Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6563 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27327-2019 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA

BAFILE 3, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MASSIMO MANCUSI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA

CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 8579/2019 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 17/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Roma in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva omologato il requisito sanitario relativo a S.G. con riguardo alla indennità di accompagnamento con decorrenza dal 1.12.2018 ed allo status di handicap grave dalla domanda amministrativa; aveva integralmente compensato tra le parti le spese del giudizio, in considerazione dell’accertamento del requisito sanitario da epoca successiva alla visita della commissione medica Avverso tale ultimo capo della decisione, relativo alla compensazione delle spese, l’assistito proponeva ricorso affidato ad un solo motivo. Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1)Con unico motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente ha censurato la statuizione sulla compensazione delle spese rilevando il breve lasso di tempo intercorso tra la data di riconoscimento e quello della domanda amministrativa (due mesi).

Il motivo è infondato. Questa Corte, con riguardo alle spese processuali, ha avuto modo di chiarire che “In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti” (Cass. n. 19613/2017; Cass. n. 20888/2018).

Il principio espresso, a cui si intende dare continuità, delimita esattamente il concetto di soccombenza con riguardo alla condanna al pagamento delle spese, chiarendo che solo alla parte interamente vittoriosa non possono essere attribuite le spese del giudizio.

Anche da ultimo la recente decisione della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2018) ha ribadito che, fermo il principio di non attribuzione delle spese alla parte interamente vittoriosa, le ipotesi di compensazione, in aggiunta a quelle già espressamente considerate dall’art. 92 c.p.c., possono essere valutate dal giudice, ma comunque motivate e delimitate nel perimetro delle gravi e eccezionali ragioni. Di queste ultime, nel caso in esame, il Tribunale nel compensare le spese, ha dato conto, ritenendo che il ritardato riconoscimento della prestazione rispetto all’avvio della richiesta e della indagine medica svolta dalla commissione in sede amministrativa fosse comunque significativo ai fini della complessiva valutazione sulla assenza di totale vittoriosità.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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