Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6563 del 05/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 6563 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

PU

SENTENZA

sul ricorso 20352-2011 proposto da:
DT

PERSTO

VENCESLAO

(G.F.

DPRVCS40511X562X),

elettivamente domicIliato in ROMA, VIALE MAZZINI

119,

presso l’avvocato ORESTE BISAZZA TERRACINI,
rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANO MILIA,

Data pubblicazione: 05/04/2016

ROBERTO MILIA, giusta procura in calce al ricorso;
ricorrente –

2016
contro

341

COMUNE DI PESCARA;
– intimato –

Nonché da:

1

COMUNE DI PESCARA (C.F. 00124600685), in persona del
Vice Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso l’avvocato QUIRINO
D’ANGELO, rappresentato e difeso dall’avvocato OSVALDO
PROSPERI, giusta procura a margine del controricorso e

controricorrente e ricorrente incidentale contro

DI

PERSIO

VENCESLAO

(C.F.

DPRVCS40511X562X),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 119,
presso l’avvocato ORESTE BISAZZA TERRACINI,
rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANO MILIA,
ROBERTO MILIA, giusta procura in calce al ricorso
principale;

controricorrente al ricorso incidentale

avverso la sentenza n. 1/2011 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, depositata il 11/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO

ricorso incidentale;

PIETRO LAMORGESE;
udito,

per

il

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, l’Avvocato PROSPERI OSVALDO che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

Svolgimento del processo

1.- Con atto di citazione notificato il 9 luglio 2001, il
sig. Venceslao Di Persio ha convenuto in giudizio il
Comune di Pescara e ne ha dedotto la responsabilità per un

duplice profilo. Egli ha riferito di avere perduto la
proprietà di un’area di sua proprietà, acquistata con atto
a rogito Notaio Rozzi in data 11 dicembre 1979, trascritto
il 2 febbraio 1981, occupata d’urgenza con ordinanza
sindacale del 2 gennaio 1981, irreversibilmente
trasformata nel 1984 e, quindi, acquisita dalla P.A. senza
emettere il decreto di esproprio, ragione per la quale ha
chiesto la condanna del Comune al risarcimento. Inoltre,
ha dedotto l’illegittimità del comportamento del Comune
che aveva corrisposto, in data 26 luglio 1996, il
risarcimento del danno da occupazione acquisitiva (£.
1.880.945.466) ai precedenti proprietari, Marino Costante
ed altri, sulla base di una sentenza di condanna, passata
in giudicato, emessa il 28 marzo 1995 nei confronti del

medesimo Comune dal Tribunale di Pescara ) e di una
declaratoria di inefficacia dell’atto di trasferimento del
1979 pronunciata, all’esito di un separato giudizio
introdotto dai sig.ri Marino, dalla Corte d’appello de
L’Aquila, con sentenza 25 marzo 1986. Quest’ultima
sentenza, tuttavia, era stata annullata dalla Cassazione,
con sentenza n. 3185/1991, e la Corte d’appello di
3

Perugia, in sede di rinvio, con sentenza 24 settembre
1998, aveva rigettato le domanda dei Marino, acclarando la
piena validità dell’atto di trasferimento dell’area in
favore di Di Persia e, quindi, implicitamente, il suo
pieno diritto al risarcimento del danno, corrisposto,

invece, ai precedenti proprietari. In particolare,
l’attore ha imputato al Comune di avergli cagionato un
danno in mala fede: infatti aveva corrisposto il
risarcimento a chi non risultava proprietario dai registri
catastali, nonostante le numerose diffide (inviategli a
partire dal 18 settembre 1992) a corrispondere
l’indennizzo in suo favore, in quanto proprietario; aveva
omesso di eccepire il difetto di legittimazione ad agire
di Marino nella causa avente ad oggetto il risarcimento
del danno da occupazione acquisitiva e di impugnare la
sentenza del Tribunale di Pescara del 1995 che aveva
accolto la domanda risarcitoria.

2.- La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza 11
gennaio 2011, ha rigettato il gravame di Di Persio avverso
la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva rigettato
le sue domande. La Corte ha ritenuto insussistente il
danno lamentato, poiché, pur ipotizzando una imprudenza
del Comune di Pescara, permaneva il diritto dell’attore di
vedersi corrispondere il dovuto; ha ritenuto che
correttamente il Comune avesse emesso il decreto di
4

espropriazione

(rectius: di occupazione) d’urgenza in data

2 gennaio 1981 nei confronti dei precedenti proprietari,
avendo il Di Persia trascritto il suo titolo di acquisto
solo successivamente (in data 2 febbraio 1981); che
correttamente avesse anche corrisposto il risarcimento in

loro favore nel 1996, in esecuzione di una sentenza
passata in giudicato, dal momento che solo la successiva
sentenza della Corte d’appello di Perugia del 1998 aveva
rigettato definitivamente la domanda di Marino di
annullamento dell’atto di acquisto di Di Persio; inoltre,
la Corte ha confermato il giudizio di intervenuta
prescrizione del diritto al risarcimento del danno da
occupazione acquisitiva, poiché il termine quinquennale
era decorso dalla scadenza del termine di occupazione
legittima (1986) e, non essendo stato interrotto, era
spirato nel 1991.

