Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6557 del 20/03/2014
Civile Sent. Sez. 1 Num. 6557 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SALVAGO SALVATORE
SENTENZA
sul ricorso 22223-2008 proposto da:
ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA,
in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
Data pubblicazione: 20/03/2014
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
ope legis;
– ricorrente –
2014
256
contro
CARULLO ANTONIO DOMENICO SALVATORE, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso
1
l’avvocato FURITANO MARCELLO,
rappresentato e
difeso dall’avvocato PENSABENE LIONTI SALVATORE,
giusta procura a margine del controricorso;
–
controrícorrente
–
avverso la sentenza n. 729 della CORTE D’APPELLO di
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 31/01/2014 dal Presidente
Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito,
per
il
controricorrente,
l’Avvocato
SALVATORE LIONTI PENSABENE che ha chiesto
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per
il rigetto.
PALERMO, depositata il 16/07/2007;
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Palermo con sentenza del 18 luglio 2003
respingeva la richiesta di Antonio Carullo di condanna
dell’Assemblea regionale siciliana al pagamento dell’intero
trattamento economico e indennitario che avrebbe dovuto
essergli corrisposto quale deputato della stessa,nel
periodo 2 novembre-2 3 dicembre 1994,in cui era stato
sospeso dalla carica dal Presidente del Consiglio dei
Ministri ai sensi dell’art.15 legge 55 del 1990,in quanto
raggiunto da un’ordinanza cautelare nell’ambito di un
processo penale subito:essendosi questo concluso con
sentenza di assoluzione in data 30 gennaio 1998 del
Tribunale di Catania.
La richiesta del Carullo è stata invece,interamente accolta
dalla Corte di appello di Palermo,con sentenza 16 luglio
2007,1a quale ha osservato: a)la cessazione automatica
della sospensione per il venir meno della misura cautelare
comporta la riespansione dello status dell’interessato con
effetti retroattivi;con conseguente diritto a percepire
l’intero trattamento indennitario dovutogli durante il
periodo della sospensione; b) è del resto significativo che
la relativa attribuzione sia stata già disposta dall’art.97
del T.U. 3 del 1957 per gli impiegati dello Stato,nonché
dopo i fatti di causa,dal regolamento di previdenza
relativo proprio ai consiglieri regionali.
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Per la cassazione della sentenza,l’Assemblea regionale ha
proposto ricorso per due motivi; cui resiste il Carullo con
controricorso.
Motivi della decisione
Con il ricorso che si articola in due motivi,l’Assemblea
regionale,deducendo violazione degli art.97 T.U. sugli
impiegati dello Stato,nonché 15 legge 55 del 1990,censura
la sentenza impugnata: a) per avere attribuito al deputato
regionale sospeso per procedimenti penali
subiti,l’indennità per la carica non potuta espletare non
per sua colpa,a simiglianza di quanto disposto dalla prima
di dette norme che invece riguarda esclusivamente gli
impiegati dello Stato;e per il suo carattere eccezionale
non è estensibile analogicamente a rapporti diversi quali
quello elettivo; b)per non aver considerato che le
indennità spettanti al parlamentare sono connesse
esclusivamente all’esercizio effettivo della funzione ed
hanno carattere forfettario anche per la loro incidenza in
relazione alla normale attività professionale
dell’eletto;per cui durante il periodo della sospensione
dalla carica l’indennizzo in questione resta del tutto
privo di titolo e non può essergli corrisposto.
Il ricorso è fondato.
E’ vero,infatti,che la Corte di appello non ha formalmente
ravvisato la fonte del diritto del consigliere regionale a
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percepire il trattamento economico connesso alla sua
funzione -in conseguenza della sua sospensione cautelare
per effetto di procedimento penale, poi concluso in modo
favorevole con la revoca di detta misura- nella
disposizione
T.U.
dell’art.97
3/1957
che
disciplina
Stato,né
in
retribuzioni ed assegni spettanti agli impiegati dello
ipotizzate analogie con quest’ultima
normativa: avendola invece ricavato dall’art.15 legge 55
del 1990 (con le succ. mod. di cui alle leggi 16/1992 e
30/1994),che regola tra l’altro,la sospensione dalle
cariche di assessore e consigliare regionale a seguito di
procedimento penale,nonché dalla ritenuta conseguenza che
la
successiva
revoca della
sospensione
comporta
automaticamente la riespansione del precedente status
dell’interessato con effetti retroattivi;e con conseguente
ripristino della situazione patrimoniale pregiudicata.
Ma, così argomentando ha mostrato di non comprendere
compiutamente la funzione della sospensione,nonché della
sua
revoca;le quali
comportano rispettivamente che
l’efficacia di un atto o di uno status vengano meno per un
certo periodo di tempo. E che, per converso (con la
revoca),
riprendono
a
produrre
i
loro
effetti
peculiari,come se la sospensione non si fosse verificata,
inducendo la più qualificata dottrina ad enunciare il
principio che la stessa determina uno stato di quiescenza
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delle posizioni giuridiche,che sono poste in essere dal
provvedimento sospeso;e la giurisprudenza di legittimità ad
applicarlo nel procedimento civile instaurato
dall’interessato contro il provvedimento disciplinare
cautelare con il risultato, nel caso in cui sopravvenga il
provvedimento di revoca,che lo stesso, comportando la
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sostanziale rimozione “ex tunc” della misura, vale ad
anticipare gli effetti (riacquisto della funzione,nonché
del diritto agli stipendi e assegni), che si
verificherebbero in ogni caso automaticamente a seguito
della sentenza di proscioglimento: provocando comunque la
cessazione della materia del contendere tra le parti di
quel giudizio (Cass.sez.un. 5173/1997;1478/1995).
