dato causa a più domande delle quali solo talune siano state accolte.
Nel caso in esame risulta evidente dal decreto di omologa in questione che, a fronte di due differenti domande relative a due diverse prestazioni, solo per una di esse sia stata riconosciuta la presenza del requisito sanitario. Deve quindi ritenersi radicata in tale decisione la conseguente valutazione sulla compensazione delle spese, del tutto coerente con gli enunciati principi.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021