Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6556 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 09/03/2020), n.6556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19297-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMPIANTI TURISTICI BOE’ SPA, elettivamente domiciliata, in ROMA, VIA

DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

GATTAMELATA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ENRICO GAZ;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/2016 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. VECCHIO MASSIMO.

Fatto

RITENUTO

1. – La Commissione tributaria regionale del Vento, con sentenza n. 149/2016 dell’11. gennaio 2016, pubblicata il 25 gennaio 2016, ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Belluno, n. 169/2014 di accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente società Impianti Turistici Boè avverso l’avviso di accertamento catastale, col quale l’Agenzia delle entrate, in sede di autotutela, aveva attributo la categoria D/8 e la rendita di Euro 19.161,00 al fabbricato della società sito nel comune di Livinallongo del Col di Lana e adibito a stazione di partenza della seggiovia di Le Pale, che collega le località Le Pale e Bec de Roes, disattendendo la proposta formulata col DOCFA di attribuzione della categoria E/1 colla rendita di (Euro 3.000,00 già in precedenza elevata dall’Ufficio a) Euro 5.625,00.

2. – L’Avvocatura generale dello Stato, mediante atto del 25 luglio 2016, ha proposto ricorso per cassazione.

3. – La contribuente ha resistito mediante controricorso del 6 ottobre 2016.

E con memoria del 28 novembre 2019 ha insistito per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. – La Commissione regionale tributaria ha motivato la conferma della sentenza di accoglimento del ricorso della contribuente, osservando quanto segue.

1.1 – La stazione della seggiovia, oggetto del classamento, deve essere compresa nella categoria E/1.

Ricorrono le condizioni stabilite dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 40, convertito in legge con modificazioni dalla L. 24 novembre 2006, n. 286.

La norma dispone: ” Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale o reddituale “.

Ebbene la stazione di partenza della seggiovia ” non ha autonomia funzionale e reddituale rispetto alla funivia “.

1.2 – Non è pertinente il richiamo dell’appellante alla sentenza della Corte suprema di cassazione n. 4541 del 2015.

L’arresto in parola riguarda, infatti, il caso affatto differente ” di un impianto di risalita funzionale esclusivamente alle piste sciistiche gestite dalla stessa società ” contribuente.

Nella specie, al contrario, l’esercizio della seggiovia è operato in virtù di concessione rilasciata a titolo gratuito, ” trattandosi di impianto di interesse generale “.

Il servizio di trasporto erogato dall’impianto ” non è a disposizione di una (utenza) limitata “, cioè ” ad esclusivo servizio degli sciatori “; la seggiovia è costantemente in funzione per l'” arco dell’intero anno “; e serve la generalità del pubblico.

2. – L’Avvocatura generale dello Stato sviluppa tre motivi.

2.1 – Col primo motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ” omesso pronunciamento su un fatto decisivo per la controversia inerente l’onere probatorio “.

La parte espone che coll’atto di appello aveva d e d otto (e testualmente trascrive): gravava sul contribuente l’onere di dimostrare che l’immobile non è destinato allo svolgimento di attività commerciali ” come dispone la L. n. 286 del 2006, art. 2, comma 40; solo in presenza di quelle condizioni, che il dichiarante deve dimostrare, è possibile il derogatorio classamento in E/1; nel caso di specie (…) l’impianto di risalita non è destinato al servizio degli abitanti di una frazione o di una località di montagna, stante la inesistenza di insediamenti abitativi nei luoghi serviti dagli impianti; ma quasi solo ed esclusivamente al servizio di quanti vogliano sciare e usufruire dei servizi turistico ricreativi connessi, rifugi e baite alpine; inoltre il servizio è stagionale (dicembre aprile) (…) perchè cessa la ragione per utilizzare il servizio stesso (…) legato alle condizioni atmosferiche (se, ad esempio, non c’è neve gli impianti non vengono messi in funzione) “.

Tanto dedotto, la ricorrente censura che la Commissione tributaria regionale ” non ha fatto minimamente cenno al problema sollevato dall’Ufficio dell’onere probatorio e della prova che il contribuente deve fornire circa la possibilità di un classamento derogatorio “.

2.2 – Col secondo motivo l’Avvocatura generale dello Stato, denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che la sentenza impugnata è inficiata dal ” contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili “, in quanto la Commissione tributaria regionale ha concluso per l’inserimento dell’immobile nella categoria E/1, in virtù del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 40, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, e, nel contempo, ha escluso la applicazione della suddetta norma.

2.3 – Col terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione al D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 40, convertito in legge con modificazioni dalla L. 24 novembre 2006, n. 286.

