Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6559 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7616-2021 proposto da:

B.A.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO, 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo

rappresenta e difende per procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 4474/2021 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

16/02/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Paola

Vella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato in data 20/06/2018, il cittadino pakistano B.A.J., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Roma il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, o di quella umanitaria.

2. Il ricorrente esponeva di aver lasciato il Pakistan (dove ha studiato e lavorato come poliziotto di notte e come operaio in una fabbrica, e dove vivono la moglie, il figlio, i genitori, i quattro fratelli e le due sorelle) per fuggire alle minacce ricevute da parte di un gruppo terroristico. In particolare, il ricorrente riferiva di aver fatto parte del (OMISSIS) ((OMISSIS)), un corpo di sicurezza formato da volontari remunerati dallo Stato, e di essere stato coinvolto in una sparatoria mentre cercava di sventare una rapina insieme alla polizia. A seguito di tale evento, iniziava a ricevere minacce di morte e attacchi per strada da parte del gruppo terroristico e decideva perciò di lasciare il Paese. In sede giudiziaria ha allegato un contratto di lavoro a tempo determinato di cinque mesi.

3. Il Tribunale di Roma, valutata la non credibilità del racconto del ricorrente in quanto generico e contraddittorio rispetto alla versione esposta davanti alla Commissione Territoriale, ha ritenuto insussistenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocate. In particolare, ha ricondotto i timori del ricorrente in caso di rimpatrio a una mera percezione soggettiva, piuttosto che a un fondato timore di persecuzione diretta contro la sua persona. Inoltre, ha reputato che l’attuale situazione in Pakistan non fosse riferibile, in base alle fonti COI consultate (aggiornate al 2020), a un contesto di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Ha poi ritenuto di non riconoscere la protezione speciale di cui all’art. 5 TUI, comma 6, in assenza di una particolare condizione di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia.

4. Avverso il predetto decreto il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

5. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. Con il primo motivo – rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Difetto di motivazione e travisamento dei fatti. Omessa applicazione art. 10 Cost.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 19 TUI, comma 1.1., come modificato dalla novella intervenuta con il D.Lgs. n. 130 del 2020” – si lamenta l’erronea applicazione della normativa relativa al riconoscimento della protezione speciale, per la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi ai fini del giudizio di bilanciamento tra la situazione del ricorrente in Italia e quella cui sarebbe esposto in caso di rientro in Pakistan, alla luce del sistema politico, sociale ed economico presente nel Paese.

6.1. La censura è inammissibile poiché del tutto generica e non personalizzata, caratterizzata per lo più dalla trascrizione di COI semplicemente contrapposte a quelle, aggiornate e dettagliate, cui ha attinto ampiamente il tribunale, senza che il ricorrente abbia mosso specifiche critiche all’utilizzo di queste ultime, né prospettato fonti alternative idonee a sovvertire l’esito, congruamente motivato, del giudizio (ex multis, Cass. 28430/2021).

7. Il secondo mezzo, rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – Il Tribunale ha omesso ed errato a non applicare al ricorrente la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno dello straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione art. 10 Cost.. Omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economico-sociale del paese. Omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza”, svolge sostanzialmente critiche analoghe a quelle sollevate con il primo motivo, sottolineando che dalle COI emergerebbe la condizione di povertà e l’inesistenza di un sistema di welfare in Pakistan.

7.1. La censura è inammissibile in quanto, nella sua genericità, non si confronta con la ratio decidendi del tribunale circa la non credibilità del racconto, la mancata integrazione lavorativa e l’assenza di condizioni di vulnerabilità per ragioni personali o di salute posto che, ai fini della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso (Cass. 23462/2021; cfr. Cass. 13079/2019, 8571/2020, 20642/2020, 198/2021).

7.2. Del resto, in numerose pronunce di questa Corte si è sostenuto che, in assenza di violazioni di diritti fondamentali o di eventi naturali disastrosi, la situazione di svantaggio economico o anche di povertà estrema del richiedente non è sufficiente, di per sé sola, ad integrare la condizione di vulnerabilità che legittima il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non essendo ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire ai cittadini stranieri parametri di benessere o di impedire, in caso di rimpatrio, l’insorgere di gravi difficoltà economiche e sociali (Cass. 21115/2021; cfr. Cass. 24904/2020, 20334/2020, 18443/2020).

8. Segue la declaratoria di inammissibilità senza statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

9. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez.0 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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