Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6558 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 14/03/2017, (ud. 09/01/2017, dep.14/03/2017),  n. 6558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24220/2012 proposto da:

R.B., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

Roma, Via C. Colombo n. 436, presso l’avvocato Caruso Renato, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gatti Federica, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare dell’Emilia Romagna, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Germanico n. 101, presso l’avvocato Peconi Stefano che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Bonfatti Sido, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 366/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/01/2017 dal cons. DOLMETTA ALDO ANGELO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato R. CARUSO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato S. PECONI che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI

Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.B. ricorre per cassazione nei confronti della Banca Popolare dell’Emilia Romagna soc. coop. a r.l., articolando tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 7 marzo 2012, n. 366.

Nel confermare la pronuncia del Tribunale di Parma del 14 maggio 2007 n. 636, la sentenza della Corte bolognese ha rilevato – con riferimento al rapporto svoltosi inter partes nel luglio del 2003 in relazione all’acquisto, da parte di R., di titoli obbligazionari (OMISSIS), (codice ISN (OMISSIS)), per un valore nominale di Euro 80.000,00 – che non era stata provata la conclusione fuori sede del contratto con l’intermediario convenuto; che quest’ultimo, inoltre, non aveva violato gli obblighi informativi di cui agli artt. 21 TUF e 28 Reg. Consob n. 11522/98, nè quelli di adeguatezza dell’operazione di cui all’art. 29 di detto Regolamento; che lo stesso non era obbligato, in ragione del rapporto specificamente corrente con l’investitore, a tenerlo informato del progressivo andamento dei titoli di cui all’investimento.

Resiste la Banca Popolare con apposito controricorso, pure sollevando specifica eccezione di “inammissibilità del ricorso per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di appello”.

R.B. ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c., in data 27 dicembre 2016.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Occorre, prima di tutto, esaminare l’eccezione di inammissibilità per avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata, che è stata sollevata dalla Banca Popolare.

L’eccezione si poggia sulla rilevazione che il ricorso per cassazione di R. non è stato notificato al domicilio eletto dalla Banca. Più precisamente, la relativa notifica è stata effettuata presso il “vecchio studio” del difensore del grado di appello della Banca, nonostante quest’ultimo avesse da tempo trasferito altrove il proprio domicilio professionale, secondo quanto afferma il controricorso.

Lo stesso controricorso, peraltro, riscontra espressamente pure che il detto difensore ha, ciò nonostante, preso effettiva cognizione del ricorso e tempestivamente. L’eccezione va dunque respinta, ogni ipotetico vizio restando comunque sanato dall’avvenuto conseguimento dello scopo cui era diretta la notifica.

2.- I motivi formulati da R.B. denunciano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio” in relazione alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, vigente all’epoca di presentazione del ricorso (ottobre 2012). In sostanza, il ricorrente lamenta che la Corte bolognese abbia “ignorato o male interpretato” una serie di risultanze documentali, come per contro atte a mostrare che la Banca non lo aveva sufficientemente e correttamente informato dell’elevatezza della rischiosità che, all’epoca dell’acquisto, doveva ormai ritenersi propria del titoli obbligazionari (OMISSIS).

Il secondo motivo pure denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio”, sempre in relazione alla richiamata norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Il ricorrente lamenta, qui, che la Corte abbia “non considerato” una serie di documenti che mostrano chiara, per contro, l’inadeguatezza dell’operazione e assume la violazione, da parte della Banca, dell’art. 29 Reg. Consob n. 11522/1988.

Il terzo motivo ancora denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio”, sempre in relazione alla richiamata norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Il riferimento viene fatto, a questo proposito, alla norma dell’art. 21 TUF e a quella dell’art. 26 Reg. Consob citato, nonchè alla censurata circostanza che all’epoca la Banca non ha proposto al cliente titoli alternativi, “che presentavano un rischio contenuto ed un rendimento analogo alle obbligazioni (OMISSIS)” e che pure si trovavano all’epoca contenuti nel “paniere della Banca”.

4.- Il primo e il secondo motivo di ricorso vanno trattati in modo congiunto, in ragione della loro complementarietà.