Pertanto l’asserita retroattività della sospensione poi
revocata, spiega i suoi effetti quando si tratti di
considerare non compiuto un atto illegittimamente emanato
(nel corso di essa);o di considerare viceversa come
compiuto un atto illegittimamente omesso,ma non può
eliminare nella sua materialità un fatto realmente
avvenuto. Ed ancor meno fare in modo che nella realtà dei
fatti sia accaduto un avvenimento che per contro non si è
verificato,come nel caso le prestazioni connesse alla
carica di deputato regionale che il Carullo durante la
sospensione non ha reso all’Assemblea ricorrente:perciò
facendo venir meno per il rapporto sinallagmatico con
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questa instaurato ,i1 diritto alla prestazione dallo stesso
derivante.
E se è esatto quanto osservato dalla decisione impugnata
che l’inadempimento non è dipeso dalla sua volontà,perché
causato dal procedimento penale e dalla misura cautelare
adottata nel corso di questo,è pur vero che all’intera
vicenda è rimasta estranea l’Assemblea regionale alla quale
neppure è imputabile la mancata prestazione del Carullo:con
la
conseguenza,posta
in
evidenza
dalla
Corte
Costituzionale,che in tale anomala situazione spetta
esclusivamente al legislatore il contemperamento dei
contrapposti interessi,nonché la scelta, di volta in volta,
della compiuta
disciplina delle implicazioni d’ordine
economico, connesse all’attività pubblica non svolta.
E dell’ampia discrezionalità di cui necessariamente gode in
materia il legislatore
/
costituisce la dimostrazione più
puntuale non soltanto il regime delle indennità e del
trattamento economico introdotto dal ricordato art.97
d.p.r. 3 del 1957 per gli impiegati dello Stato,ma anche la
circostanza che la relativa disciplina sia stata limitata a
tale categoria di
soggetti,e differenziata per le
altre:perciò risultando inidonea ad assurgere a principio
generale dell’ordinamento,ed in particolare
a regolare
anche il rapporto dei consiglieri regionali proprio per le
considerazioni sull’impossibilità di ricorrere all’analogia
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legis o all’analogia iuris prospettate dai giudici di
appello. I quali tuttavia le hanno immediatamente
contraddette in nome della situazione similare determinata
per entrambe le categorie dal provvedimento cautelare poi
rivelatosi “destituito di fondamento” e quindi revocato
(pag.5 sent.),costruendo una sorta di diritto alla completa
restitutio in integrum avente natura risarcitoria,ed
automaticamente collegato alla riespansione, in conseguenza
della revoca,dello status dell’interessato. Laddove un tale
reintegrazione: a)non era prevista da alcuna disposizione
legislativa vigente per i consiglieri regionali all’epoca
dei fatti di causa (la stessa sentenza ha riconosciuto che
anche il regolamento di previdenza della categoria è stato
emanato in epoca ad essi successiva:pag.6); b)non tiene in
strdan conto della struttura e dei criteri di commisurazione
dell’indennità di carica percepita dall’eletto,configurata
dalla Corte Costituzionale quale “un ristoro forfettario
per le funzioni svolte” e ripetutamente dichiarata non
assimilabile alla retribuzione connessa a rapporto di
pubblico impiego (Corte Costit. 454 e 52/1997;289/1994)
c)è contraddetta proprio dall’art.15,comma 4 ter legge 55
del 1990,secondo cui “Per la durata della sospensione al
consigliere regionale spetta un assegno pari all’indennità
di carica ridotta di una percentuale fissata con legge
regionale” ;che esclude in radice l’intendimento del
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legislatore
di
integrare
il
trattamento
residuo
eventualmente fruito durante il periodo della sospensione
fino a coprirne la differenza con quello già in godimento
prima del provvedimento (pag.6 e 7 sent.).
Con la
conseguenza che la sentenza di appello ha finito per
sostituire quest’ultima disposizione legislativa con altra
più favorevole, ritenuta più giusta e di fatto mutuata dal
menzionato art.97 del T.U. 3/1957,che ha modificato sia
nell’entità, sia nei limiti il diverso regime indennitario
invece prescelto dal legislatore del 1990,nonché dalle
singoli leggi regionali cui lo stesso ha rinviato.
La decisione va pertanto cassata,e non essendo necessaria
l’acquisizione di ulteriori elementi,i1 Collegio deve
decidere nel merito ai sensi dell’art.384 cod. proc.civ.
rigettando le richieste del Carullo:obbligato
per il
principio della soccombenza al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità. La novità delle questioni trattate
induce il Collegio a dichiarare compensate quelle delle
fasi di merito,come già statuito dalla Corte territoriale.
P.Q.M.
La Corte,accoglie il ricorso dell’Assemblea regionale
siciliana,cassa la sentenza impugnata e decidendo nel
merito,rigetta le domande di Antonio Domenico Salvatore
Carullo che condanna al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità,che liquida in favore dell’Assemblea in
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complessivi
2.500,oltre alle spese prenotate a debito.
Mantiene ferme le statuizioni sulle spese relative alle
fasi di merito contenute nella sentenza impugnata.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria
it
fl MAR 2014
IL CANp. IERE
Alfon ei , datteri
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso_ n noi
1 -2
Il President est.