Previo richiamo di circolare della Agenzia delle entrate n. 4 del 13 aprile 2007 e di alcuni arresti di questa Corte, la Avvocatura generale dello Stato sostiene: difetta il presupposto, per l’applicazione della categoria E/1, del servizio di pubblico trasporto; nella specie si tratta di “trasporto realizzato per fini ludici / sportivi da società privata che persegue un profitto di natura imprenditoriale”; la apertura annuale “non influisce sulla connotazione turistico commerciale dell’impianto”; le località collegate sono prive di popolazione residente, giusta informativa ” in atti “del comune di Livinallongo del Col di Lana; la seggiovia serve le piste di sci, percorribili di estate a piedi dagli amanti della montagna; difetta, non essendo sufficiente ” la libertà di accesso”, l’interesse “generale” al servizio di collegamento che è necessario “a rendere il servizio di trasporto ontologicamente funzionale alla mobilità collettiva”; la Commissione tributaria regionale è incorsa nella violazione di legge, disattendendo i criteri fissati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla inclusione nella categoria D/8 degli impianti di risalita colla ” funzione esclusivamente commerciale di ausilio e di integrazione dell’uso delle piste sciistiche”; in modo ” apodittico se non contraddittorio “la sentenza impugnata ha sostenuto la impertinenza della sentenza della Cassazione n. 4541/2015; infatti ha implicitamente riconosciuto “che la destinazione essenzialmente commerciale dell’impianto sia criterio idoneo alla esclusione della categoria catastale E”; il giudice a quo ha attribuito “la categoria del trasporto pubblico sulla base di un dato nominale, ricavato da fonti aliene”, e da “normative extracatastali estranee al criterio ermeneutica di legittimità”, stabilendo “il sillogismo fra nozione di “trasporto pubblico” e nozione di “stazione””.

3. – Il ricorso non merita accoglimento.

3.1 – Il primo motivo è infondato.

Il ” fatto decisivo ” dell’asservimento, in via esclusiva, della seggiovia all’esercizio impianto sciistico, gestito dalla controricor-rente, non è stato prete rmesso dalla Commissione tributaria regionale.

Il giudice a quo ha, invece, negativamente valutato l’assunto della appellante Agenzia delle entrate e ha accertato il fatto contrario, cioè l’esercizio di un pubblico servizio di trasporto (concorrente col particolare trasporto degli utenti dell’impianto sciistico).

3.2 – Il secondo e il terzo motivo del ricorso meritano di essere congiuntamente scrutinati per la stretta connessione delle questioni proposte.

3.2.1 – A dispetto di qualche non perspicua espressione, dal complesso della motivazione della sentenza impugnata emerge abbastanza chiaramente l’iter logico-giuridico seguito dalla Commissione tributaria regionale.

Il giudice a quo, accertata la natura del servizio di pubblico trasporto erogato dalla seggiovia e la conseguente inclusione del relativo complesso immobiliare nella categoria E/1, ha affrontato e risolto negativamente – in relazione alla causa di esclusione contenuta nel D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 40, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge con modificazioni dalla L. 24 novembre 2006, n. 286 – la questione se per il fabbricato litigioso (la stazione di partenza della seggiovia) operasse il divieto di inclusione nella ridetta categoria E/1.

La norma in questione recita: “Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”.

Orbene la Commissione tributaria regionale ha valutato che la stazione di partenza in questione, non avendo ” autonomia funzionale e reddituale rispetto alla funivia “, doveva ” legittimamente essere ricompressa nella categoria E/1 “.

In conclusione risulta palese che non ricorre l’ipotesi – denunziata dalla ricorrente – della ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ” suscettibile del sindacato di legittimità alla stregua del principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite colla sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01.

3.2.2 – Neppure sussiste la eccepita violazione o falsa applicazione della norma in parola.

La Commissione tributaria regionale ha correttamente incluso il fabbricato litigioso nella categoria E/1 sulla base dell’accertamento che non ricorreva il presupposto fattuale della clausola di esclusione, stabilita dalla disposizione del ridetto del citato D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 40.

3.2.3 – Le residue deduzioni, contenute nel terzo motivo del ricorso, non sono ammissibili nella sede del presente scrutinio di legittimità.

Giova ricordare che, in tema di classamento catastale degli impianti di trasporto di persone, mediante veicoli sospesi, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che “gli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, come le sciovie, le funivie e le seggiovie, possono essere classificati come “mezzi pubblici di trasporto”, con il conseguente accatastamento nella categoria catastale E, ove, pur soddisfacendo un interesse commerciale, siano anche funziona li alle esigenze di mobilità generale della collettività” (Sez. 5, ordinanza n. 5070 del 21/02/2019, Rv. 652952 – 01).

Orbene, laddove la Commissione tributaria regionale ha accertato che la seggiovia, oggetto del classamento, era per l’appunto anche funzionale alle esigenze di mobilità generale della collettività (colla conseguenza della attribuzione della categoria E/1), non devono essere prese in considerazione le ulteriori obiezioni colle quali la ricorrente contesta, nel merito, l’accertamento in fatto del giudice a quo (anche con irritale richiamo a particolari elementi di prova in violazione del principio di autosufficienza del ricorso), esulando tutte le deduzioni in parola dall’ambito della previsione, contenuta nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

3.3 – Consegue, alla stregua dei superiori principi di diritto – il Collegio li ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni sviluppate nei pertinenti arresti – il rigetto del ricorso.

Le spese processuali, congruamente liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.600,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 11 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 9 marzo 2020

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