Entrambi i motivi fanno riferimento, infatti, a non diverse “risultanze documentali”, che si assume la Corte di Appello “abbia ignorato o male interpretato”. Secondo la prospettazione del ricorrente, l’esame di queste risultanze è idoneo a mettere in chiaro, da un lato, l’omessa informazione del grado di rischio da riconoscere proprio, al tempo del luglio 2003, alle obbligazioni (OMISSIS) (primo motivo); a manifestare, dall’altro, l’inadeguatezza del relativo investimento per la persona del ricorrente medesimo.

Questi motivi sono inammissibili per difetto del requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c..

Nello svolgimento specifico dei due motivi, le dette risultanze rimangono evocate solo in quanto tali, senza esplicitazione dei loro contenuti e senza neppure indicazione di quali siano i documenti che le risultanze espongono. Un esame complessivo del ricorso fa desumere, peraltro, che i documenti, a cui si allude, sono costituiti da taluni “documenti prodotti dalla Banca al momento della propria costituzione nel giudizio di primo grado – come dichiarato in comparsa di costituzione e risposta -, parte di quali furono riprodotti in secondo grado dall’appellante, il quale ampiamente li sottopose all’attenzione del Giudicante…” (ricorso, p. 39). Più nel concreto, emerge il novero di documenti che segue.

In primo luogo, si tratta dei documenti indicati sub n. 48, n. 49 e n. 50 del fascicolo di primo grado della Banca; questa serie documentale viene richiamata come espressiva di “report settimanale della Banca destinato ai propri operatori”, con riferimento rispettivamente al 3 marzo 2003 (n. 48), al 31 marzo 2003 (n. 49) e al 14 aprile 2003 (n. 50).

Si tratta, inoltre, dei documenti n. 64, n. 65 e n. 66 sempre provenienti dallo stesso fascicolo. Questi documenti sono rubricati come “due comunicati Parmalat Finanziaria s.p.a. del 26 febbraio 2003… e uno del giorno dopo”.

A tanto bisogna a aggiungere ancora il doc. n. 37 del fascicolo di primo grado della Banca, che viene riferito a un “articolo di “(OMISSIS) del (OMISSIS)”. E infine il doc. n. 15 del citato fascicolo, che si trova rubricato come “elenco dei titoli che (la Banca) deteneva nel paniere il 30 luglio 2003”.

Ora, di qualcuno di questi documenti il ricorso trascrive degli stralci, più o meno estesi. Di nessuno, però, riporta il testo integrale: come per l’appunto richiede, per contro, il requisito dell’autosufficienza. E come pure è evidentemente necessario per potere apprezzare il senso e valore complessivi che ciascun documento va ad esprimere.

Tanto più – è opportuno ancora aggiungere, sia pur solo per completezza di discorso – che il controricorso della Banca svolge, in relazione alla serie documentale dei report settimanali l’osservazione che segue: “non è oggettivamente possibile affermare che la BPER non abbia acquisito sufficienti informazioni sulla condizione economica, finanziaria e patrimoniale di (OMISSIS). Se non le avesse assunte, non avrebbe potuto predisporre i documenti di approfondimento, che invece ha predisposto l’Ufficio Studi (doc.ti da 47 a 54)” (p. 51).

5.- Con il terzo motivo, il ricorrente rimprovera alla Corte di Appello di Bologna di non avere “scritto nulla” sulla violazione da parte della Banca consistita nel non avere essa proposto al cliente titoli altri rispetto a quelli (OMISSIS), che pure erano “contenuti nel paniere” della medesima e che presentavano un “rendimento analogo” a quelli e, insieme, un “rischio contenuto”.

Anche questo motivo si manifesta, prima di ogni altra cosa, inammissibile per mancato rispetto del principio di autosufficienza. Difatti lo stesso viene a focalizzarsi, nel concreto, sull'”elenco di titoli” che la Banca aveva nel proprio paniere alla data del 30 luglio 2003, di cui al doc. n. 15 dei documenti prodotto da quest’ultima in primo grado.

6.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2004, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna R.B. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 6.200,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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