Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6563 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/03/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 09/03/2020), n.6563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20905-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato CLAUDIO COGGIATTI, che la rappresenta e difende

assieme all’Avvocato NICOLA BIANCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE

dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 13/6/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 9/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Centrale dell’Emilia Romagna aveva accolto parzialmente il ricorso della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza (successivamente incorporata in Intesa San Paolo S.p.A.) avverso la sentenza n. 206/04/1995 della Commissione Tributaria di Secondo Grado di Piacenza di accoglimento dell’appello dell’Ufficio contro la sentenza di primo grado, con cui era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dall’Istituto di Credito avverso avviso di liquidazione dell’imposta di registro. Imposta applicata a seguito della denuncia di avveramento della condizione sospensiva relativa al verbale di aumento di capitale sociale della Cassa di Risparmio; aumento disposto con delibera approvata dopo il conferimento dell’azienda bancaria della Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano nella Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano S.p.A. (successivamente incorporata per fusione nella Cassa di Risparmio di Parma S.p.A.) e di un primo, contestuale, aumento di capitale, e ciò a seguito di approvazione, con decreto ministeriale, del progetto di conferimento, da parte della Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano, della propria azienda bancaria in una costituenda società per azioni, e di aumento di capitale sociale della suddetta Cassa di Risparmio;

l’Istituto di Credito resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con l’unico mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “violazione o falsa applicazione della L. 30 luglio 1990, n. 218, artt. 1 e 7; violazione dell’art. 14 disp. gen.” perchè la Commissione Centrale avrebbe errato nell’applicare l’aliquota agevolata prevista dall’art. 7 cit. non solo al conferimento dell’azienda di credito o di un ramo della stessa, ma anche all’operazione di aumento di capitale, ritenuta assimilabile ai conferimenti previsti dall’art. 7 cit.;

1.2. come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 16056/2001), la L. 30 luglio 1990, n. 218, art. 7, comma 1, sull’agevolazione delle ristrutturazioni ed integrazioni patrimoniali degli istituti di credito di diritto pubblico, nel disporre che al conferimento di un’azienda bancaria si applicano le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura dell’uno per mille e sino ad un importo massimo non superiore a cento milioni di lire, va interpretato nel senso che dell’agevolazione in questione godono solo i conferimenti e gli aumenti di capitale funzionali agli scopi di cui alla cit. L. n. 218 del 1990, art. 1, che determinino cioè la trasformazione o l’assorbimento in società per azioni degli enti creditizi pubblici nel detto art. 1 indicati, non anche, quindi, il mero aumento di capitale sociale deliberato dall’ente ormai “privatizzato” per reperire sul mercato mezzi economici, giacchè gli aumenti di capitale sociale non connessi al venir meno di un’attività pubblica d’impresa non sono “effettuati a norma dell’art. 1” citato ma, in quanto insorgenti dal concorso economico di privati, rientrano tra le comuni operazioni economiche societarie;

1.3. in particolare, è stato evidenziato, con riguardo alla questione se tale sistema impositivo agevolato si applichi complessivamente a tutte le operazioni poste in essere dalla contribuente (in quanto ipoteticamente inserire in un quadro unitario volto alla così detta “privatizzazione”) o se invece le operazioni di aumento del capitale sociale vadano considerate e tassate separatamente, che la cit. L. “Amato”, art. 7, comma 1, riconosce il diritto al trattamento agevolato alle fusioni, alle trasformazioni ed ai conferimenti effettuati a norma dell’art. 1, dovendo quindi ritenersi che il termine “conferimenti” debba essere inteso alla luce dell’art. 1 e non come comprensivo di tutte le ipotesi di aumento di capitale;

1.4. il cit. art. 1, al suo comma 1, prevede, nel testo vigente al momento dell’esecuzione degli aumenti di capitale, che “gli enti creditizi pubblici iscritti nell’albo di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 29, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni, nonchè le casse comunali di credito agrario e i monti di credito su pegno di seconda categoria che non raccolgono risparmio tra il pubblico possono effettuare trasformazioni ovvero fusioni con altri enti creditizi di qualsiasi natura, da cui, anche a seguito di successive trasformazioni o conferimenti, risultino comunque società per azioni operanti nel settore del credito”;

1.5. la legge mirava a favorire le così dette privatizzazioni, cioè la trasformazione degli “enti creditizi pubblici” in società per azioni e tale trasformazione poteva certo avvenire per “conferimento”, ma per conferimento dell’intera azienda o di un ramo di essa in una preesistente società per azioni (magari formata da istituti pubblici di credito già “privatizzati”);

1.6. il “conferimento”, cioè, in tanto è funzionale alla privatizzazione in quanto trasformi un’istituzione pubblica in istituzione privata, ed in questo quadro l’agevolazione ben può assistere l’aumento di capitale sociale che consegue al conferimento, ma non vi è ragione per agevolare il mero aumento di capitale sociale, deliberato dall’ente ormai “privatizzato” per reperire sul mercato mezzi economici, ovvero un aumento di capitale sociale che non nasce dal venir meno di una attività pubblica d’impresa, ma dal concorso economico di privati, rientra fra le comuni operazioni economiche della società ed i conferimenti che danno luogo a tale incremento del capitale sociale non sono “effettuati a norma dell’art. 1” della legge, e perciò non sono agevolati;

1.7. nel caso in esame, come rilevato anche nella sentenza impugnata, l’intera operazione, sia di conferimento che di aumento del capitale sociale, rientrava nel programma approvato dall’Autorità governativa in funzione della ristrutturazione del sistema creditizio pubblico disciplinato dalla L. n. 218 del 1990;

1.8. all’aumento del capitale sociale, che ha fatto seguito, a breve distanza di tempo (22.2.1992), al conferimento dell’azienda bancaria (24.12.1991) – circostanze incontestate – deve ritenersi quindi parimenti applicabile l’agevolazione in oggetto;

2. per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;

3. le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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