3.- Avverso questa sentenza Di Persio ha proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi, cui si è opposto il
Comune di Pescara che ha proposto ricorso incidentale
affidato a un motivo. Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo del ricorso principale, che
denuncia violazione degli artt. 2043 e 2909 c.c., 51,
primo comma, della legge n. 2359/1865 e 23, primo comma,
5

lett. g), del dPR n. 327/2001, e vizio di motivazione, il
Di Persia imputa alla Corte aquilana di avere escluso
l’illegittimità del comportamento del Comune di Pescara
che, invece, sarebbe dimostrata dal fatto di avere
incautamente corrisposto il risarcimento del danno ai

Marino, precedenti proprietari dell’area acquisita.

1.1.- Il motivo è fondato.

1.1.1.- La tesi del Comune, acriticamente avallata dai
giudici di merito, si basa sulle seguenti considerazioni:
il decreto di occupazione d’urgenza sarebbe stato
correttamente emesso (nel gennaio 1981) nei confronti dei
precedenti proprietari, poiché a quell’epoca il titolo di
acquisto in favore di Di Persio non era stato ancora
trascritto (lo fu soltanto nel febbraio 1981); il
risarcimento del danno sarebbe stato correttamente
corrisposto, nel 1996, in favore dei Marino (attori in
quel giudizio), in esecuzione di una sentenza definitiva
del Tribunale di Pescara del 1995 che aveva condannato il
Comune al risarcimento del danno; l’accertamento della
titolarità del bene in capo a Di Persio sarebbe avvenuto
solo nel 1998, quando la Corte d’appello di Perugia, in
sede di rinvio dalla Cassazione, aveva definitivamente
rigettato la domanda dei Marino di annullamento
dell’acquisto di Di Persia. In tal modo la Corte
territoriale ha ritenuto che il debito risarcitorio si
6

fosse estinto per effetto del pagamento al creditore
apparente, operato dal Comune in buona fede, ai sensi
dell’art. 1189, primo comma, c.c.; di conseguenza, ha
assolto il Comune dall’onere di un ulteriore pagamento (in
favore dell’avente diritto effettivo), pur ritenendo, con

una certa dose di contraddittorietà, che permarrebbe il
diritto di Di Persio di vedersi corrispondere il dovuto,
senza tra l’altro specificare da chi, anche se
implicitamente la Corte ritiene che è nei confronti del
creditore apparente (cioè dei Marino) che il Di Persio
dovrebbe rivolgere la sua attuale pretesa.

1.1.2.- Si deve premettere che l’applicazione del
principio dell’apparenza del diritto, a norma dell’art.
1189 c.c., in base al quale è possibile riconoscere
effetto liberatorio al pagamento fatto dal debitore in
buona fede a chi appare legittimato a riceverlo,
presuppone l’esistenza di uno stato di fatto non
corrispondente alla situazione di diritto e il
convincimento del terzo, derivante da errore scusabile,
che lo stato di fatto rispecchi la realtà giuridica.
Pertanto, occorre indagare non solo sulla buona fede del
terzo (in questo caso, del Comune), ma anche sulla
ragionevolezza dell’affidamento, il quale non può essere
invocato da
(riconducibile

g

chi versi in una situazione di colpa
a

negligenza)

per

aver

trascurato
7

l’obbligo, derivante dalla stessa legge e dalle norme di
comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose,
facilmente controllabile, e per essersi affidato alla mera
apparenza. La suddetta indagine coinvolge una

quaestio

facti, le cui conclusioni tratte dai giudici di merito non

sono censurabili nel giudizio di legittimità, ove si
fondino su argomentazioni logiche e prive di
contraddizioni (v. Cass. n. 20906/2005).

1.1.3.- Le

argomentazioni contenute nella sentenza

impugnata, che ha assolto il Comune da ogni responsabilità
per avere corrisposto il risarcimento a chi non aveva
diritto a riceverlo, non essendo più proprietario del bene
al momento dell’acquisizione, non sono né logiche né prive
di contraddizioni e, nel complesso, si espongono alle
puntuali critiche avanzate dal ricorrente.

