Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6562 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

S.T.I. Solfotecnica Italiana Spa, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. Mario Martelli del

Foro di Bologna, che ha indicato recapito PEC, e dall’Avv.

Alessandro Giussani, che pure ha indicato recapito PEC, ed

elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore,

alla via Francesco Siacci n. 38 in Roma;

– controricorrente –

e

Equitalia Romagna Spa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, corrente in Ravenna, alla via Magazzini Posteriori, n.

28/X;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 615, pronunciata dalla Commissione tributaria

regionale dell’Emilia-Romagna il 27.2.2014, e pubblicata il

31.3.2014;

ascoltata, in Camera di Consiglio, la relazione svolta dal

consigliere Di Marzio Paolo;

la Corte osserva.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Equitalia Spa notificava alla S.T.I. Solfotecnica Italiana Spa la cartella di pagamento n. 093 2007 00002917 46, attinente ad Irpeg ed Irap per l’anno 2002, a seguito della affermata intervenuta definitività del prodromico avviso di accertamento, a causa della indebita deduzione di costi per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 7-ter (TUIR, poi TUIR, art. 110, comma 11) in relazione a pretesi esborsi attinenti ad operazioni commerciali concluse con Paesi inclusi nella c.d. black-list, omettendone l’annotazione separata nella dichiarazione dei redditi (sent. Ctr, p. 1).

2. La contribuente impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ravenna lamentando la mancanza di una valida notificazione del prodromico avviso di accertamento. La Ctp riteneva fondate le ragioni addotte dalla società, ed annullava la cartella di pagamento.

3. L’Agenzia delle entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, che rigettava il ricorso, confermando l’annullamento della cartella esattoriale.

4. Avverso la decisione adottata dalla Ctr di Bologna ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso la società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Agenzia delle entrate contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, per avere la Ctr trascurato l’esame delle “copie degli avvisi di ricevimento dell’atto di accertamento e della comunicazione di avvenuto deposito, nonché del provvedimento di archiviazione del procedimento penale instaurato a seguito di denuncia/querela presentata dalla parte nei confronti dell’agente postale” (ric., p. 7).

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria censura la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, della L. n. 890 del 1982, art. 8, nonché degli artt. 2697 e 2700 c.c., perché le risultanze dell’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito (c.d. CAD), prodotto sin dal primo grado del giudizio, possono essere contestate soltanto mediante querela di falso, che non è stata proposta dalla contribuente.

3. Mediante il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate contesta il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Ctr per aver omesso l’esame di documenti decisivi, ed in particolare “la copia dell’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito, c.d. CAD, dell’11/08/2006, recante il numero 76125636139” (ric., p. 13), che afferma essere idonea a provare la regolare conclusione del procedimento notificatorio dell’avviso di accertamento.

3.1. Chiarezza impone di ricordare che, nella prospettazione della contribuente, odierna controricorrente, essa società non ha mai ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento “asseritamente notificato il giorno 21/08/2006” (controric., p. 2), di cui ha avuto conoscenza soltanto in conseguenza della notifica della cartella esattoriale impugnata nel presente giudizio. Prospetta la società che l’ufficiale postale aveva tentato la notifica “degli avvisi di ricevimento e”, dalle “raccomandate postali spedite in data 09/08/2006 e 10/08/2006, è emerso che l’Agente postale incaricato della consegna, stante l’assenza del destinatario, avrebbe immesso nella cassetta della corrispondenza, rispettivamente, l’avviso di deposito del plico presso l’ufficio postale, nonché l’avviso della raccomandata spedita il giorno successivo, con la comunicazione del tentativo di notifica. In effetti nei giorni 10 e 11 agosto 2006, date in cui l’Agente postale ha tentato le notifiche suddette, gli uffici della S.T.I. Solfotecnica Italiana Spa erano chiusi per ferie e lo stabile in cui ha sede la società non è dotato di portiere… nei giorni indicati, era assolutamente impossibile accedere alla “buca” della posta che si trova all’interno dello stabile… l’Amministratrice della società esponente, ritenendo false le affermazioni dell’Agente Postale relativamente all’immissione in buca degli avvisi, ha presentato alle competenti autorità atto di Denuncia-querela” (controric., p. 3 s.).

