Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6561 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 14/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.14/03/2017),  n. 6561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17958/2015 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliata in Roma, Via di Santa Teresa

n. 23, presso l’avvocato Pietrosanti Fabrizio, rappresentata e

difesa dall’avvocato Drago Fabrizio, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via G. G. Belli

n. 39, presso l’avvocato Lembo Alessandro, rappresentato e difeso

dall’avvocato Vigna Giancarlo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Cons. Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato FABRIZIO MARIA DRAGO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO LEMBO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.E. ricorre per cassazione nei confronti di R.B., articolando cinque motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino 12 gennaio 2015, n. 19, che ha confermato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Cuneo, con decisione del 14 febbraio 2012. La Corte torinese ha così condannato la ricorrente al pagamento della somma di Euro 16.682,29 oltre interessi, in ragione del fatto che R.B., unico altro e paritetico socio della disciolta s.n.c. “Il Borgo market di A.E.”, le aveva chiesto il rimborso pro quota (50%) di finanziamenti soci e di pagamenti di debiti sociali con propri fondi eseguiti per conto di tale Società.

Con la pronuncia impugnata, la Corte di Appello ha confermato l’inapplicabilità alla fattispecie della prescrizione breve disposta dall’art. 2949 c.c., che era stata eccepita da A.E., come pure ha confermato la sussistenza del credito azionato in giudizio.

R.B. resiste con controricorso.

Memoria ex art. 378 c.p.c., viene depositata da A.E..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I Motivi di ricorso formulati da A.E. denunciano i seguenti vizi.

Il Primo Motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2949, 2267, 2291, 2280, 2263, 2247 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare, si censura la sentenza della Corte di Appello per avere escluso l’applicabilità della norma dell’art. 2949 c.c., rilevando che nella specie si trattava di iniziative spontanee del socio, senza che di una simile limitazione vi sia traccia nel testo della norma.

Il Secondo Motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2949, 2267, 2291, 2280 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la sentenza tenuto in conto che il R. aveva effettuato il pagamento di debiti sociali in quanto socio di società in nome collettivo e, come tale, illimitatamente e personalmente responsabile dei debiti della stessa.

Il Terzo Motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2949, 1321, 1374, 2247, 2291, 1292 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si censura, in specie, che la sentenza non abbia considerato che l’obbligo del R. di pagare i debiti sociali, ovvero di effettuare versamenti alla Società, abbia tratto origine dall’atto costitutivo della Società, che si trattava cioè di obbligazioni derivanti dal contratto sociale.

Il Quarto Motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2949, 1321, 1374, 2247, 2257, 2291, 2298 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si addebita alla sentenza di avere assegnato rilievo decisivo alla mancanza di un atto deliberativo formale a fondamento dei finanziamenti e dei pagamenti eseguiti, laddove si trattava di una società in nome collettivo, in cui apporti finanziari e pagamento di debiti sociali sono effettuati dal socio in quanto vi è tenuto in via illimitata e solidale e non necessitano di alcuna delibera preventiva.

Il Quinto Motivo predica la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 342, 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere ritenuto carenti sia di tempestività, che di specificità le contestazioni, mosse dall’attuale ricorrente in primo e secondo grado, circa la sussistenza dei crediti azionati dal R..

2.- I Motivi di ricorso dal Primo al Quarto possono essere esaminati in modo congiunto, in quanto tutti concernenti una medesima questione di base, come relativa all’ipotetica applicazione alla fattispecie della prescrizione breve disposta dalla norma dell’art. 2949 c.c., comma 1.

