Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6553 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5541-2021 proposto da:

O.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO, 169, presso lo studio dell’avvocato ANNA NOVARA, che

lo rappresenta e difende per procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 1698/2021 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 22/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Paola

Vella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso ai sensi del D.Lgs. 22 febbraio 2008, n. 25, ex art. 35-bis, il cittadino nigeriano O.I., nato a (OMISSIS) (Ebonyi State) il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Roma il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale (nelle forme dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria) e in subordine di protezione umanitaria, allegando di aver lasciato la Nigeria per sfuggire alle minacce di morte ricevute dalla comunità del suo villaggio, che lo aveva condannato a morte per aver liberato un prigioniero a sua volta condannato a morte durante gli scontri tra il suo villaggio e quello adiacente di (OMISSIS); per evitare la pena capitale egli avrebbe dovuto accettare di decapitare quattro donne del villaggio rivale ma, non volendo compiere un simile gesto, aveva deciso di andarsene in Libia. Lì veniva imprigionato e costretto ai lavori forzati fino a quando non riusciva a imbarcarsi per giungere in Italia nell’agosto del 2016. Allegava al ricorso documentazione psicologica attestante l’avvio di un percorso terapeutico al fine di indagare aspetti traumatici ancora attivi nella sua psiche.

1.1. Il tribunale, dopo aver proceduto all’audizione del ricorrente, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione invocate. In particolare: ha escluso il riconoscimento della protezione internazionale alla luce della non credibilità del racconto del ricorrente, stante la contraddittorietà dei fatti narrati e la loro incoerenza con le fonti consultate; ha valutato come l’attuale situazione in Nigeria non fosse riferibile, in base alle COI acquisite, a un contesto di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); ha infine escluso la ricorrenza di una particolare condizione di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia ai fini di cui all’art. 5 TUI, comma 6. Con riguardo alla documentazione prodotta, il tribunale ha ritenuto non rilevante il percorso piscologico del ricorrente, non avendo questi dichiarato e documentato postumi traumatici dal punto di vista psichico e fisico.

1.2. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto cinque motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato ha depositato un mero atto di costituzione, senza svolgere difese.

2. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2.1. Con il primo motivo si invoca la “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione apparente”, con riguardo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, lamentando la mancata analisi della situazione nella zona di provenienza del ricorrente.

2.2. Con il secondo mezzo, rubricato “Nullità del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5”, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione della normativa relativa all’onere di cooperazione istruttoria in capo al giudice, per non avere questi indagato la situazione nella zona di origine del ricorrente (Ebonyi State).

3. Entrambi i motivi sono inammissibili poiché non colgono la ratio decidendi della decisione impugnata, avendo il tribunale acquisito COI aggiornate e qualificate sulla Nigeria, in base alle quali ha evidenziato solo gli Stati caratterizzati da specifiche criticità (Delta e Borno State), tra i quali non figura l’Ebonyi State – in ordine al quale peraltro lo stesso ricorrente non allega alcunché di specifico – le cui condizioni risultano perciò valutate implicitamente, a contrario.

4. Il terzo motivo denuncia la “Nullità del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver statuito in violazione e omessa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.” con riguardo alla protezione umanitaria, in relazione alla valutazione di irrilevanza espressa dal giudice di merito rispetto alla documentazione psicologica presentata dal ricorrente.

4.1. Il quarto lamenta la “Nullità del provvedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e/o errata interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. h bis); violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; violazione degli arti. 115 e 116 cp.c.” perché, sempre con riguardo alla protezione umanitaria, il giudice di merito avrebbe omesso di svolgere il necessario giudizio di comparazione tra la situazione del ricorrente in Italia e quella cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio in Nigeria, anche alla luce della vulnerabilità psicologica documentata dal ricorrente.

5. I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.

5.1. Preliminarmente occorre dare atto che la domanda amministrativa risulta presentata in sede amministrativa prima del 5 ottobre 2018, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui al D.L. n. 113 del 2018, circoscritta alle domande amministrative presentate tra il 5 ottobre 2018 e il 21 ottobre 2020 (Cass. Sez. U, 29459/2019), mentre la nuova disciplina sulla protezione della vita privata e familiare introdotta, mediante la sostituzione dell’art. 19 T.U.I., comma 1.1, dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173 è applicabile retroattivamente, ai sensi del D.L. cit., art. 15, comma 1, ai procedimenti pendenti alla data del 22 ottobre 2020 dinanzi alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, esclusa l’ipotesi prevista dall’art. 384 c.p.c., comma 2, (non anche dinanzi alla corte di cassazione).

5.2. La fattispecie deve essere quindi regolata conformemente ai criteri di recente precisati nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24413 del 2021, in base ai quali, tra l’altro, l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria postula sempre, proprio per l’atipicità dei relativi fatti costitutivi, l’esigenza di procedere a valutazioni soggettive ed individuali.

5.3. Questa Corte ha più volte affermato che sono meritevoli di una valutazione caso per caso le condizioni specifiche di vulnerabilità allegate in relazione alle violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza (nella specie, la Libia), siccome potenzialmente idonee – quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità – ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona (Cass. 40900/2021, 40356/2021, 25734/2021, 13565/2020, 2355/2020, 13096/2019).

5.4. Nel caso di specie, in punto di protezione umanitaria la motivazione non raggiunge la soglia minima di costituzionalità (Cass. Sez. U, 8053/2014), in quanto risulta meramente apparente sulla ritenuta assenza di ragioni di vulnerabilità, stante la sommarietà del giudizio di irrilevanza espresso dal tribunale sui postumi traumatici subiti in Libia, documentati dalla relazione psicologica prodotta dal ricorrente (cfr. Cass. 8990/2021, 18541/2019), nella quale si legge di “aspetti traumatici ancora attivi nella psiche… per cui si ritiene necessario avviare la presa in carico dell’ospite per un percorso di supporto psicologico” (v. trascrizione a pag. 8 del ricorso).

6. Il quinto motivo deduce la “Nullità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione o falsa interpretazione del R.D. n. 12 del 1941, art. 7 ter, del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 bis) e del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10”, avuto riguardo alla delega conferita dal giudice relatore al GOP per la trattazione dell’udienza e la redazione della bozza del provvedimento decisorio.

6.1. La censura è infondata, avendo le Sezioni Unite di questa Corte avuto modo di precisare che è ammissibile la subdelega del giudice designato al giudice onorario dell’U.P.I. (Cass. Sez. U, 5425/2021).

7. Il decreto impugnato va quindi cassato per quanto di ragione, in accoglimento del terzo e del quarto motivo, con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo e il quarto motivo, dichiara inammissibile il primo e il secondo, rigetta il quinto, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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