3.2. La Ctr scrive che “si deve rilevare come dai documenti allegati non si riesca a provare la notifica dell’atto” impositivo, “da una verifica degli atti allegati si evince unicamente la copia di un avviso di ricevimento non ritirato portante la data del 22.08.2006 nel quale è indicato che è stata spedita comunicazione dell’avvenuto deposito il 10.08.2006 ma di questa comunicazione manca la copia e quindi non vi è la prova che sia stata notificata, il che non consente di determinare né il soggetto ricevente né la data di ricezione, manca quindi la prova che l’iter di notificazione sia stato pienamente osservato… la mancata produzione dell’avviso di ricevimento comporta conseguentemente l’invalidità della notifica, e l’illegittimità della cartella di pagamento basata sull’avviso di accertamento in quanto non preceduta dalla regolare notifica al contribuente dell’avviso predetto” (sent. Ctr, p. 2 s.). Non emerge pertanto alcuna omissione di pronuncia della Ctr, che motiva espressamente e con chiarezza la propria decisione circa la insussistenza della prova di una regolare notificazione dell’avviso di accertamento. La decisione adottata dal giudice dell’appello risulta peraltro conforme all’orientamento proposto in materia da questa Corte di legittimità, la quale ha recentemente ribadito, pronunciando a Sezioni Unite, che “in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2) della L. n. 890 del 1982, art. 8 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”, Cass. SS.UU., 15.4.2021, n. 10012 (evidenza aggiunta).

3.2.1. La ricorrente contesta la ricostruzione proposta dalla Ctr, affermando che la c.d. CAD era stata prodotta sin dal primo grado del giudizio. Ora, se davvero il giudice dell’appello avesse frainteso il contenuto dei documenti allegati in atti ricorrerebbe un vizio di percezione, contestabile mediante il rimedio revocatorio, e non con il ricorso per cassazione.

Non solo. Questa Suprema Corte ha già avuto modo di evidenziare che “la notifica di un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale è valida, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purché mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilità del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale; l’art. 145 c.p.c., infatti, non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli artt. 140 e 143 c.p.c., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 c.p.c., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale, che aveva ritenuto nulla la notificazione dell’avviso dell’udienza della fase prefallimentare effettuata alla società debitrice a mezzo dell’ufficiale postale, il quale, non avendo trovato alcuna persona idonea a ricevere il plico presso la sede della società, aveva provveduto al suo deposito presso l’ufficio postale ed all’avviso relativo con lettera raccomandata)”, Cass. sez. VI-I, 13.9.2011, n. 18762.

L’Agenzia delle entrate critica pure che la Ctr avrebbe omesso l’esame dell’esito della denuncia querela presentata dalla società avverso l’operato dell’agente notificatore, cui ha imputato di essersi reso responsabile di aver redatto false attestazioni, procedimento conclusosi con l’archiviazione della querela (ric., p. 7). Il giudice dell’appello ha dato prova, nella sua decisione, di avere ben presente la vicenda, cui opera espresso riferimento già a p. 1 della sua pronuncia, ed ha poi condivisibilmente ritenuto che la stessa risultasse irrilevante ai fini dell’accertamento fiscale. Del resto, la ricorrente neppure illustra quale sarebbe il rilievo che avrebbe dovuto attribuirsi all’archiviazione della querela.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

4. Mediante il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate critica la decisione assunta dal giudice dell’appello perché le risultanze dell’avviso di ricevimento della comunicazione di intervenuto deposito (C.A.D.) possono essere contestate soltanto mediante querela di falso, e non mediante strumenti inappropriati, come la denuncia penale del messo notificatore per essersi reso responsabile di reati di falsa attestazione. La censura rimane assorbita da quanto osservato in ordine al primo motivo di ricorso. Se non si è raggiunta la prova dell’intervenuta notifica dell’avviso di accertamento al contribuente da parte dell’Amministrazione finanziaria, che era onerata dal fornirla, rimangono irrilevanti le modalità con le quali la parte privata ha cercato di dimostrare di non aver ricevuto la notificazione dell’atto impositivo.

In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia. Nulla sulle spese nei confronti di Equitalia Romagna spa rimasta intimata.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, e non risulta pertanto dovuto il versamento del c.d. doppio contributo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita contribuente, e le liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

 

 

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