L’eventualità di una simile applicazione va peraltro esclusa con riguardo al caso concretamente in esame. I detti Motivi risultano, dal canto loro, inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

3.- E’ invero consolidato orientamento di questa Corte che la prescrizione solo quinquennale, che viene dettata nel comma 1 dell’art. 2949, non abbia portata smisurata, bensì ristretta. La stessa riguarda unicamente, cioè, i diritti che derivano da rapporti inerenti all’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto sociale, nonchè da rapporti relativi alle situazioni propriamente organizzative determinate dal successivo svolgimento della vita sociale. Con esclusione, pertanto, di quanto legato solo occasionalmente all’organizzazione dell’ente e di quanto attinente in modo diretto allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

In questo suo riferirsi agli atti e vicende specificamente attinenti alla struttura organizzativa dei rapporti sociali, la norma trova la sua ragione di regime diverso da quello comune, come ordinariamente dettato per il correre della prescrizione, di cui all’art. 2964 c.c.. Per l’enunciazione di questi principi si veda, in specie, la pronuncia di Cass., 1 giugno 1993, n. 6107 (ove pure, tra l’altro, il richiamo a precedenti ancor più lontani nel tempo). Tra le altre, si vedano inoltre, più di recente, Cass., 25 settembre 2013, n. 21903 (che ha riscontrato il rientrare nel perimetro della norma speciale il caso dei versamenti di danaro posti a carico in termini di conferimenti ai soci di una cooperativa); Cass., 23 ottobre 2014, n. 22574 (che analogamente ha deciso con riferimento alla liquidazione della quota del socio).

Con peculiare riferimento alla fattispecie del recupero delle somme versate in società a titolo di finanziamento soci si ricorda la già citata sentenza di Cass., 1 giugno 1993, n. 6107, la quale ha in proposito rilevato che la “prescrizione abbreviata ex art. 2949 c.c., non si applica all’azione di regresso spettante al socio che, avendo assunto con altri soci un debito per finanziare la società, si era rivolto ad altro socio per il recupero della quota facente carico a quest’ultimo, posto che il rapporto non trovava la sua fonte in un obbligo derivante dal contratto sociale o da deliberazione della società, ma da accordo intervenuto tra di essi per agevolare e rendere possibile quel finanziamento, onde la relazione di detto accordo con l’organismo sociale e il suo ordinamento interno doveva intendersi del tutto occasionale e non legato da vincolo di consequenzialità genetica con essi”. Da richiamare è, altresì, la sentenza di Cass., 24 giugno 2015, n. 13084, che ribadisce che l'”interesse del socio a erogare un finanziamento alla società è collegato al rapporto sociale solo in via di fatto poichè opera soltanto sul piano dei motivi ed è connesso alla soddisfazione delle esigenze finanziarie della società, salvo che non rinvenga la sua fonte in un obbligo giuridico derivante da una deliberazione o dal contratto sociale”.

Non diversamente, d’altra parte, si deve ritenere per il caso del regresso nei confronti degli altri soci che si titoli nell’avvenuto pagamento, da parte di uno di essi, di un debito della società; caso che pure occupa la fattispecie concreta. Che tale pagamento, e la relativa azione di regresso, pianamente si collocano come vicende attinenti all’ordinario svolgimento dell’attività imprenditoriale dell’ente. Le stesse non presentano perciò profili di peculiarità nei confronti delle altre, correnti relazioni intersoggettive che vengono a svolgersi in proposito; e come tali rimangono estranee al raggio di azione della prescrizione breve sancita dalla norma dell’art. 2949 c.c., comma 1.

4.- Anche il Quinto Motivo di ricorso va rigettato, in quanto inammissibile. Lo stesso si risolve, in realtà, nel richiedere un nuovo esame del merito, che risulta per contro precluso. Esame, del resto, svolto dalla sentenza della Corte di Appello con motivazione senz’altro plausibile, anche per relationem richiamandosi a quanto già rilevato in prime cure dal Tribunale di Cuneo.

D’altro canto, pure da rilevare è che le censure riportate dalla difesa di A.E. nel contesto del ricorso, se possono apparire carenti in punto di effettivo rispetto del principio di autosufficienza, sicuramente sono caratterizzate da un ampio tratto di genericità.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna A.E. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto delle sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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