Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6560 del 05/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 6560 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 7454-2010 proposto da:
BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOC. COOP. PER AZIONI (C.F.
00053810149), in persona dei legali rappresentanti pro
tempore,

elettivamente domiciliata

in

ROMA, Via

PACUVIO 34, presso l’avvocato GUIDO ROMANELLI, che la

Data pubblicazione: 05/04/2016

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BENITO
2016

PERRONE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

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contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A.

(C.F./P.I.

00884060526), in persona del legale rappresentante pro

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tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO
TONIOLO 6, presso l’avvocato UMBERTO MORERA, che la
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso;
– contraricorrente –

di MILANO, depositata il 30/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/01/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato C. ROMANELLI, con
delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito,
,

per

la

controricorrente,

l’Avvocato

F.

PELLEGRINI, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per
l’accoglimento del secondo motivo, assorbiti i
restanti.

avverso la sentenza n. 310/2009 della CORTE D’APPELLO

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca Popolare di Sondrio aveva emesso un assegno
circolare non trasferibile all’ordine di Leonardo Citraro e
lo aveva spedito a quest’ultimo il 14/4/2000. Qualche tempo

dopo il Citraro aveva lamentato di non aver ricevuto
l’assegno ma la banca gli aveva comunicato che il titolo
risultava incassato. Il Citraro sporgeva allora denuncia ai
Carabinieri deducendo di non aver mai incassato l’assegno e
disconoscendo la sottoscrizione per quietanza ivi apposta.
Veniva accertato che l’assegno era stato pagato a persona
diversa dal legittimo prenditore, dal Monte dei Paschi di
Siena e la Banca Popolare di Sondrio aveva dovuto rinnovare
il pagamento in favore di Leonardo Citraro. L’importo
versato era stato richiesto senza esito alla banca Monte
dei Paschi di Siena ed era seguito il giudizio instaurato
dalla Banca Popolare di Sondrio.
Il Monte dei Paschi, convenuto, esponeva che il 26/4/2000
una persona qualificatasi per Leonardo Citraro e
identificata con la patente di guida apriva un deposito a
risparmio versando la somma di un milione di lire oltre
all’assegno circolare. L’operazione era eseguita solo dopo
avere ottenuto riscontro positivo di bene emissione dalla
Popolare di Sondrio ed avere acquisito anche il codice
fiscale. Le somme in oggetto venivano prelevate 12 giorni

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dopo il deposito senza che nelle more fosse pervenuta
alcuna segnalazione o denuncia di furto dell’assegno.
:

Il Tribunale accoglieva la domanda rilevando che il
comportamento complessivamente tenuto dal Monte dei Paschi

non era stato improntato alla doverosa diligenza
professionale esigibile dal banchiere. In particolare,
affermava il Tribunale che la condotta della banca non era
censurabile in ordine all’apertura del conto ma lo
diventava in ordine al versamento dell’assegno circolare
che richiede ben più incisive cautele. Quest’ultima
operazione presentava notevoli anomalie che avrebbero
dovuto indurre ad una più sicura identificazione del
prenditore, dal momento che Citraro non era cliente, aveva
versato sul deposito soltanto un milione di lire; la
patente di guida è più facilmente falsificabile, il tempo
trascorso per il prelievo era stato molto breve essendo
finalizzato esclusivamente a consentire lo scambio in
stanza di compensazione ed, infine, la notevole distanza
tra luogo di emissione e luogo di presentazione. In
particolare, era agevole riscontrare che l’assegno
circolare recava come indirizzo del prenditore Borgia,
mentre il presentatore era nato a Cosenza e residente a
Manfredonia, come poteva rilevarsi da un esame non
superficiale della patente.