L’argomentazione

riguardante

l’individuazione

del

destinatario del decreto di occupazione d’urgenza, emesso
nel gennaio 1981, assume scarso rilievo in una causa, qual
è quella in esame, il cui oggetto è il risarcimento del
danno da occupazione acquisitiva per l’effetto traslativo
della res, a titolo originario, a causa dell’irreversibile
trasformazione avvenuta, nel 1984, quando il titolo di
acquisto del Di Persio era stato registrato da circa tre
anni (nel febbraio 1981).

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La circostanza, poi, che il pagamento in favore dei
precedenti proprietari sia avvenuto in esecuzione di una
sentenza definitiva di condanna emessa nel 1995 dal
Tribunale di Pescara, non dimostra con certezza la buona
fede del Comune. Infatti, l’azione dei Marino di

annullamento del titolo di acquisto di Di Persio
(registrato, come s’è detto, nel febbraio 1981) era stata
accolta dalla Corte d’appello de L’Aquila nel 1986 con una
sentenza, però, annullata dalla Cassazione già nel 1991,
cioè in epoca precedente sia alla menzionata sentenza del
Tribunale di Pescara sia all’esecuzione della stessa con
il pagamento in favore dei Marino nel 1996 (la successiva
sentenza della Corte d’appello di Perugia, emessa nel
1998, non fece altro che acclarare definitivamente la
validità del titolo di acquisto, al quale da tempo non
v’era ragione di negare effetti giuridici, quanto meno
dopo la sentenza della Cassazione del 1991). Nel giudizio
svoltosi dinanzi al Tribunale di Pescara per il
risarcimento del danno invocato dai precedenti
proprietari, il Comune, anziché eccepire il loro difetto
di legittimazione ad agire ovvero estendere il
contraddittorio nei confronti di Di Persi° e, comunque,
proporre gravame avverso la sentenza del 1995, l’ha
tempestivamente eseguita, corrispondendo ai Marino quanto
era dovuto al Di Persi°, nonostante le diffide inviategli
da quest’ultimo sin dal 18 settembre 1992.
9

1.1.4.-

E’

senz’altro

vero

che,

ai

fini

della

individuazione del titolare del diritto al risarcimento
del danno per la perdita della proprietà di un immobile,
così come dell’avente diritto all’indennità di
espropriazione, le indicazioni provenienti dalle

risultanze catastali non precludono al giudice di formare
il proprio convincimento circa la legittimazione di chi
agisce sulla base di altri elementi, documentali o
presuntivi, sufficienti ad escludere una erronea
destinazione del pagamento, dei quali è tenuto a fornire
adeguata giustificazione (v. Cass. n. 7904/2012).
Tuttavia, nella fattispecie in esame, è l’adeguatezza di
tale giustificazione che è mancata, avendo la Corte di
merito ignorato le risultanze catastali, a vantaggio di
un’ipotesi congetturale di parte circa l’invalidità
dell’atto traslativo dal quale risultava che proprietario
del bene era un altro soggetto.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt.
2935, 2944 e 2947 c.c., nonché vizio di motivazione, per
avere erroneamente dichiarato prescritto l’azionato
credito risarcitorio.

2.1.- Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che
l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un

lo

privato da parte della P.A., allorché il decreto di
esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato,
integrano un illecito di natura permanente che dà luogo ad
una pretesa risarcitoria avente ad oggetto i danni per il
periodo (non coperto dall’eventuale occupazione legittima)

durante il quale il privato ha subito la perdita delle
utilità ricavabili dal bene sino al momento della
restituzione, ovvero ad una domanda risarcitoria per
equivalente che egli può esperire, in alternativa,
abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che
la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento
dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno
per la perdita del godimento del bene, e dalla data della
domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente (v.
Cass., sez. un., n. 735/2015; n. 8965/2014). In senso
difforme da questo principio si è espressa la sentenza
impugnata, che ha fatto decorrere la prescrizione del
credito risarcitorio, avente ad oggetto il controvalore
del bene ed i relativi accessori, dalla scadenza
dell’occupazione legittima.

3.- In conseguenza dell’accoglimento del motivo di ricorso
che precede, resta assorbito l’unico motivo del ricorso
incidentale, con il quale il Comune di Pescara deduce
violazioni di legge e omessa pronuncia sulla propria

11

eccezione di novità della controeccezione del Di Persio di
interruzione della prescrizione.
4.-

In

conclusione,

in

accoglimento

del

ricorso

principale, assorbito l’incidentale, la sentenza impugnata

anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte,

in accoglimento del ricorso principale,

assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte d’appello de L’Aquila, anche
per le spese del presente giudizio.

Roma, 12 febbraio 2016.

è cassata con rinvio alla Corte d’appello de L’Aquila,

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