Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6557 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21239-2019 proposto da:

C.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GAETANO IROLLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4615/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con una prima sentenza n. 2312/2010, la Corte d’appello di Napoli aveva respinto l’appello di C.M.R., confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato, per mancata prova del requisito reddituale, la domanda della predetta volta a beneficiare delle provvidenze previste per gli invalidi civili.

2. su ricorso della C., la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4871 del 2016, ha cassato la sentenza d’appello per non essersi attenuta al “principio secondo cui, mentre in via amministrativa è legittimo accertare il reddito del richiedente con riferimento all’anno precedente, viceversa, quando si discute in via giudiziaria circa la sussistenza del requisito reddituale in rapporto alla decorrenza di una data prestazione, la regola è quella del reddito contestuale e quindi del reddito dell’annualità dalla quale decorre la prestazione stessa, non avendo la L. n. 407 del 1990, innovato rispetto al principio per cui la sussistenza dei requisiti reddituali utili ai fini dell’ottenimento di una prestazione assistenziale deve essere verificata con riguardo al momento dell’erogazione, nè potendo un regolamento modificare una fonte legislativa (Cass. n. 12511 del 2010)”;

3. la Corte d’appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, con sentenza n. 4615 del 2018, accogliendo l’appello della C., ha dichiarato il diritto della predetta all’assegno di invalidità civile dall'(OMISSIS) ed ha condannato l’INPS al pagamento dei ratei maturati in tale periodo, oltre interessi legali; ha compensato le spese di lite di tutti i gradi di giudizio;

4. la Corte di merito, premessa l’intangibilità dell’accertamento sul requisito sanitario contenuto nella sentenza di primo grado, ha ritenuto dimostrato il requisito socio economico di incollocamento al lavoro; ha poi accertato, in base alla certificazione dell’Agenzia delle Entrate datata 7.6.2016, che la C. non avesse percepito redditi nel periodo dal 2005 al 2014;

5. ha compensato le spese di lite sia perchè la prestazione è stata riconosciuta da epoca successiva rispetto alla domanda amministrativa, risalente al 2001, e al ricorso in giudizio del 7.6.2005 e sia per non essere addebitabili all’INPS le ragioni del reiterato rigetto della domanda;

6. avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; l’INPS ha resistito con controricorso; il Ministero dell’economia e delle finanze non ha svolto difese;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione degli artt. 101,115,116 c.p.c., nonchè degli artt. 414,415,426,421,442,420 c.p.c.; dell’art. 2697 c.c., ed in relazione alla L. n. 118 del 1971, art. 13; degli artt. 24 e 111 Cost.;

9. si censura la statuizione della sentenza impugnata che ha limitato il diritto alla prestazione alla data del (OMISSIS) tenendo conto solo della certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate (che attesta l’assenza di reddito dal 2005 al 2014), senza valutare anche la condotta processuale dell’INPS, che non aveva contestato l’allegazione della C. sulla mancata percezione di reddito anche negli anni successivi, e senza considerare la dichiarazione sostitutiva di certificazione sulla situazione reddituale sottoscritta dalla attuale ricorrente e datata (OMISSIS) nonchè l’impossibilità di certificare i redditi per l’anno 2015;

10. col secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e dell’art. 24 Cost., per avere la Corte d’appello considerato giusto motivo di compensazione delle spese di lite la non addebitabilità all’INPS delle ragioni di rigetto della domanda nei gradi precedenti;

11. il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, benchè veicolato attraverso la deduzione di plurime violazioni di legge, di fatto rimprovera alla Corte d’appello di avere male esercitato il potere di apprezzamento delle prove, avendo considerato prevalente la certificazione dell’Agenzia delle Entrate rispetto alla dichiarazione sostitutiva sottoscritta dalla medesima C. e alla circostanza di avvenuta non contestazione da parte dell’INPS (peraltro si invoca il principio di non contestazione in riferimento a fatti, la situazione reddituale della C., non rientranti nella sfera di diretta conoscenza dell’INPS); irrilevante è poi la circostanza della indisponibilità di certificazione dei redditi del 2015, considerata l’epoca di svolgimento del giudizio di rinvio (2018);

12. il secondo motivo di ricorso è infondato atteso che nella controversia in esame trova applicazione ratione temporis l’art. 92 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263 (il ricorso introduttivo di primo grado è stato depositato il 7.6.2005 mentre la L. n. 263 del 2005, si applica ai procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006), che prevedeva la possibilità di compensare in tutto o in parte le spese di lite in caso di soccombenza reciproca, oppure ove concorressero altri giusti motivi;

13. nel caso di specie, a giustificare la compensazione delle spese sarebbe bastata la condizione di reciproca soccombenza in ragione del riconoscimento della prestazione da epoca successiva a quella oggetto della domanda (Cass. 26565 del 2016);

14. per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto;

15. nulla è dovuto per le spese di lite sussistendo i requisiti per l’esonero, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.;

16. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

 

 

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