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La Corte d’Appello di Torino, su impugnazione del Monte dei

Paschi, riformava integralmente la pronuncia di primo grado
sulla base delle seguenti affermazioni :
non

è

condivisibile

l’assunto

secondo

il

quale

l’identificazione nella specie doveva essere duplicata e
che doveva essere eseguita con due diversi metri di
diligenza, dal momento che la diligenza del buon banchiere
nella specie non è suscettibile di graduazioni. Peraltro i
tempi dell’accredito dell’assegno avrebbero potuto
consentire in caso di celere contestazione della banca il
suo sollecito storno.
La patente è un documento d’identità del tutto idoneo
all’identificazione e quello presentato non presentava
alterazioni. Non esiste una graduatoria di attendibilità
dei documenti d’identificazione.
Le ulteriori argomentazioni relative ad una pregressa
residenza in Borgia, rispetto all’attuale in Manfredonia
non inducono a perplessità sulla autenticità del documento
d’identificazione. Inoltre la banca negoziatrice nulla
poteva e doveva essere tenuta a sapere in ordine al
rapporto sottostante tra banca emittente e effettivo
beneficiario.
Il titolo non presentava alterazione e sullo stesso il
prenditore era indicato con dati corrispondenti a quelli
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indicati sul documento di riconoscimento esibito anch’esso
ictu acuii privo di contraffazioni.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di
legittimità il comportamento della banca è risultato esente
da colpa non essendo la banca tenuta a predisporre

..

un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o
chimici ai fini della scoperta della contraffazione.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione
la Banca Popolare di Sondrio con quattro motivi. Ha
resistito con controricorso il Monte dei Paschi di Siena.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel primo motivo di ricorso viene dedotta l’omessa od
insufficiente motivazione in ordine alla esclusione della
negligenza a carico della banca negoziatrice, non
risultando esaminati i molteplici profili che avevano
indotto il Tribunale ad opposta conclusione.
La censura è inammissibile perché priva di sintesi fattuale
ex art. 366 bis cod. proc. civ. ultima parte ratione
temporis applicabile.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 43 r.d. n. 1736 del 1933 come
richiamato dall’art. 86 e degli artt. 1189 e 1992 cod. civ.
per avere la Corte d’Appello ritenuto che anche per colui
che richiede il pagamento di un assegno circolare valgono i
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principi generali in tema d’identificazione del portatore
dei titoli a legittimazione nominativa e non invece la
disciplina normativa puntuale contenuta nell’art. 43 legge
assegno che esclude l’effetto liberatorio nel pagamento

eseguito ad altri per errata identificazione anche se
incolpevole.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 86
legge assegni sotto il profilo degli specifici obblighi che
la norma pone a carico della banca negoziatrice in funzione
della tutela dei diritti di coloro che sono interessati
alla corretta circolazione dell’assegno. Viene richiamata
dalla parte ricorrente la pronuncia, relativa agli obblighi
professionali del banchiere n. n. 14712 del 2007 delle
Sezioni Unite di questa Corte, evidenziando le anomalie ed
il deficit di diligenza già sottolineate dal tribunale.
Nel quarto motivo viene dedotta l’omessa o insufficiente
motivazione della sentenza impugnata per avere ritenuto
sufficiente l’identificazione idonea ad aprire il deposito
e non quella più rigorosa relativa al pagamento
dell’assegno circolare: la censura è inammissibile in
quanto priva della sintesi fattuale richiesta ex art. 366
bis, ultima parte, cod. proc. civ., ratione temporis
applicabile.

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Il secondo e terzo motivo di ricorso devono essere trattati
congiuntamente in quanto logicamente connessi.
La trattazione delle censure impone la risposta al seguente
quesito: la disciplina normativa speciale relativa

all’assegno circolare (art. 43, secondo comma, del r.d. n.
1736 del 1933 richiamato dal successivo art. 86), secondo
la quale la banca che ha effettuato il pagamento in favore
di persona diversa dal legittimato non è liberata dalla
propria obbligazione finché non paghi nuovamente
all’ordinatario esattamente individuato, è applicabile
anche alla fattispecie dedotta nel presente giudizio,
riguardante non una domanda proposta dall’effettivo
titolare dell’assegno circolare ma dalla banca emittente
nei confronti della banca girataria all’incasso?
Al riguardo deve rilevarsi che nelle pronunce richiamate
nel ricorso e nella memoria di parte ricorrente, il
rapporto dedotto in giudizio non ha ad oggetto un domanda
rivolta dalla banca che ha emesso l’assegno circolare
(trattaria) alla banca (negoziatrice) che ne ha consentito
l’incasso a persona diversa dall’effettivo titolare,
trattandosi di azioni proposte dall’effettivo intestatario
dell’assegno circolare.
Il principio di diritto espresso da tali pronunce anche di
recente è il seguente :

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”L’art. 43, secondo coma, legge assegni (r.d. 21 dicembre
1933, n. 1736), nel disporre che colui che paga a persona
diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per
l’incasso, risponde del pagamento, disciplina in modo
autonomo il pagamento dell’assegno non trasferibile, con

deviazione dalla regola generale che libera il debitore che
esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore
apparente (art.1189 cod. civ.). Ne consegue che, in caso di
pagamento di un assegno bancario non trasferibile in favore
di chi non era legittimato, la banca non è liberata
dall’originaria obbligazione finché non paghi al prenditore
esattamente individuato, e ciò a prescindere dalla
sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla
identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di
ipotesi di obbligazione “ex lege”.

(Cass. 18186 del 2014;

in precedenza tra le altre Cass. 7949 del 2010).
Tale principio costituisce una specificazione più rigorosa
(in quanto relativa all’assegno circolare) del più ampio
principio espresso dalle S.U. con la pronuncia n.14712 del
2007 delle S.U. secondo il quale :

La responsabilità della banca negoziatrice per

avere

consentito, in violazione delle specifiche regole poste
dall’art. 43 legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n.
1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o
circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a
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persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei
confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle
regole sono dettate e che, per la violazione di esse,
abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la
banca un obbligo professionale di protezione (obbligo

operante nei confronti di

preesistente, specifico e volontariamente assunto),

tutti i soggetti interessati al

buon fine della sottostante operazione,

di far sì che il

titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento
bancario in conformità alle regole che ne presidiano la
circolazione e l’incasso.

Alla luce dei principi esposti la banca è tenuta, in via
generale, ad una condotta diligente improntata alla
conformità alle regole che presidiano la circolazione e
l’incasso dei titoli in virtù di un obbligo professionale
reciprocamente applicabile anche nei rapporti tra istituti
bancari, come indicano le Sezioni Unite (la cd. diligenza
dell’accorto banchiere) ma la speciale responsabilità,
estesa anche alla condotta incolpevole, incombente sulla
banca negoziatrice che abbia erroneamente consentito la
riscossione, pur senza colpa, dell’importo di un assegno
circolare da parte di chi non ne era titolare, può trovare
applicazione esclusivamente nel rapporto tra tale istituto
e l’intestatario effettivo. Solo sulla banca negoziatrice
incombe l’obbligo, derivante dalla normativa speciale sopra
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richiamata, di pagare all’effettivo legittimato l’importo
dell’ assegno circolare pur se già corrisposto senza colpa
ad un terzo presentatosi all’incasso. La regola non trova
applicazione quando, come nella specie, la banca trattaria
abbia agito nei confronti della negoziatrice dopo aver

provveduto nuovamente a pagare l’importo dell’assegno
circolare all’effettivo titolare verosimilmente in virtù
del rapporto causale sottostante, non essendovi tenuta in
virtù del peculiare regime giuridico di protezione del
titolo in questione, tenuto conto che dalla lettura degli
atti processuali non emerge che L’azione proposta, nella
specie, dalla banca trattaria, pur potendosi qualificare di
responsabilità latu sensu contrattuale, nella peculiare
configurazione che ne danno le S.U.,nella citata pronuncia
n. 14712 del 2007, non esclude l’accertamento del requisito
soggettivo della condotta colpevole, ancorché sulla base
del parametro più rigoroso degli obblighi dell’accorto
banchiere. Tale indagine di fatto, relativa alla
imputabilità soggettiva dell’errore identificativo del
comportamento della banca negoziatrice, è stata svolta
incensurabilmente dalla Corte territoriale, tenendo conto
di tutti

gli

elementi di fatto che avevano indotto il

Tribunale ad una soluzione contraria.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

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Le spese del procedimento di legittimità seguono la
soccombenza.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento di legittimità da
quantificarsi in E 2000 per compensi; E 200 per esborsi
oltre accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 20 gennaio 2016
Il Presidente

La Corte,

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